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Carlo Galli
La fortezza di Ratzinger
29 Gennaio 2009
Articoli del 2009
Una Chiesa che si arrocca dietro il principio di autorità, si condanna all’isolamento e rivela la sua debolezza: storica, culturale, etica. Da la Repubblica, 29 gennaio 2009 (m.p.g.)

Il punto che consente di individuare correttamente qual è la posta in gioco nella vicenda del vescovo lefebvriano negazionista è che la richiesta di perdono dei suoi confratelli è stata rivolta al Santo Padre, e non agli ebrei o all'opinione pubblica mondiale, cioè alla forma concreta che prende oggi l'umanità. All'origine di questa insensibilità verso la fraternità universale e verso il dovere di testimoniare la verità davanti all'intero consesso umano, c'è il nucleo del pensiero dei tradizionalisti. Le loro fonti intellettuali sono infatti i controrivoluzionari cattolici del primo Ottocento - polemisti come Maistre, Bonald, Donoso Cortés - e l'intransigentismo antimoderno che di lì si è propagato dentro la Chiesa e all'interno delle gerarchie, fino almeno a Pio X (a cui è intitolata la confraternita dei lefebvriani).

Un pensiero di micidiale coerenza - superato solo dal Concilio Vaticano II - che consiste soprattutto nell'affermazione di un'autorità (il papa, vertice della Chiesa) e nella interpretazione del cattolicesimo come un insieme di dogmi identitari, al di fuori dei quali non c'è salvezza: non a caso i tradizionalisti avversano il principio conciliare della libertà religiosa, come in generale negano l'autonomia della politica dalla religione, unico fondamento che dia stabilità alle istituzioni umane.

L'identità cattolica consiste nell'obbedienza all'autorità, e nella difesa della Chiesa da chi le è nemico (il mondo moderno, generato dal protestantesimo) e da chi le è estraneo: in particolare, gli ebrei, che per di più sono anche deicidi e che, comunque sia, devono convertirsi alla vera fede.

Lo sterminio nazista, in quest'ottica, può essere negato - o minimizzato come questione storica che non interessa i religiosi, come si legge nella lettera di scuse al pontefice - perché si vuole dimostrare che l'antisemitismo (religioso, s'intende, non razziale) è giustificabile, e che le sue conseguenze non sono necessariamente quel mostruoso crimine davanti a ogni Dio e a ogni uomo che è stata la Shoa.

Se tale negazione crea qualche problema - com'è inevitabilmente avvenuto - allora ci si scusa con l'autorità, che da quel passo falso può avere difficoltà, e subire contraccolpi negativi: la questione è sostanzialmente ridotta a una faccenda di opportunità e si gioca solo nello spazio dell'autorità. Insomma, se il negazionismo "laico" serve a rendere spendibile politicamente il nazismo, liberato dalla colpa dello sterminio e trasformato in uno sforzo di difesa dell'Europa dalle minacce dell'Occidente americano e dell'Oriente bolscevico, l'antisemitismo tradizionalista (più o meno avventato nelle sue formulazioni) è interno e funzionale all'interpretazione autoritaria e identitaria del cattolicesimo.

La Chiesa cattolica ufficiale vede nel nazismo l'esempio estremo (insieme al comunismo) del Male a cui conduce la modernità che diventa pagana e antiumana proprio perché rifiuta Dio e si ribella all'autorità della Chiesa, pervertendo così anche la retta ragione umana. Una posizione che potrebbe essere enfatizzata come opposta a quella dei tradizionalisti: tuttavia la connotazione specifica di questo pontificato porta la Chiesa all'utilizzazione costante del principio di autorità (da ultimo con la contrapposizione della legge di Dio - interpretata dalla gerarchia - a quella dello Stato).

Oggi, le affermazioni autoritarie non vanno certamente nella direzione di una giustificazione dello sterminio (semmai, si impegnano in una difesa dogmatica della vita); eppure la Chiesa sembra trattare i tradizionalisti come "fratelli che sbagliano", come un figliol prodigo esuberante ed estremista ma recuperabile, appunto perché è orientato nel senso giusto, perché crede prima di tutto nell'autorità come dimensione essenziale della vita religiosa organizzata.

È in nome della comune affermazione - l'una prudente, l'altra imprudente - del principio di autorità che, anziché tenere fermo il muro (la scomunica) alzato da un altro pontefice, la Chiesa oggi riammette i lefebvriani nella propria comunità, a patto che tornino all'obbedienza papale.

Probabilmente, è questo uno dei segni che fanno capire con quanta convinzione la Chiesa si schieri oggi sulla difensiva, quanto profondamente si interpreti come una fortezza assediata, un'identità coinvolta in un conflitto di civiltà, che si gioca tanto all'interno dell'Occidente quanto all'esterno. Certo, questo clima intellettuale e argomentativo, che porta la Chiesa a conciliarsi piuttosto con i tradizionalisti che col mondo di oggi, costringe a ritornare ai "fondamentali" della Modernità, alla sua lotta contro il principio di autorità: e a ricordare che le affermazioni dogmatiche, comunque orientate, portano con sé la potenziale negazione della libertà e della verità che gli uomini faticosamente costruiscono nella loro vicenda storica.

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