Alla Conferenza Programmatica dei DS, che si è svolta a Firenze dallì1 al 3 dicembre 2005, è stato presentato tra gli altri un documento sulle politiche abitative, redatto da Luisa Calimani, Francesco indovina, Piergiorgio Bellagamba e altri, firmato da un gruppo di esperti di diversa estrazione. Nell'attenzione riservata a questo documento (che, per la sua ampiezza inseriamo in formato ridotto senza tabelle; il file integrale è scaricabile cliccando in calce ai nomi dei firmatari) i presentatori hanno individuato un segno positivo di attenzione per i problemi sollevati. Speriamo.
DEMOCRATICI DI SINISTRA, DIREZIONE NAZIONALE, Dipartimento Imprese e Infrastrutture, UNA NUOVA POLITICA DELLA CASA. Fra mercato e diritti urbani, dicembre 2005
Premessa
La questione delle abitazioni è un problema strutturale nell'organizzazione della città e nella pianificazione del territorio, rappresenta un costo significativo nei bilanci delle famiglie, collabora a sostenere l'economia e l'occupazione del Paese attraverso il settore delle costruzioni l'unico in crescita negli ultimi anni.La casa è fondamentalmente un problema urbano che si amplifica con la dimensione della città e si acutizza con l'espansione e il degrado delle periferie, colpisce le fasce a basso reddito e determina la condizione di povertà di molte famiglie.
Politiche abitative e politiche urbane
Pur essendo profondamente mutati negli ultimi 10 anni la situazione socio economica e il quadro legislativo di riferimento, non è corrisposto nella politica delle abitazioni un conseguente aggiornamento delle proposte. L'emergenza abitativa, ormai cronica, è stata curata con rimedi (come dimostrano i risultati) assolutamente inefficaci.
La loro riproposizione oggi è ancor più di allora incongruente e incapace di rispondere alle esigenze di soggetti vecchi e nuovi che vivono situazioni di forte disagio e precarietà. E quando alla precarietà del posto di lavoro si aggiunge quella della casa, le condizioni di vita diventano insopportabili.
Ed è proprio l'insicurezza che ha fatto compiere a molte famiglie la "scelta obbligata" dell'acquisto, inducendo a pesanti sacrifici e a un indirizzo a senso unico del risparmio delle famiglie e degli investimenti.
E’ anche una scelta di politica economica. Azioni di promozione ( es. contributi a diverso titolo elargiti, direttamente alle imprese o attraverso buoni casa individuali) possono favorire una scelta sul risparmio degli italiani che si concentri, come è finora avvenuto, prevalentemente nell'acquisto della casa. che condiziona soprattutto le giovani coppie per i prossimi 10 - 20 anni, ma comprime altri consumi; situazione che si aggraverà pesantemente con il previsto aumento dei tassi d’interesse.
La ragione prevalente che spinge la famiglia italiana a indebitarsi presso le banche o le società finanziarie resta l’acquisto e la ristrutturazione di immobili” scrive la Banca d’Italia e le erogazioni per l’acquisto hanno raggiunto la cifra di 55.278 milioni di € nel 2003, per la contrazione di mutui per lo più quindicennali.
Questo fenomeno è tipicamente italiano, perché l’Europa ha un rapporto fra abitazioni in affitto e in proprietà molto più equilibrato. Solo Spagna e Irlanda hanno una percentuale più bassa, negli altri Paesi europei la % di alloggi in affitto è in media il doppio dell’Italia.
Per formulare proposte credibili ed efficaci è necessario saper interpretare i mutamenti, sia riguardo le competenze istituzionali discendenti dal titolo V della Costituzione, sia in merito alla situazione del mercato immobiliare, dei tassi d'interesse, dell'evoluzione della struttura della società urbana, della composizione dei nuclei della familiari, degli strumenti urbanistici nelle strategie della pianificazione.
La questione, mai seriamente affrontata dello sviluppo integrato delle politiche urbane, ha come apice la mancata relazione fra trasporti, infrastrutture a rete e insediamenti urbani, fra residenza, localizzazione dei servizi e posti di lavoro . L’emarginazione localizzativa di quartieri monofunzionali nasce infatti non tanto dalla distanza fisica ai luoghi, quanto dal tempo e dal costo necessario per raggiungerli.
E la costruzione di abitazioni senza servizi ha amplificato queste distanze, appesantito il traffico, aumentato la domanda di mobilità soprattutto nelle aree rarefatte ovvero a scarsa densità edilizia, condannando così all’esclusione i quartieri non serviti da mezzi di trasporto pubblico.
Poiché la presenza di collegamenti urbani efficienti aumenta la rendita, in altri paesi l’impresa costruisce agglomerati di case (che i giapponesi chiamano i quartieri della notte) e a proprie spese, i treni per collegarle ai sevizi e ai luoghi di lavoro. Non è un buon esempio di funzioni integrate nella città, ma in Italia non solo non vi è un mix funzionale in molte parti del territorio anche densamente popolate, ma sono a carico del pubblico le strutture di collegamento e a “carico” del privato i benefici economici del costruire.
La città diffusa, che offre bassi costi dei terreni e quindi delle abitazioni, comporta in cambio maggiori costi collettivi dei servizi a rete.
Un efficace e dominante impegno verso il trasporto su ferro, armatura urbana e territoriale attorno alla quale indirizzare le politiche insediative sarebbe una strategia di “alta qualità” e potenzialità straordinarie sotto l’aspetto ecologico, funzionale, di riduzione della dispersione urbana.
L’integrazione urbana, attraverso l’accessibilità di tutte le parti della città e la permeabilità sociale, oggi preclusa dai differenti costi delle zone urbane che costruiscono ghetti insicuri (per i quartieri periferici ma anche per l’intera città perchè l’insicurezza non ha recinti), si attua soprattutto attraverso il risanamento delle periferie e dei complessi di edilizia residenziale pubblica. E' noto che il degrado sociale e i processi di emarginazione ed esclusione si sviluppano più facilmente in situazioni didegrado urbano. L'ostilità dell'ambiente fisico della città si riproduce spesso nei comportamenti; risanare le periferie significa dare qualità agli spazi urbani, salubrità e bellezza agli edifici, dignità alle persone, scoraggiare comportamenti illeciti, significa mettere in relazione modelli urbani e modelli di vita.
Far parte dell'Europa significa anche offrire una condizione abitativa che renda tutti i cittadini più uguali. La riduzione del "costo casa", la cui incidenza sullo stipendio è in continua crescita, è uno strumento fra i più efficaci per far uscire molte famiglie dalla soglia di povertà. Ma non solo i più poveri sono afflitti dal problema lo sono anche i "ceti medi" sui quali questo costo pesa sproporzionatamente e cresce arbitrariamente.
L’alloggio sociale diventa una risposta indifferibile, in quanto il divario fra domanda e offerta è così alto da non poter essere risolto dal mercato. Questa è una funzione che deve assolvere l’Ente Pubblico. Possono e debbono essere attivate forme di “convergenza”, contributi, strumenti, collaborazione fra pubblico e privato, ma quando l’affitto supera la pensione percepita, la responsabilità di una soluzione spetta all’Ente pubblico e questo vale anche per quel 50% di famiglie in affitto (oltre un milione) che stanno sotto la soglia di povertà.
A queste famiglie il “pubblico” deve dare una soluzione pronta ed immediata, mentre oggi risponde solo con il 7,8% alle domande di alloggio presentate. L’Italia si colloca agli ultimi posti in Europa per quantità di alloggi sociali: circa un milione, che rappresenta il 20% del totale di alloggi in locazione; percentuale che si abbassa vertiginosamente se confrontata con lo stock complessivo di abitazioni.
L’invecchiamento della popolazione, in progressivo aumento, superiore a tutti i Paesi europei è una altro fattore che concorre a determinare l’esigenza di una politica sociale per la casa, oggi completamente assente
Nel patrimonio di edilizia residenziale pubblica in Italia, vi sono elementi di distorsione che diminuiscono l’efficacia della sua funzione, e sono ancor più pesanti data la scarsa offerta, indebolita da una vendita poco remunerativa e dalla presenza di alloggi occupati abusivamente (2% al nord e centro, 15% al sud), a cui si aggiunge un sottoutilizzo del patrimonio dovuto ad inagibilità e a scarsa mobilità degli inquilini.
Questi elementi, anziché essere corretti e “governati”, diventano un pretesto per negare la necessità dell’edilizia sociale.
Si evince come i valori catastali ai quali è venduta l’edilizia pubblica siano distanti dai valori di mercato, quindi l’acquisto di un nuovo alloggio pubblico equivale alla vendita dai tre ai cinque alloggi ERP costruiti con i soldi dei lavoratori dipendenti ricavati dalle trattenute ex Gescal. A questo si aggiungono vendite eseguite per l’importo di 1000 € conseguenti a provvedimenti regionali
Non sempre ciò che viene costruito corrisponde a ciò che effettivamente serve.
Questo divario è oggi profondo perché la ragione del costruire non sta nel dare risposte alla domanda di abitazioni, bensì nell'interesse ad investire nel solito "bene rifugio" il mattone (o il calcestruzzo) che ha un tasso di redditività più alto e/o più sicuro di altre forme di investimento.
La casa e il mercato immobiliare
L’aumento del valore del patrimonio immobiliare supera la crescita del reddito.
E’ una tendenza provocata dal crollo delle borse che, ad eccezione del Giappone, ha subito un processo di accelerazione in tutto il mondo
Il trionfo della rendita cui stiamo assistendo è parte di quel meccanismo ormai da tempo in atto che vede ridursi progressivamente la quota di reddito destinata al lavoro produttivo mentre aumenta la quota del reddito destinata alla remunerazione del capitale.
In Italia, dove il reddito nazionale cresce di meno, il fenomeno è più evidente; i profitti non sono investiti per aumentare la capacità produttiva, l’aggiornamento tecnologico, la ricerca, bensì nell’acquisto di beni immobiliari.
La speculazione edilizia è diventata il mezzo di arricchimento più remunerativo, se si escludono le attività illecite di cui peraltro il settore immobiliare è il privilegiato riciclatore dei profitti. L’intensa attività di acquisizione di immobili soprattutto nei centri urbani è anche opera di stranieri, asiatici e cinesi in particolare, interessati ad impegnativi complessi immobiliari per i quali offrono vantaggiose condizioni di acquisto.
E' un tema sul quale non solo la Magistratura dovrebbe riflettere ma anche la Politica, per trovare strumenti efficaci di controllo su movimenti e transazioni finanziarie che passano attraverso la compravendita di immobili.
La presenza nelle grandi banche, la scalata al Corriere della Sera, dimostrano come le grosse concentrazioni di imprese immobiliari usino iloro capitali. Non quindi nell'abbassare i prezzi di vendita, non in riqualificazione urbana, non in tecnologie più moderne, ecologiche e a maggior risparmio energetico, ma in operazioni bancarie e in quella che viene definita la finanziarizzazione dell’impresa.
Le trasformazioni urbane
I profitti provengono soprattutto da due importanti operazioni di trasformazione. Quella relativa alla modifica di destinazione d'uso di terreni ai quali viene attribuita una capacità edificatoria che ne incrementa fortemente il valore attraverso una nuova destinazione di Piano (è la rendita che investe terreni agricoli e destinati a servizi pubblici). E quella relativa alla trasformazione di parti già edificate dei centri urbani.
Le trasformazioni edilizie e di destinazione d'uso degli immobili, riguardano il tessuto dell'intera città in maniera diffusa, ma quelle più consistenti, per le quali si utilizzano strumenti urbanistici complessi, interessano aree degradate dove insistono soprattutto attività produttive dismesse. In particolare aree portuali, caserme, scali ferroviari che col tempo sono diventati luoghi centrali, appetibili ai grandi operatori che realizzano interventi di trasformazione che condizionano il futuro di una città, spesso senza un quadro di riferimento complessivo.
Anche i profitti sono consistenti, e gli utili nel settore sono anche quest'anno in crescita insieme al volume d'affari.
Mai una congiuntura è stata così favorevole al recupero di un fabbisogno pregresso anche di edilizia residenziale, sia per alloggi in affitto a canone sociale e convenzionato, sia per la cessione al Comune di alloggi e terreni da destinare all'ERP. Questo "contributo" può essere sostenuto dall'operatore perché è assorbito dai profitti determinati non dal guadagno d'impresa ma dalla rendita prodotta da scelte urbanistiche compiute dall'Amministrazione Comunale.
Le proposte politico-programmatiche debbono quindi tener conto di questo nuovo quadro, comune a quasi tutti i Paesi del mondo.
In Italia:
- la bolla immobiliare cresce nonostante alcune previsioni diverse,
- sono esauriti i fondi ex Gescal, lo Stato ha diminuito le risorse destinate alla casa e i tagli delle Finanziarie agli Enti Locali riducono l'esigua percentuale che Regioni e Comuni destinano a questo settore
- le condizioni del mercato sono peggiorate per gli utenti, migliorate per le imprese/ immobiliari,
- il titolo di godimento delle abitazioni è concentrato al 72% sulla proprietà, 1/5 della popolazione vive in affitto, il 9% ad altro titolo.
- l'utenza è molto diversificata ,per età, etnie, composizione del nucleo familiare, collocazione geografica, reddito
- la popolazione anziana è in progressivo aumento e il costo dell’alloggio, lo sfratto, il trasferimento, la colpisce in modo traumatico
Una situazione così complessa e diversificata richiede risposte articolate, mentre le proposte tendono spesso a riprodurre vecchi schemi.
Dieci anni fa i contributi regionali e statali per l'acquisto della prima casa servivano ad abbattere i tassi d'interesse portandoli ai livelli che già oggi le banche praticano normalmente.
Lo stesso contributo al pagamento del canone di locazione cade in un pozzo senza fondo e contribuisce a sostenere la rendita, perché l'incremento del valore degli immobili ha avuto come conseguente esigenza di remunerazione del capitale investito, un consistente aumento degli affitti.
Le risorse esistenti
Il patrimonio edilizio esistente eccede del cento per cento il rapporto ritenuto ottimale di un abitante/vano. Il numero di alloggi costruiti nell’ultimo decennio è doppio rispetto all’incremento dei nuclei familiari. Eppure nonostante questo non diminuisce la spinta alla nuova edificazione.
L’incremento totale delle abitazioni dal 1971 al 2001 è stato del 56% ma l’incremento delle abitazioni non occupate ha raggiunto nello stesso periodo il 164%
Per arginarla nasce la domanda/proposta di un migliore utilizzo del patrimonio edilizio esistente dove già ora si concentra la maggior parte delle domande di concessioni e autorizzazioni edilizie e l’attività delle piccole imprese di costruzione.
Ed è su, recupero, restauro, risanamentodel patrimonio edilizio, che si dovrebbe applicare un vantaggio fiscale sistematico e consistente, perché produce un risparmio collettivo in termini di consumo di suolo e di nuove infrastrutture, con conseguenze sulla permeabilità dei terreni e sui dissesti idrogeologici.
Il vantaggio fiscale dovrebbe accentuarsi se i miglioramenti apportati dagli interventi sono rivolti alla qualità ambientale dell’immobile e del quartiere.
La normativa dei Piani privilegia, e a volte esaurisce in queste categorie, gli interventi ammessi nei centri storici e nella città consolidata.
Ma l’intervento all’interno dei perimetri dei centri edificati, dove la rendita è più elevata e il terreno si paga, non a metro quadro, ma a metro cubo edificabile, comprende anche la “ristrutturazione urbanistica”, categoria auspicata da molti, urbanisti, imprenditori, frequentemente usata in altri Paesi.
Ma in Italia l’elevato frazionamento della proprietà immobiliare la rende difficile. Per realizzare ristrutturazioni urbanistiche in zone residenziali, che costituiscono la parte prevalente dell’edificato, è necessario il verificarsi di una delle due seguenti condizioni. O l’intervento riguarda immobili di proprietà pubblica (con costi sociali per il trasferimento degli abitanti), o l’aumento di cubatura è tale da rendere economicamente appetibile l’intervento. Ma nella città costruita un forte incremento degli indici di edificabilità provoca spesso l’occupazione dei pochi spazi liberi rimasti in aree già prive di servizi e l’appesantimento del traffico nelle arterie urbane già sature, causato dal maggior numero di abitanti insediabili-insediati.
E’ per questo che in Italia, le trasformazioni di aree residenziali già edificate, è tema di convegni più che di realizzazioni. Lo stesso operatore privato non è sempre disposto ad un’esposizione finanziaria a lungo termine che non risulta garantita, sia per la complessità delle procedure, che per la difficoltà politica dovuta ad un esito non scontato nel consenso dei cittadini che non sempre vedono nell’intervento grandi vantaggi per la collettività in termini di qualità urbana, servizi aggiuntivi, soprattutto spazi verdi.
Si pone quindi in modo pressante la domanda non generica e demagogica del “dove”.
Dove ricavare aree e immobili da destinare all’edilizia abitativa a prezzi accessibili.
Come la Pubblica Amministrazione può assicurare ai cittadini tutti, un bene non voluttuario come la casa.
Quali strumenti oggi consentono di affrontare il problema con sistematicità ed efficacia.
La rendita
Il costo delle aree incide sul metro quadro venduto in misura proporzionale alla vicinanza al centro, ma in media corrisponde a metà del costo finale dell'immobile. Quindi abbattere il costo dell'area (ad esempio nei comparti attraverso la cessione gratuita al Comune) permette di dimezzare il "costo casa" sia nell'affitto che nella vendita, sia per l'edilizia pubblica che privata convenzionata.
La bolla immobiliare (senza precedenti) è servita, almeno si spera, per togliere l’illusione, a chi ancora l’avesse, che basta costruire più case per risolvere il problema.
Il permanere del divario fra domanda e offerta ha evidenziato il fallimento della teoria che in un regime di libero mercato l’autoregolazione si matura con la produzione di una quantità del bene emesso che ne condizionerà il prezzo. Oggi siamo di fronte all’aumento del numero di case e al contestuale incremento vertiginoso dei prezzi, peraltro in presenza di una certa stabilità della popolazione e del numero di nuclei familiari.
Questa premessa si rende necessaria per inquadrare il “problema casa” in un ambito di riferimento generale che se non giustamente interpretato conduce a luoghi comuni e “cure” inefficaci, come dimostra la condizione cronica dell’emergenza abitativa.
A chi si deve rivolgere la programmazione e il sostegno pubblico se già il privato offre ai cittadini “abbienti” quanto serve per soddisfare ogni tipo di fabbisogno abitativo?
La complessità del problema è tale da richiedere soluzioni diverse per i vari segmenti della domanda in rapporto alla sua articolazione per fasce d’età, di reddito, composizione del nucleo familiare, dimensione urbana.
Anche il problema immigrazione va affrontato sapendo che ha una sua specificità che somma disagio a disagio.
I bassi tassi d’interesse che hanno reso l’affitto paragonabile al mutuo da contrarre hanno già espanso quanto possibile la proprietà dell’alloggio.
Il 72% di case in proprietà è una soglia che presumibilmente non subirà sostanziali variazioni. Una categoria residuale (rispetto a quella che non accede alla proprietà per ragioni economiche) ritiene comunque inopportuno rendere stabile la propria dimora. Perché ciò irrigidiscefortemente la possibilità di adeguamento alle mutevoli composizioni del nucleo familiare e costituisce un forte freno alla mobilità del posto di lavoro.
Ma la gran parte di quel 20% di famiglie che non ha la proprietà dell’alloggio, per lo più non solo non è in grado di risparmiare ma a volte neppure di pagare un affitto.
Il numero di sfratti per morosità aumentato in questi anni, dimostra che molte famiglie pur di avere un tetto firmano un contratto di locazione che poi non saranno in grado di rispettare.
Condizioni economiche precarie anche temporanee (malattie, perdita del posto di lavoro, allontanamento di un parente portatore di reddito..) rendono necessario l’intervento immediato che non sempre i Comuni riescono a fare, come dimostra l’esecuzione coatta degli sfratti da parte della forza pubblica.
Va quindi costruito un sostegno non effimero ai Comuni affinché possano far fronte a queste emergenze. Sono gli enti locali più vicini ai cittadini (sindaci e assessori alla casa) che affrontano quotidianamente, spesso con senso di impotenza, l'assurdo e doloroso problema abitativo.
Sapervi rispondere è segno di civiltà, contraddistingue una società moderna e solidale, caratterizza una politica di centro-sinistra.
Le proposte
E' certo una questione di risorse, ma non solo economiche.
Queste ultime servono nel primo periodo di Governo per far fronte alle situazioni più gravi in cui versano le famiglie a basso reddito, dando loro un sostegno per il pagamento del canone e delle utenze (in particolare il riscaldamento per anziani e bambini) onde evitare lo sfratto per morosità.
Ma si tratta di provvedimenti congiunturali, che non solo non risolvono il problema in modo strutturale, ma non lo avviano neppure verso una prospettiva di soluzione . Per questa è necessario mettere in moto meccanismi che diano continuità temporale agli interventi, attraverso progetti mirati, flussi finanziari programmati che permettano a cooperative e imprese di attivare sistemi di produzione ecologicamente e tecnologicamente avanzati, assicurino una dotazione di aree pubbliche ai Comuni senza la quale, affermava Giovanni Astengo, nessuna seria politica nella città e nel territorio può avere successo. Esperienze di cessione gratuita di alloggi e di aree da destinare all’edilizia sociale negli interventi di trasformazione urbana, sono gia una pratica di alcuni Comuni.
Sembra essersi persa la speranza che tutti i cittadini di questo Paese, indipendentemente dalla razza e dal reddito, possano godere di una condizione abitativa "normale", senza l'incubo di uno sfratto, senza il sovraffollamento degli studenti e degli immigrati, senza paura. Paura di non riuscire a pagare l'affitto o il mutuo perchè troppo alti rispetto al reddito, paura di essere aggrediti dentro e fuori la propria abitazione (le banlieue francesi non sono poi così lontane).
Forse alla radice dell'incapacità di risolvere il problema c'è la mancata convinzione che la casa è un diritto fondamentale di tutti.
Nessuno (o quasi) metterebbe in discussione che la sanità l'istruzione la previdenza siano diritti che vanno assicurati indipendentemente dalla capacità reddituale. Garantirli a tutti è segno di civiltà di un Paese, dà la misura del buon amministrare la politica e la cosa pubblica.
Questo vale anche per la casa, di cui l’edilizia sociale è l’anello debole che per rientrare in un possibile circuito deve essere inserita fra gli standard urbanistici.
E' a partire da questo presupposto che va impostata una nuova politica abitativa.
E' una filosofia solo apparentemente ovvia, ma in realtà coraggiosa perché propone il superamento delle politiche assistenziali, dei rimedi all'emergenza, della estemporaneità e frammentazione degli interventi.
E' in sostanza il considerare le politiche abitativenon più residuali, maparte delle politiche urbane, dei processi di trasformazione che non ghettizzino per fasce di reddito gli utenti della città ma attraverso l'integrazione di ceti sociali, culture, funzioni, costruiscano una città moderna e solidale.
PROGETTO PER L’ABITAZIONE E L‘ABITARE
L’impegno del nuovo governo sarà finalizzato a migliorare la condizione abitativa e dell’abitare nelle nuove condizioni della città, che non è più soltanto la città concentrata ma anche la città territorio, o, come viene chiamata, l’arcipelago metropolitano.
La nuova condizione urbana non ha, tuttavia, modificato la questione dell’abitazione per una frazione non modesta della popolazione, che al contrario è stata aggravata dalle politiche liberiste, dalla vendita del patrimonio pubblico e dai nuovi stili di vita e di lavoro. Alle tradizionali problematiche delle famiglie a basso reddito, sia sono infatti sommate quelle relative agli immigrati, la crescita della popolazione anziana, la crescita degli studenti fuori sedi e le forme di lavoro precario che richiedono, molto spesso, il trasferimento temporaneo in città diverse da quelle di residenza. Per altro la “fuga” dalla città di molte famiglie, che ha determinato la urbanizzazione diffusa, nella maggior parte dettata dall’insostenibile costo economico della città se ha, forse, permesso di realizzare condizioni migliori per la casa, ha aggravato l’abitare (aumento della mobilità, carenza di servizi ecc.).
Si tratta di attivare una politica di riqualificazione bisognosa di notevoli risorse che non potranno non essere reperite che attraverso una politica fiscale progressiva, con specifico riferimento al settore immobiliare la cui attuale franchigia fiscale ha permesso la creazione di cospicui patrimoni fonte di spericolate e oscure manovre economiche e politiche.
Per affrontare questa situazione appare indispensabile un programma che utilizzi una ricca tastiera di strumenti e che si basi su interventi di emergenza, temporanei e strutturali del sistema di costruzione e di gestione delle trasformazioni urbane e territoriali.
Emergenza: si intende far riferimento a interventi immediati in grado di affrontare le condizioni più critiche. Tra questi si indicano:
- sostegno alle famiglie più bisognose per le quali l’affitto pesa sul reddito familiare in modo insopportabile e alle quali non si è in grado di offrire un alloggio pubblico;
- contributo ai soggetti economicamente deboli, per il pagamento delle utenze in particolare di riscaldamento,
- disponibilità immediata di fondi destinati ad alloggi per far fronte agli fratti esecutivi;
- politiche finalizzate a realizzare il diritto alla casa per gli immigrati. Si tratta di una questione dai molteplici aspetti; civile, sociale, sicurezza, ecc. Questi interventi potranno essere attivati anche nella forma dell’autoprogettazione e autocostruzione;
- recupero dell'evasione fiscale derivante dalla mancata registrazione dei contratti locativi (16% dei casi, 550 milioni di euro) che con il recupero dell'ICI conseguente alla gestione integrata delle funzioni catastali con ordinarie funzioni comunali (proposta ANCI) porterebbe ad un miliardo di euro da destinare alla casa; divieto di esecuzione degli sfratti in assenza di registrazione del contratto
Temporanei: intendendo provvedimenti limitati nel tempo, programmati e in grado di produrre effetti di lungo periodo.
- politiche finalizzate alla realizzazione di residente studentesche, la cui presenza in molte città è elemento di forte distorsione del mercato, fonte di speculazione e di rarefazione dell’offerta di locazione stabile;
- politiche per la realizzazione di residenze per anziani, sia nella forma autonoma sia in quella di case di assistenza (in collegamento con le politiche di WS); che possono dar luogo ad aumenti dell’offerta abitativa e che possono permettere l’acquisizione al patrimonio pubblico di una quota di questo patrimonio nella forma del “vitalizio di assistenza”;
- Interventi di risanamento dei complessi di edilizia residenziale pubblica, attraverso ristrutturazioni urbanistiche, edilizie e di manutenzione permanente e programmata;
- un programma pluriennale di investimenti pubblici per l’edilizia sociale che preveda risorse economiche certe e programmate con la partecipazione finanziaria di Stato, Regioni e Comuni;
- programma pluriennale, con la partecipazione finanziaria di Stato, Regioni e Comuni, per la riqualificazione urbanistica e la dotazione di servizi generali e per la mobilità, delle periferie e dei territori di urbanizzazione diffusa, attraverso progetti integrati non solo nei soggetti ma negli oggetti e negli ambiti in cui ricadono le opere necessarie, conseguenti alla trasformazione.
Strutturali: intesi come provvedimenti stabili e permanenti in grado di evitare, per quanto possibile, l’insorgere di emergenze:
- ogni trasformazione territoriale e ogni ristrutturazione urbanistica dovrà comprendere, gli standard urbanistici fissati in misura minima a livello nazionale e incrementabili da Regioni e Comuni, sulla base delle esigenze locali, fino al 100%. Agli standard tradizionali sarà aggiunto lo standard di “edilizia sociale” commisurato al 20 % del volume edificato/edificabile (sia di residenza che di altre funzioni); nelle trasformazioni urbane sarà fissata la quota di aree da cedere gratuitamente al comune per l’edilizia sociale
- detassazione dei trasferimenti immobiliari nei comparti, estensibile ad altre situazioni (miglior utilizzo del patrimonio edilizio esistente, necessità di vendita determinate dalla mobilità del posto di lavoro, condizioni di rischio ambientale, acquisto della prima casa)
- agevolazioni fiscali concesse per il risanamento di edifici, risparmio energetico, architettura ecocompatibile, per la costruzione di alloggi in affitto a canone sociale e concordato (L. 431), l’edilizia pubblica e per la costruzione di alloggi a riscatto che favoriscono le giovani coppie sottraendole, in un periodo di instabilità economica, all’impegno di un pesante indebitamento a lungo termine che può diventare insostenibile con l’aumento dei tassi di interesse dei mutui
Un impegno europeo dell’Italia affinché la casa sia inserita fra i diritti fondamentali della Carta di Nizza e siano rafforzati i fondi strutturali per la casa e la città.
L’insieme di questi interventi costituirà un unico provvedimento legislativo e di governo collegato eventualmente con provvedimenti relativi al WS. Tale provvedimento, inoltre, deve affermare il principio costituzionale che nessun comportamento illecito in ambito urbanistico ed edilizio sia sanabile attraverso una qualsiasi forma di condono.
Adeguata agli indirizzi sottesi a tale provvedimento dovrà essere la “legge di indirizzo” sul governo del territorio.
Hanno aderito
Luisa De Biasio Calimani(coordinamento), Walter Tocci, Francesco Indovina, Patrizia Colletta Anna Pozzo, Mara Rumiz, Vanni Bulgarelli, Marino Folin, Giulio Tamburini, Vezio De Lucia, Piergiorgio Bellagamba, Vittorio Dal Piaz, Bernardo Rossi Doria, Edoardo Salzano, Marco Mion, Teresa Cannarozzo, Antonio Draghi, Tommaso Giura Longo, Beniamino Tenuta, Sergio Lironi, Cecilia Scoppetta, Camillo Pluti, Manlio Marchetta, Federico Oliva, Laura Fregolent, Gianni Fabbri, Gabriele Righetto, Umberto Cao, Braioni Annamaria, , Giuseppe Soriero, Loredana Mozzilli, Paolo Berdini, Camillo Bianchi, Paolo Urbani, Domenico Santoro, Paolo Ceccarelli, Fernando Maglietta, Adriano Cornoldi, Mariolina Toniolo Trivellato, Stefano Stanghellini, Renato Nicolini, Franco Purini, Alessandro Bianchi, Massimiliano Fuksas