ACCUSE IN BELLAVISTA
L’imprenditore fermato mentre era dal sindaco. I pm: illeciti nella costruzione del porto di Imperia. Indagato Scajola
di Ferruccio Sansa
Doveva incontrare il sindaco di Imperia. Ma ad accoglierlo ha trovato anche la Polizia Postale che lo ha arrestato. Parabola amara per Francesco Bellavista Caltagirone, patriota della cordata Alitalia: anni fa nel Ponente ligure era visto come il salvatore, l’uomo che aveva realizzato il porto voluto da Claudio Scajola. Ieri è uscito dal Comune in compagnia degli investigatori. Un terremoto per il regno di Scajola, “u ministru” come continuano a chiamarlo qui. Un epilogo, però, non inatteso: il porto di Imperia da due anni è sotto inchiesta, con costi lievitati da 80 a 200 milioni.
Insieme con Caltagirone Bellavista è finito in prigione Carlo Conti, ex direttore della Porto d’Imperia spa (pubblico-privata) considerato vicino a Scajola. L’accusa per entrambi è truffa aggravata. Indagati anche Paolo Calzia, già direttore generale del Comune di Imperia, Delia Merlonghi, legale rappresentante di Acquamare (società di Caltagirone), Domenico Gandolfo, ex direttore della Porto di Imperia e Beatrice Cozzi Parodi. Sì, la compagna dell’immobiliarista, soprannominata “nostra signora dei porticcioli” perché impegnata da sola o con Caltagirone nella realizzazione e nella gestione di 5 scali imperiesi. Uno scandalo che mette in discussione il sistema di porticcioli che hanno ricoperto le coste liguri di moli e cemento, con la benedizione di centrodestra e spesso centrosinistra.
Truffa aggravata, quindi. Si tratta della pista finanziaria della più ampia inchiesta sul porto che vede indagato in un altro filone anche Scajola. Secondo i pm imperiesi, l’ex ministro sarebbe tra gli ispiratori di un’associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta (per l’aggiudicazione non ci fu bando di gara). Ma questa è un’altra storia. Al centro dell’ordinanza che ha portato agli arresti di ieri c’è il contratto di permuta con cui le società costruttrici in cambio della realizzazione del porto hanno ottenuto la concessione su gran parte delle opere. Lasciando, sostiene l’accusa, il socio pubblico a becco quasi asciutto: secondo gli accordi, ricostruiscono Polizia Postale e Finanza, i privati avrebbero ottenuto il 70% dell’opera. Alla società Porto di Imperia spa (di cui il Comune detiene appena un terzo) sarebbe rimasto il restante 30%.
Racconta Beppe Zagarella (Pd), una delle poche voci critiche: “Le società realizzatrici hanno ottenuto l’85% della parte residenziale del progetto, alla Porto di Imperia sono restati i capannoni per la cantieristica e una discoteca. Poi c’è il porto: ai privati sarebbe andato il grosso dei posti barca, mentre al pubblico restano i moli per le imbarcazioni in transito e quelli per la nautica sociale”. Non basta: i pm si sono anche concentrati sui costi del megaprogetto . Si è passati da 80 a 200 milioni. C’è poi il capitolo legato al mutuo da 140 milioni ottenuto dalle società realizzatrici (oggetto di polemiche politiche, ma non ancora di formale indagine). Ricorda Zagarella: “Finora le rate non sono state pagate. Gli istituti hanno concesso una proroga”. Il finanziamento è garantito con un’ipoteca da 280 milioni, ma i creditori cominciano a essere impazienti. Tra le banche interessate all’operazione la parte del leone spetta alla Cassa di Risparmio di Genova e Imperia (Carige). L’opposizione ricorda che il vicepresidente è Alessandro Scajola, fratello dell’esponente Pdl, mentre nella fondazione siede Pietro Isnardi (consuocero di Alessandro Scajola). Il vice-presidente è Pierluigi Vinai, uomo stimato dagli Scajola e appena scelto come candidato sindaco del centrodestra a Genova.
È il 2003 quando le cronache cominciano a parlare del porto. Mancano ancora anni all’aggiudicazione della concessione, ma Caltagirone Bellavista già vola sopra Imperia in elicottero sognando affari. Con lui ci sono Claudio Scajola e Gianpiero Fiorani che in Liguria sogna di reinvestire i soldi delle sue operazioni finanziarie. Alla fine ecco il via libera: 1440 posti barca più capannoni e residenze. Presto, però, cominciano i guai: i costi crescono, le magistrature indagano. Oltre alla Procura di Imperia c’è anche quella di Sanremo che teme il coinvolgimento di imprese in odore di ‘ndrangheta nei subappalti per la bonifica e il movimento terra dei porti di Imperia e Ventimiglia (inchieste, va sottolineato, alle quali Caltagirone Bellavista, Cozzi, Scajola e le persone citate in questo articolo sono estranei).
Ma chi osa avanzare perplessità viene messo a tacere. Come Claudio Porchia, all’epoca segretario Cgil di Imperia: “Tu sei il capo di un gruppo parassitario che non conta un tubo e non prende un voto”, replica Scajola.
Adesso l’aria sembra cambiata. E l’eco dell’inchiesta arriva in mezza Italia. Perché le società di Caltagirone Bellavista dominano il mercato dei porticcioli. Dal litorale laziale, Civitavecchia e Fiumicino, ancora con benedizione bipartisan, alla Sicilia (Siracusa). Ma per il futuro si parla di Toscana e Dalmazia.
L’AMICO DI FIORANI
MATTONE, SALOTTI E INCHIESTE
di Stefano Feltri
Per lui Maria Angiolillo, l’animatrice del salotto romano più ambito, era “Amica. Sorella. Compagna”, come fece scrivere nel suo necrologio. Perché Francesco Bellavista Caltagirone (doppio cognome perché nato illegittimo da Ignazio Caltagirone e poi riconosciuto), 73 anni, arrestato ieri a Imperia, è molte cose, ma soprattutto è un uomo di relazioni. É più facile ricostruire la sua rete di relazioni che l’assetto proprietario del suo gruppo, l’Acqua Marcia, che si perde tra Lussemburgo e Malta, dove c’è l’ultima scatola, l’oscura Ignazio Caltagirone Trust.
Le sue donne sono tante, decisivo un matrimonio con Rita Rovelli, figlia del finanziere Nino. Le sue frequentazioni sono molte: Marcello Dell’Utri, Sergio D’Antoni, Marcello Pera, l’ex comandante della Finanza Roberto Speciale, l'ex presidente di Confcommercio Sergio Billè. E ovviamente Claudio Scajola. Fino a qualche anno fa prestava i suoi aerei privati a Gianpiero Fiorani, fino al 2005 arrembante banchiere della Popolare di Lodi. Nei primi mesi dell’anno dei “furbetti del quartierino” Bellavista usa una società delle Isole Vergini, la Maryland, per aiutare l’amico Fiorani: finanziato dalla Popolare di Lodi, rastrella azioni di Antonveneta (che la Bpl stava scalando), all’insaputa dei piccoli azionisti e della Consob. Con il più famoso cugino Francesco Gaetano Caltagirone, immobiliarista , editore e finanziere, non è in rapporti. E l’Ingegnere, come si fa chiamare il Caltagirone potente, è assai infastidito dall’omonimia.
Anche perché il gruppo Acqua Marcia non se la passa affatto bene da alcuni anni. Nel 2009 i debiti ammontavano già a 650 milioni, troppi a fronte di un fatturato di 260. Nel giro di due anni i debiti salgono ancora fino a 900 milioni. E Bellavista discute con le 16 banche creditrici, con l’intermediazione di Rothschild, un piano di cessioni per ripianare almeno parte dell’indebitamento. L’eterogeneo gruppo Acqua Marcia ora rischia lo spezzatino. Si parla della cessione del settore turistico-alberghiero e dei servizi aeroportuali.
Quando nel 1994 Bellavista rileva la “Società dell’Acqua Pia Antica Marcia”, questa è soprattutto un’azienda immobiliare con una lunga storia. Recita il sito web: “Con oltre 140 anni di storia l’Acqua Marcia rappresenta oggi la più antica società immobiliare italiana, una società non solo di costruttori ma anche di realizzatori di grande opere e di interventi di recupero e riqualificazione di complessi industriali di pregio storico”. Negli anni diversifica, pur mantenendo una presenza solida nell’immobiliare, tra Milano, Roma e il Veneto. A Milano la magistratura ha sequestrato un’area di 300 mila metri quadri di proprietà dell’Acqua Marcia e della Residenza Parchi Bisceglie. Quei terreni, dove si stavano costruendo alcuni palazzi, erano niente altro che una discarica bonificata (secondo l'accusa) solo in parte.
Bellavista controlla alcuni degli alberghi più esclusivi d’Italia, in Sicilia: Villa Igiea e Des Palmes, a Palermo, il San Domenico a Taormina, l’Excelsior di Catania. Il Molino Stucky di Venezia è il pezzo pregiato della lista visto che, come si legge sul sito, è “il più grande albergo 5 stelle della laguna”. Me è nelle infrastrutture che Bellavista è più attivo: oltre al porto di Imperia, affare per il quale è stato arrestato ieri, ci sono i lavori per la costruzione dei porti di Fiumicino e Siracusa. E poi il business dei servizi di terra in aeroporto, con le controllate Ata Handling e Ali: dalla gestione dell’aeroporto privato di Linate a Malpensa, Bologna, Catania, Venezia. Comprensibile che un imprenditore così esposto verso la politica e interessato al settore aereo nel 2008 venga incluso da Bruno Ermolli tra i patrioti dell’Alitalia: un gettone quasi simbolico, l’1,77 per cento. Giusto per esserci, nonostante i debiti.