«Un tram chiamato disastro» , «un treno fantasma» , «vagoni che portano al nulla» . Il progetto lanciato nel 2002 per attraversare la Città Santa su rotaie ancora una volta resta tale: il debutto previsto per il 19 agosto è stato rimandato di «qualche settimana o mese, almeno fino a dopo l’estate» . E le polemiche, puntualmente, sono riesplose sui media israeliani insieme ai titoli velenosi. Finiti i lavori che hanno disturbato un po’ tutti, molti abitanti si sono intanto rassegnati a quei vagoni argento con scritte luminose in ebraico, arabo e inglese, che a orari regolari passano per Gerusalemme. Tutti assolutamente vuoti. «Va avanti così da mesi, circola come se fosse in servizio ma con nessuno a bordo — commenta il proprietario di una libreria su Jaffa Road mentre il tram modernissimo e lucido passa per la via— Una cosa ben poco logica, ma non è certo l’unica di questi tempi» .
La logica dell’ennesimo ritardo — spiega Shmuel Elgrabli, portavoce della società pubblica Jtmt partner del progetto CityPass — sta in alcune questioni legali da risolvere con i nostri soci privati. Ma ci vuole pazienza, come per far nascere un bimbo» , anche se l’attesa è già stata di nove anni, non mesi. E aggiunge: «È un progetto enorme e poi Israele non ha esperienza sul fronte di treni e rotaie, non vi ha mai investito finora: forse perché alla generazione dell’Olocausto evocavano ricordi terribili» . Al di là delle questioni legali — l’investimento è ingente: 1,2 miliardi di dollari — il tram fantasma è oggetto di altre polemiche. Il percorso parte dal memoriale dello Yad Vashem, passa per il centro, davanti alle mura della Città Vecchia, poi punta a settentrione. Tagliando la Linea Verde che separa la Gerusalemme Ovest da quella Est, fino a Pisgat Ze’ev, considerato dai palestinesi un insediamento ebraico illegale. L’Autorità Nazionale Palestinese ha infatti definito il trenino parte dell’ «espansione criminale» di Israele nel suo territorio.
Oltre 170 Ong palestinesi hanno lanciato una campagna perché i partner francesi Alstom e Veolia abbandonassero il progetto e un’associazione franco-palestinese li ha perfino denunciati a Nanterre, perdendo però la causa pochi giorni fa. Le due società hanno intanto ridotto le partecipazioni, «ma solo per ragioni finanziarie» . E il contenzioso politico ha così causato, in sostanza, solo ulteriori ritardi. «Proteste inutili, il tram creerà una rete di comunicazione per tutti, indipendentemente dalla loro religione» , ha tagliato corto il sindaco della città, Nir Barkat, alle prese intanto con una questione di precedenza ai semafori per la nuova linea, banale ma a quanto pare fondamentale. Ma anche tra gli israeliani molti sono contrari.
Per problemi di sicurezza: con tutte quelle porte che si aprono insieme quali garanzie ci saranno che non salga un terrorista? Pollice verso pure dagli ecologisti, per i molti alberi abbattuti, e da chi ritiene «quel proiettile d’acciaio» uno spregio a questa città antica e bellissima. E infine c’è la questione dei «vagoni kosher» , ovvero riservati alle donne come chiedono con insistenza gli haredim, gli ebrei ultraortodossi che vivono soprattutto qui. Per il momento la richiesta non è stata accolta, ma le femministe e i laici sono comunque sul sentiero di guerra: «Accettare una simile idea sarebbe un chiaro invito a presentare innumerevoli altre domande di segregazione tra sessi, ognuna più estrema e selvaggia della precedente — ha scritto Tali Farkash su Ynet — Dobbiamo essere sicuri che il “ treno della segregazione” degli zeloti si fermi qui» .