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Maurizio Giannattasio
La riforma di Formigoni: «Le scuole scelgano i prof»
17 Aprile 2010
I tempi del cavalier B.
Se è questo il modello decentrato e di adesione alle istanze territoriali locali, stanno davvero freschi gli “ultimi maoisti” come li chiama Formigoni. Il Corriere della Sera, 17 aprile 2010 (f.b.)

«Sono stufo di vedere la scuola italiana agli ultimi posti in Europa. Sono stufo di vedere i professori depressi a causa di un sistema che non garantisce la qualità». Roberto Formigoni, fresco di quarto mandato come presidente della Regione Lombardia, anticipa la svolta federalista della scuola. Due i principi cardine della riforma. Stop alle graduatorie nazionali con il reclutamento diretto dei professori da parte delle scuole su base regionale. Assoluta parità tra istituti statali e istituti privati grazie al potenziamento della dote scuola. Un modello che ricalca la riforma della sanità del 1997. La Lombardia chiede al governo di fare da apripista e di sperimentare il «nuovo modello».

Presidente Formigoni, più che una riforma sembra una mossa per spiazzare e anticipare la Lega.

«La definirei una proposta formigoniana-pidiellina-leghista in profonda sintonia con il programma del governo e della coalizione».

Una riforma che richiede un cambiamento delle leggi.

«Ne ho già parlato con il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini e con il governo. La direzione è condivisa. Siamo all’inizio della legislatura emetteremo con forza sul piatto la nostra proposta».

La risposta?

«Per la sperimentazione non è necessario cambiare le leggi, c’è bisogno di un accordo con il governo. Individueremo delle scuole e ci confronteremo con tutti, senza violenza e senza ledere i diritti di chicchessia. Abbiamo già trovato un terreno favorevole sia con i sindacati sia con i professori».

Su quali proposte?

«Integrare il meglio della scuola pubblica e privata puntando su un elemento: la valorizzazione degli insegnanti grazie all’introduzione del merito. Dopo aver premiato gli studenti vogliamo premiare gli insegnanti esaltando chi vuole continuare a qualificarsi».

Come?

«Deve essere la scuola a scegliere gli insegnanti. Adesso esistono le graduatorie nazionali. Ti iscrivi a quell’elenco, arriva il numero 1826, e la scuola ti deve prendere. Sia che tu sia un premio Nobel sia che tu sia uno che fa il professore perché non ha nulla di meglio da fare».

Con quale strumento?

«Costituendo degli albi regionali. Le scuole pescano in questo albo in base al merito».

Albi riservati ai residenti lombardi?

«No. Chiunque può iscriversi all’albo regionale. Garantendo però alcuni requisiti».

Quali? «Una certa permanenza nel territorio, almeno un ciclo di studio di 5 anni. Per evitare turn over frenetici come succede adesso».

Basta?

«No, bisogna anche premiare. Estendendo la dote scuola anche agli insegnati meritevoli. Con incentivi di natura economica e diversificazione degli stipendi. Come accade in Regione per i dirigenti dove un terzo del loro stipendio dipende dal merito. Non voglio insegnati burocrati, ma insegnanti dirigenti».

Sul versante delle famiglie?

«Bisogna potenziare la dote scuola. E permettere alla famiglia e allo studente di scegliere in massima libertà a quale scuola iscriversi, sia statale, sia privata. E dall’altra parte passare al finanziamento diretto delle scuole. È la scuola che ingaggiando l’insegnante gli garantisce lo stipendio».

Sa quale sarà la critica? La stessa che ha segnato la riforma della sanità. Favorite i privati a scapito del pubblico.

«È il residuo degli ultimi maoisti in Lombardia. L’88 per cento della popolazione lombarda è soddisfatta della nostra sanità. Hanno capito che abbiamo puntato sulla qualità. Non si chiedono se l’ospedale è pubblico o privato, ma se cura o non cura. Lo stesso avverrà con il sistema scolastico».

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