loader
menu
© 2024 Eddyburg
Piero Bevilacqua
La montagna nell'immaginario d'Italia
20 Settembre 2013
Libri da leggere
Basta il titolo (

Basta il titolo (Le montagne della patria. Natura e nazione nella storia d'Italia) per comprendere quant'è interessante e utile. «L'originalità del saggio di Armiero consiste essenzialmente nel progetto di fare la storia di un vasto ambito di natura “selvaggia”, la montagna, di un paese come l'Italia nel quale, da millenni, la natura è inseparabile dalla cultura»

Arriva di tanto in tanto qualche folata di aria fresca nella storiografia dell'Italia contemporanea, ormai sempre più accartocciata e isterilita nella monocultura della storia politica. Mentre la politica praticata, quella dei partiti e dei governi, disegna oggi gli arabeschi di un'abiezione civile ormai senza fondo, gli storici della nostra epoca non sembrano conoscere altra dimensione del reale che quella narrata da leader, parlamentari, giornalisti, attori multiformi della sfera pubblica contemporanea. Quasi che la degradazione di questa particolare dimensione della realtà calamitasse perversamente l'interesse degli storici per il suo passato. Perciò si legge con un di più di interesse il libro di Marco Armiero. (Le montagne della patria. Natura e nazione nella storia d'Italia.Secoli XIX e XX, Einaudi Torino 2013, pp 213, Є 28) che, oltre a introdurre un tema insolito nelle patrie istorie, lo fa con materiali e argomentazioni di indubbio interesse. Armiero è uno storico dell'ambiente, con alle spalle varie peregrinazioni intellettuali, soprattutto negli USA e poi in Spagna e Portogallo. E le pagine del suo libro ne portano i segni, documentati dall'ampiezza non comune di riferimenti bibliografici internazionali. Ma esse testimoniano al tempo stesso, più in generale, la condizione di esuli intellettuali di tanti nostri giovani di talento, che sono fuggiti dall'Italia in cerca di luoghi e istituzioni in grado di sostenere i loro studi.

L'originalità del saggio di Armiero consiste essenzialmente nel progetto, a mio avviso riuscito, di fare la storia di un vasto ambito di natura “selvaggia”, la montagna, di un paese come l'Italia nel quale, da millenni, la natura è inseparabile dalla cultura. Da noi, paese di remota e sistematica antropizzazione e civilizzazione, la wilderness americana è una dimensione inesistente, quasi fuori dalla possibilità della storia scritta. Perciò Armiero ha scelto la strada originale e fruttuosa di « studiare la nazionalizzazione della natura italiana, usando le montagne come caso di ricerca » : vale a dire l'inglobamento della montagna come parte della narrazione nazionale, elemento e luogo caratteristico di alcuni suoi miti fondativi.

Il racconto che ne risulta, a partire dall'Unità sino ai giorni nostri, non ha un andamento unico, né un omogeneo segno culturale e ideologico. La montagna entra ed esce nell'immaginario della nazione disegnando di volta in volta miti contraddittori. Perciò tanto le Alpi che gli Appennini, all'indomani dell'unificazione nazionale, costituiscono il luogo di una alterità da soggiogare, sia perché sono «montagne ribelli », come nel caso dell'Appenino meridionale, percorso dal brigantaggio, sia perché sono le aree del paese dominate dai commons: vale a dire l'ampio territorio di boschi e foreste demaniali o soggette a usi civici. Nella seconda metà dell'Ottocento la progressiva privatizzazione di questi beni collettivi verrà fatta valere come un processo di modernizzazione, di fuoriuscita da un mondo arcaico e primitivo. Senza grande considerazione per gli effetti ambientali che, soprattutto al Sud, ebbe in seguito lo sfruttamento agricolo di tante terre destinate dalla saggezza antica a esclusivo presidio idrogeologico.

Nel XX secolo sono le Alpi, che entrano in maniera decisa in una narrazione destinata ad alimentare il nuovo immaginario nazionalista, e che ha al centro la prima guerra mondiale. «La politicizzazione del paesaggio alpino – scrive Armiero – all'indomani della Grande Guerra ha interessato sia la natura sia gli esseri umani. Le Alpi sono state esaltate come bastione naturale del paese e confine invalicabile della comunità italiana, mentre i suoi abitanti diventavano l'archetipo del vero patriota, il prototipo dell'italiano che veglia sull'integrità della nazione. E' allora che nasce il mito degli Alpini, destinato a durare a lungo nella memoria collettiva». Ma, certo, quei monti hanno poi avuto scarso rilievo nella coscienza nazionale quale realtà ambientale, sede di fragili equilibri e di mondi viventi minacciati e sconvolti.

Sul finire della seconda guerra mondiale « una rivoluzione copernicana» viene a rovesciare «la geografia politica e morale della nazione, il cui cuore pulsante erano ora le montagne». Per la prima volta, con la lotta dei partigiani, si creano evidenti « legami tra democrazia e montagne nella storia d'Italia. L'esperienza della Resistenza è profondamente radicata nelle montagne, simbolo tangibile di libertà ». Il mito fondativo viene ora a sostenere la storia dell'Italia repubblicana, a dare base morale alla democrazia e alla nuova Costituzione, quali espressioni del riscatto del popolo italiano dopo venti anni di dittatura fascista.

ARTICOLI CORRELATI
15 Maggio 2019
6 Febbraio 2019

© 2024 Eddyburg