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Alberto Asor Rosa
La riforma più importante è la riforma della politica
28 Febbraio 2010
Articoli del 2010
L’intervento dal palco della grande manifestazione “viola” a Roma, Piazza del Popolo. “Non dimenticate l’art. 9 della Costituzione”. Il manifesto, 28 febbraio 2010

Innanzi tutto, grazie di questa bella festa di popolo, che ci ripaga di molte delusioni e di tante amarezze. Ovviamente, ogni volta che questo popolo si riunisce, i suoi temi e le sue richieste aumentano. Tornerò più avanti su questo punto, ma intanto vorrei fare questa osservazione.

Non si può fare lotta contro l'illegalità, la disonestà e l'ingiustizia senza fare lotta al sistema. Abbiamo detto, e anche scritto recentemente: se il Capo è corrotto, non è possibile che la nazione non sia infetta. Ma se la nazione è infetta, è più facile che anche il Capo sia corrotto.

Se le cose stanno così, vuol dire che la lotta per una sana democrazia, per la libertà, l'onestà, la giustizia, necessariamente si allarga, abbraccia temi sempre più vasti, si nutre di ambizioni più alte.

Da ogni parte, anche in questi ultimi giorni, si sentono auspicare e richiedere, come risposta alla crisi, le riforme: lo ha fatto Marcegaglia, lo ha fatto Montezemolo, lo ha fatto Fini, lo ha fatto D'Alema; lo farà di sicuro la settimana prossima Silvio Berlusconi. Di quali riforme si parla? Non si sa bene. Quando qualcosa di più chiaro emerge, ci fa paura. Quel che si sa è che nessuno di questi signori ha parlato e parla dell'unica riforma di cui varrebbe la pena di parlare, la riforma da cui dipendono tutte le altre: la riforma della politica.

Riforma della politica vuol dire mettere in discussione le forme - i modi - le procedure - gli interessi - la formazione dei gruppi dirigenti - della politica, di tutta la politica, in questo caso non importa se di destra o di sinistra.

Riforma della politica vuol dire invocare il controllo popolare permanente sulla politica, al di là e di più del controllo periodico del voto, anch'esso del resto svuotato e, sì, corrotto, da un'infinità di fattori; vuol dire invocare il principio della partecipazione; la messa in mora delle procedure di delega illimitata e autoreferenziale al ceto permanente e inamovibile dei politici.

Tutto questo perché, se c'è una nazione infetta che produce necessariamente un capo corrotto, questo vuol dire che c'è una politica che non funziona, perché se ci fosse una politica che funziona, non ci sarebbe una nazione infetta, non ci sarebbe un Capo corrotto.

Se le cose stanno così, ecco, io mi spiego perché voi siate tentati, siate obbligati a parlare sempre più di tutto. Vi farò un esempio.

Siete partiti dall'Art. 1 della Costituzione, che è ovviamente il cardine di tutto; cammin facendo ci avete aggiunto, giustamente, il 3 e il 21. Insomma: lavoro, uguaglianza di fronte alla legge, libertà di stampa: come separare effettivamente queste cose?

Io vi prego di meditare sulla possibilità che nella vostra agenda d'iniziative e di proposte inseriate anche l'Art. 9 della Costituzione, che al secondo Comma recita: «(la Repubblica) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»: e non solo perché l'ambiente è parte della nostra libertà e individualità nazionali; ma perché attraverso lo sfruttamento senza freni dell'ambiente, attraverso la cementificazione del territorio, passa il più colossale flusso di denaro corrotto e destinato alla corruzione, che possa ammorbare questo nostro povero e disgraziato paese.

E' andando avanti che si capisce meglio perché si è partiti! Con la forza della ragione e con la passione delle persuasioni si può sconfiggere la corruzione.

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