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Giuseppe Sandro; De Luca Fabbro
La maionese impazzita. Come cambia l’urbanistica.
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
In Friuli-Venezia Giulia si sta discutendo sulla nuova legge urbanistica e la nuova pianificazione regionale. L'intervento di due urbanisti da Il Messaggero Veneto del 27 marzo 2005

Si sta sviluppando in regione il dibattito sulla nuova legge urbanistica e sulla formazione del piano territoriale regionale in sostituzione di quello, ormai vecchio, del 1978 (noto come Purg).

L’avvio di un dibattito politico sui temi del territorio è un evento importante da registrare con piacere. Quando la politica torna a parlare di territorio dimenticando per un momento gli interessi di corto raggio o senza cercare vie di fuga nell’iperuranio, fa innanzi tutto il suo mestiere più autentico. Vediamo, allora, di toccare qualche punto chiave di questo dibattito in modo da aiutare a evitare contraddizioni troppo forti o nuove false partenze.

1.A cosa serve il governo del territorio ? Il territorio è oggi un elemento chiave anche per governare i processi contraddittori dell’economia, ma anche difficile da trattare perché le istituzioni e le amministrazioni del territorio sono, rispetto al passato, più sole e deboli in confronto alla forza del capitale finanziario. Ma il territorio, lo abbiamo visto tante volte, abbandonato da una parte, si ribella dall’altra con i degradi ambientali o sociali, con le introversioni etnocentriche, con i declino economico di comunità locali e regionali. E’ un buon segno, quindi, se la politica vince la riluttanza a occuparsi dei difficili temi del territorio e del suo governo e comincia a fare delle proposte. Tuttavia, una cautela preliminare è d’obbligo: gli approcci possibili non sono molti. E tra questi bisogna scegliere senza fare confusione.

2. La diagnosi del territorio e gli esiti del Purg. Si sente sostenere che il territorio del Fvg non è mal ridotto come quello del Veneto. Il confronto con il Veneto è per certi versi troppo facile (se non si scontano differenze strutturali) e per altri molto fuorviante. Se si vuol partire dalla critica al modello Veneto, l’analisi andrebbe strutturata molto meglio, intanto perché per almeno un trentennio, quel modello ha costituito anche un punto di riferimento per tutto il Nord-Est, mentre la sua crescita economica è stata studiata in tutto il mondo. Non dimentichiamo, inoltre, quel Veneto che sta in casa nostra: le strade statali congestionate, certa “marmellata” insediativa nell’area pordenonese e udinese (come documenta bene uno studio regionale del 2002, non ancora ufficialmente pubblicato, chiamato Moland). Stupisce, poi, che non ci si confronti mai con la Corinzia e la Slovenia, che pure sono i nostri partners più diretti nella cosiddetta euroregione. Uno studio cominicato all’università di Udine qualche anno fa (Complessità e sostenibilità, anno 01, numero 02, 2004), per esempio, mostra come, la qualità del territorio in Slovenia e corinzia sia andata superando, negli anni novanta, quella del Fvg. Semmai è l’idea di un territorio contenitore indiscriminato di qualsisai oggetto che bisogna rilevare come insana e additarla come matrice dominante di molte politiche territoriali – regionali e comunali – sbagliate, (in Veneto e in tutto il Nord-Est). Il Piano urbanistico regionale del Fvg del 1978, da questo punto di vista, ha fatto molto, ma molto non lo ha fatto anche perché non poteva farlo. Sottovalutarne la portata è sbagliato, ma attribuirgli troppi meriti è altrettanto pericoloso perché legittima attese messianiche nella pianificazione del territorio che non sono realistiche.

3. Chi pianifica il territorio ? Secondo alcuni questo compito dovrebbe essere lasciato soprattutto a i Comuni, secondo altri, invece, alla Regione. Ma prima di dirimere questa questione bisognerebbe chiarire un punto. Una cosa è il governo del territorio e un’altra è l’urbanistica. L’urbanistica è dei Comuni. Il Piano regolatore generale comunale, che è uno strumento di regolazione urbanistica, è anche uno strumento di governo del territorio, ma non l’unico. L’urbanistica, quindi, è solo una parte del governo del territorio. Una delle cause principali della dissipazione del patrimonio culturale, del degrado ambientale e dell’alterazione del paesaggio in Italia (il malgoverno del territorio) sta, invece, proprio nella frammentazione amministrativa, nelle infinite competenze separate in cui è ridotto il suo controllo ecc. A partire dalla legge della Toscana del 1995, il governo del territorio è ormai inteso come un’obbligatoria collaborazione dei pubblici poteri al fine di indirizzare le attività pubbliche e private verso lo sviluppo sostenibile, garantendo, al contempo, la trasparenza dei processi decisionali e la partecipazione dei cittadini alle scelte. Pur nelle dovute differenze, quindi, non sarebbe male se nella nostra regione si abbandonasse certa provinciale autosufficienza e si guardasse anche alle esperienze che sono da anni in corso nelle altre regioni. E’ giusto lasciare, quindi, ai Comuni il potere del piano urbanistico ma non, in via esclusiva, il potere di governare i territorio (che è altra cosa !) e che oggi è essenzialmente problema di collaborazione tra diversi soggetti istituzionali per affrontare problemi che il più delle volte fuoriescono dai limite del comune.

4. E la regione, allora, cosa fa ? la prima cosa da fare è decidere se la regione vuol fare coordinamento e regia di interessi territoriali molteplici (compresi i suoi) o l’attore dei propri programmi di intervento. Nell’elencare dell’ipotetico piano territoriale, regionale, l’assessore regionale competente sostiene, in un suo recente documento di indirizzo, che vi sono materie (l’ambiente, il paesaggio, le infrastrutture e gli insediamenti) sulle quali, oltre certe soglie, ci deve essere un dominio esclusivo della Regione e che quindi i piani urbanistici dei Comuni (i Prg) dovranno adeguarsi senza riserve alle scelte regionali (un programma da attore quindi, e per giunta forte). Ma questa politica non ha molto a che fare con un piano di coordinamento che implica anche sedi e strumenti di concertazione interistituzionale e di compensazione territoriale. Non è poi neanche pianificazione territoriale perché lascia tutti i conflitti territoriali fuori del piano (e allora il piano acosa serve ?) e se poi il conflitto arriva prima del piano, il piano non si fa; se, invece, arriva dopo il piano, allora è l’attuazione del piano che viene impedita. La ricercad ei confini rigidi e invalicabili all’interno di uno stesso territorio (da una parte il dominiod ei Comuni, dall’altra quello della Regione) stride, inoltre, con tutti i principi giuridici di sussidiarietà sia verticale (il rapporto tra enti territoriali) sia orizzontale (la negoziazione con i privati). Se vogliamo davvero applicare lo spirito e la lettera del nuovo Titolo V della Costituzione e l’auspicio della Corte Costituzionale di una leale collaborazione, non possiamo non pensare, quindi, a strutturare un’azione collaborativi che coinvolga, stabilmente, le istituzioni territoriali. La prospettiva della giunta regionale, invece, sembra quella di combinare assieme i propri programmi e il coordinamento imparziale nello stesso strumento (il piano regionale). Ma questa soluzione fa prevalere, alla fine, una sola delle due funzioni o produce una serie infinita di cortocircuiti paralizzanti.

5. Le finalità che il piano territoriale regionale dovrebbe perseguire sono molteplici (e ciò può essere un bene) e spesso contraddittorie tra di loro o non automaticamente armonizzabili. La competitività economica, le pari opportunità per tutti i territori, la ricerca della qualità, la sostenibilità ambientale, eccetera si riferiscono a categorie di obiettivi che implicano diverse modalità di uso del territorio e di esercizio dell’azione pubblica sul territorio. Se non li si intende solo come una retorica, ma si vuole che si trasformino in azione concreta, allora si deve mettere ordine tra di essi. Si può introdurre una gerarchia drastica e chiara tra di loro (possibile sul piano teorico, molto meno su quello pratico); oppure si può operare, tra di essi, un bilanciamento da regolare e monitorare costantemente. Ambedue sono forme di governo del territorio, ma implicano pianificazioni di tipo diverso.

6. Quale tipo di governo del territorio, dunque ? Accertato che questa domanda ha senso solo in presenza di una chiara volontà di regia territoriale da parte della Regione, si può dire che tra un approccio molto regolato dal centro (che richiederebbe tempi, modalità di attuazione e risorse di potere che oggi non sembrano disponibili) e uno molto decentrato (che rischia di sfumare nel non-piano e che comunque non può essere associato a obiettivi ambiziosi quali la competitività regionale, la civiltà, la qualità territoriale, ecc.), rimane quel poco (o tanto?) su cui si fa sperimentazione in altre Regioni e in Europa: il tentativo, cioè, di combinare assieme trasformazioni, regole e controlli in quello che si può definire un approccio misto e plurale al governo del territorio e che implica: a) un’inevitabile articolazione dell’unitarietà del piano tradizionale in sotto-strumenti dotati di una loro relativa autonomia; b) l’attribuzione di detti strumenti, per garanzia, a soggetti istituzionali diversi ancorché in interazione tra di loro. L’intera questione è politica, ma anche di rilevante natura tecnica:a non considerarla seriamente fin dall’inizio si rischia, prima o poi, di far impazzire la maionese.

Una chiosa finale. In buona sostanza l’impressione è che il dibattito in corso sia ancora molto lontano dal definire una traccia di lavoro coerente e praticabile. La proposta della Regione, peraltro, sembra voler rispondere a obiettivi ambiziosi e spesso in contraddizione tra di loro, ricorrendo a un sistema di governo ancora troppo elementare. Sarebbe necessario, invece, cominciare a fare un attento lavoro analitico sui diversi obiettivi e sugli strumenti tecnici che sono a disposizione.

Dulcis in fundo c’è un aspetto di non poco conto che va rilevato: dov’è finita l’Europa ? Dov’è l’Est? Stiamo considerando cosa fanno Corinzia e Slovenia ? E il Corridoio 5 ? Come pensiamo di calarlo nel territorio ? Sembra quasi che le esperienze europee non abbiano nulla a che fare con la costruzione di un corpo regolativo a presidio del territorio regionale. Come mai ?

Sull’argomento si veda anche l’intervento di Andrea Corbo

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