Non mi capita spesso, ma questa volta sono totalmente d'accordo con l'editoriale di Giovanni Sartori sul Corsera di ieri, e soprattutto sul suo inizio. «Non vorrei - scrive Sartori - che il grillismo si arenasse in un confuso e inconcludente dibattito sull'antipolitica». Il punto è capire che Grillo (con tutte le sue intemperanze) e prima di lui Stella e Rizzo e - va ricordato - Salvi e Villone (dei quali è in questi giorni in libreria la nuova edizione del libro sui costi della politica) hanno colto e neppure enfatizzato la crisi della politica e i pericoli di un suicidio della democrazia.
Sostenere che Grillo e tutti gli altri, nella forme proprie a ciascuno, sono solo e soltanto un attacco alla democrazia significa solo non vedere lo stato penoso nel quale si è ridotta la politica, non sentire i tanti che si dichiarano astensionisti, che si rifiutano di alimentare la «casta». Significa non vedere che la politica attuale, la democrazia attuale, sono diventate quasi un affare privato. Significa non vedere che c'è la crisi dei partiti e - lo dico da vecchio comunista - che il tanto criticato «centralismo democratico» era un capolavoro di democrazia rispetto allo stato attuale delle cose e dei cosiddetti partiti. Usare la parola democrazia per difendere una democrazia che è in crisi è come sostenere che è in ottima salute una persona data per moribonda dalle sue radiografie. È come difendere l'onore di una storica villa gentilizia che è diventato un bordello o quasi.
E, aggiungo, vi ricordate Guglielmo Giannini (che non era proprio uno stupido) e il grande successo dell'Uomo qualunque? Ebbene sforzatevi di ricordare e di ricordare come allora - c'erano i partiti - in breve tempo il qualunquismo fu battuto. Ma dobbiamo proprio ricordare che allora c'erano la Dc, il Pci, il Psi, cioè i partiti che stavano e agivano nella realtà del sociale e del politico?
Non possiamo replicare a Grillo in nome di un onore della democrazia che è molto logorato. Dovremmo avere tutti, a cominciare dal piccolo manifesto, il coraggio e l'intelligenza di analizzare con impegno e serietà i mali della politica e della società (non c'è una «società civile» buona). Fare, come un buon medico, una diagnosi del nostro stato di salute e, quindi, intraprendere le cure opportune. Ma il timore è che gli attuali medici pensino che sia utile e vantaggioso il proseguimento della malattia. E questo sarebbe un errore funesto anche per i medici stessi. Insomma, o prendiamo sul serio l'antipolitica per risanare la politica, per trasformarla in critica dura e positiva, oppure restiamo impegnati in una battaglia difensiva con armi più che spuntate. Ma quando eravamo ragazzi, perché ci piaceva tanto la favola nella quale il bambino gridava: «il re è nudo»?