Giovanna Marini raccontava, in uno spettacolo di qualche anno addietro, storie vere e da lei vissute di viaggi tra il sud e il nord Italia (e viceversa). Nel suo scompartimento di seconda classe un giovane pendolare, morto di sonno, le era letteralmente cascato addosso (senza alcuna cattiva intenzione, mi parve di capire). Sulla base della conversazione con il giovane, Marini aveva abbozzato un quadro della mobilità territoriale e delle nuove migrazioni interne.
Cerchiamo di vedere cosa è successo ieri alla stazione di Roma Tiburtina e cosa c'entra con la storia raccontata da Giovanna Marini. Che dei pendolari blocchino talvolta una stazione ferroviaria, è sempre successo. Si tratta di proletari, che in generale vivono peggio degli altri e lottano per migliorare le condizioni di vita e di lavoro. E il viaggio, gravoso per il costo del biglietto e la qualità dei treni, riguarda vita e lavoro. Quando poi il costo del biglietto aumenta, le condizioni diventano ancora più insopportabili: i pendolari si arrabbiano e ricorrono alla loro tradizionale forma di lotta, che è appunto quella che abbiamo visto. E' una storia antica e ha sempre irritato i benpensanti, i quali ritengono che «le proteste devono essere misurate rispetto ai disagi che si ripercuotono nei confronti dei cittadini. Bisogna trovare il modo per protestare che sia meno insopportabile per la vita dei cittadini»: così ha dichiarato ieri (Ansa.it) il sindaco di Roma, dopo aver sentito il prefetto Achille Serra. Che sia stato il sindaco di Roma Valter Veltroni a prendersela con l'inciviltà dei pendolari mi sembra già una novità importante, ancorché particolarmente sgradevole. Avremmo preferito che avesse ascoltato, oltre al prefetto, anche qualche pendolare. Speriamo che l'abbia fatto
Ma la novità vera non è questa. Semmai è quella di cui parleranno oggi tutti i giornali e che già si trovava nelle note di agenzia di ieri. La protesta è cominciata alle ore 4,25 e i protagonisti venivano dalla Campania diretti a Milano: pendolari a lunga distanza. Sono fantasmi non registrati dalle statistiche sulle migrazioni (anche se qualcosa dicono i dati Istat sul pendolarismo). Fantasmi - notturni come sono i fantasmi - che risparmiano due notti di pensione o di affitto a settimana stando in treno. Fantasmi morti di sonno che non si muovono «come ombre nella notte», ma - essendo dotati di una pesante materialità corporea - sono costretti a muoversi in treni scadenti, dove viaggiavano solo loro. O, forse, viaggiavano solo loro giacchè ora glieli hanno anche tolti, e comunque i prezzi del viaggio sono aumentati.
Le proteste di ieri dovrebbero aprire un dibattito che va ben oltre la questione del, pur scandaloso, aumento del prezzo dell'abbonamento. Gli episodi cominciati alle 4,25 di ieri mattina dovrebbero far riflettere sulla nuova realtà del lavoro. Nei reportages sugli operai di una volta la giornata in treno per gli operai comnciava proprio a quell'ora. Solo che questi napoletani o salernitani erano già a metà del loro viaggio. Che poi guadagnino 500 euro al mese - come ha dichiarato uno di loro - è un'altra storia. Non sarà vero per tutti, ma per la grande maggioranza di loro i salari sono molto bassi. Perciò il loro progetto migratorio non è definito: continuano a fare i pendolari, spesso da anni, senza poter emigrare una volta per tutte.