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Mario Pirani
La paura dell’uomo nero e le ragioni della sinistra
7 Agosto 2009
Articoli del 2009
Risposte, sempre le stesse, ma sempre ottime, alle critiche del centro destra e alle debolezze dell’opposizione. Da la Repubblica, 7 agosto 2009 (m.p.g.)

Le favole sono sovente metafora della realtà od anche lettura mascherata dell’inconscio. Ce lo fa venire in mente Angelo Panebianco ("Corriere" del 3 u.s.) quando ripropone la versione di una sinistra sovrastata "dall’ingresso in politica dell’Uomo Nero Silvio Berlusconi", paralizzata "di fronte all’Orco, simbolo di tutti i vizi e le turpitudini del Paese", tanto infantile da raccontare da quindici anni questa fiaba ai propri elettori. Così precipitando nella rovina, ingannata per sovrappiù dai "giornali di riferimento", alias "la Repubblica", che in questo scenario svolge evidentemente la parte del Lupo, con le sue astute lusinghe intento ad adescare la sperduta bambina nel bosco, l’innocente Cappuccetto Rosso.

Può spiacere - e a me personalmente spiace - che uno studioso di scuola liberale sostituisca i fratelli Grimm ad Hayek e Popper, ma cosa non si farebbe al giorno d’oggi nel regno degli struzzi, pur di non porsi il problema di Berlusconi, del significato del suo agire politico, della sua concezione dell’etica pubblica? Riluttanti, quindi, nel riconoscere l’incolmabile antinomia, creata tra comportamenti, pulsioni, proponimenti del Cavaliere e principi irrinunciabili di uno stato liberale: la separazione dei poteri e il loro dialettico rapporto, l’indipendenza della magistratura, il rispetto dei diritti dell’uomo, come individuo e come cittadino, come credente e come ateo, la libertà dell’informazione, sia pur spiacevole ai governanti, la gelosa custodia dei diritti delle minoranze, evitando ogni dittatura della maggioranza.

Basta scorrere le cronache dell’ultimo quindicennio per percepire quanto siano lontane e avverse a tutto ciò la concezione e la pratica berlusconiana del potere. Questo non fa del premier un Orco o un Uomo Nero ma un "monstrum", nel senso latino della definizione (vedi dizionario Georges-Talonghi). Cioè una figura che può essere mostruosa in quanto diversa, ma altresì vista come "strana", "prodigiosa" e persino "meravigliosa", tutti aggettivi che i tanti fans possono, dunque, tranquillamente attribuire al loro Capo: ferma restando la piena attinenza del giudizio espresso da quanti, per contro, paventano il picconamento dello stato liberale e, senza abbandonarsi ad affabulazioni, percepiscono e giudicano il Demolitore come un personaggio alieno alla nostra vicenda nazionale quanto avverso ai valori sui quali, dalla Destra storica alla Repubblica democratica e solidale, era venuta tessendosi la trama dell’unità d’Italia.

C’è bisogno di una casistica per rammentare che Berlusconi, "scendendo in campo", segnò l’avvento al governo della Repubblica dell’uomo più ricco d’Italia, le cui fortune erano in primo luogo determinate dal controllo pressoché monopolistico delle televisioni private e, ben presto, pubbliche, una lesione gravissima che anziché suturata è stata col tempo vieppiù aggravata? Sono ben conscio, ripetendo queste cose ormai vetuste, d’incorrere nella conclamata noia di quanti amerebbero esistesse una decorrenza dei termini anche per la denuncia giornalistica delle pubbliche indecenze, Ma questo benefit mediatico, se è entrato ormai nell’uso di tante anime prudenti, seguita pur sempre a scontrarsi con la testarda reiterazione della denuncia da parte di qualche residuo manipolo di spiriti critici, vocati ad infastidire i potenti.

Così, sotto analoga rampogna, cade chi ancor rammenta le infinite vicende giudiziarie di un premier sfuggente a ogni processo, ed elenca le sentenze abortite per decorrenza dei termini o per prescrizione, per patteggiamento o per sospensione del giudizio (legge Alfano), per intervenuta legislazione ad personam o per indulto. E che sequela di campagne contro la magistratura, indicata al popolar ludibrio, e quanti fendenti alla giurisdizione e quante riforme tese a soggiogare l’indipendenza di giudici e procuratori.

Insomma, Silvio Berlusconi non è - e ha dimostrato di non saperlo, e di non volerlo neppure diventare - un normale leader della destra democratica europea. Non è un Sarkozy, una Merkel, tanto meno un David Cameron, il distinto conservatore, capo dell’opposizione di Sua Maestà, la regina Elisabetta. Per questo non è l’opposizione ad aver le traveggole e ad inventarsi l’Uomo Nero, ma l’aliena natura politica e morale del Cavaliere a rendere la contesa politica italiana simile alla commedia greca (o all’opera dei Pupi?) con personaggi contrapposti, inchiodati a un ruolo e a una maschera fissi, senza variabili all’orizzonte.

Obiettano, peraltro, Panebianco e molti altri che il popolo è con Lui.

Lo vota, lo plaude e quando pronuncia quattro paroline magiche - «non sono un santo» - anche di fronte "alla sua disordinata e sconsiderata vita privata", gli fa l’occhiolino e si sente complice. Una volta ancora la sovrapposizione tra pubblico e privato provoca stravolgimenti di giudizio. Un uomo politico, tanto più un leader, non può non aver presente il pubblico giudizio anche quando agisce privatamente. Da questo punto di vista, il suo diritto alla privacy risulta affievolito. Berlusconi avrebbe dovuto saperlo in partenza, ma anche in questo caso la sua "alienità" o "anti-politicità" che dir si voglia, lo ha assai mal consigliato. Se fosse rimasto solo un tycoon della Tv commerciale e avesse voluto trascorrere le notti nelle sue ville e palazzi tra escort, ballerine, ruffiani e attricette, sarebbe stato affar suo e solo la moglie e i figli avrebbero avuto diritto a protestare.

Come ricca di precedenti sarebbe apparsa la promessa alla favorita del momento di un provino o di una particina. Ma così non è: un presidente del Consiglio che trasforma la sue dimore ufficiali, vigilate in permanenza da carabinieri e servizi segreti, in rutilanti set dove si sfiora l’orgia collettiva e dove la fiction erotica si trasforma in reality, promette seggi a Strasburgo, partecipa a ludici incontri in una capitale della camorra per festeggiare un protetta che compie la maggiore età, rivela di considerare l’etica pubblica alla stregua di un satrapo asiatico dotato di potere assoluto.

Del tutto ignaro della prudenza di comportamento e di rapporti propria dell’uomo di stato occidentale. Per cui, se un rimprovero si può muovere alla opposizione in questo caso, è di essersi attenuta ad una timidezza eccessiva, ai limiti del timore. Altro che di aver cavalcato il moralismo. Aggiungo, a scanso di equivoci, che tutto quello che son venuto fin qui elencando non cancella affatto il giudizio critico sulla insipienza tante volte analizzata delle confuse e contraddittorie velleità della minoranza riformista, sulla sua incapacità di sfuggire al populismo dipietrista, sulla sua carenza di proposte autonome anche in materia di giustizia.

Per contro, di fronte alla noncuranza di certi commentatori liberali, c’è da chiedersi se considerino accettabile il concetto berlusconiano di maggioranza, come potere sottratto a vincoli, norme, contrappesi ed efficaci istituti indipendenti di garanzia e, soprattutto, dominus della Tv. Eppure proprio questa è la filosofia di questo singolare imprenditore che ha trasformato la sua Mediaset in un partito politico. Di qui la convinzione che lo Stato altro non sia che una azienda, più o meno con le stesse regole di governance: fino a quando è lui il padrone, è lui che comanda. Gli avversari, se vogliono sostituirlo, lancino una Opa ostile, se ce la fanno si prendono il pacchetto di maggioranza con quel che segue. Se no, se ne vadano con le pive nel sacco.

Ha un senso in questa situazione suggerire un riformismo di ricasco, che si accodi alla maggioranza, contrattando su qualche briciola di benevolenza padronale? O anche contrapporre il consenso di cui gode il leader alle inutili velleità di una opposizione destinata a restare minoritaria? A chi sostiene una simile arrendevolezza val forse la pena ricordare che anche Mussolini godette per lunghi anni del consenso degli italiani ma l’esigua opposizione non avrebbe mai conosciuto il giorno della rinascita se si fosse rifugiata in un silenzio senza futuro. Paragone forse azzardato perché Berlusconi non è Mussolini e l’opposizione vegeta nei dintorni del Palazzo e non in esilio, ma per favore non spieghiamo tutto ciò con la sindrome dell’Uomo Nero e dell’Orco mangiabambini.

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