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Fabio Savelli
La fine del volante
7 Marzo 2015
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Scenari futuri di mobilità collettiva: l'auto senza pilota. Ma siamo proprio sicuri che l'unica innovazione sia quella di poter pasticciare col telefonino o leggere il giornale mentre si viaggia?

Scenari futuri di mobilità collettiva: l'auto senza pilota. Ma siamo proprio sicuri che l'unica innovazione sia quella di poter pasticciare col telefonino o leggere il giornale mentre si viaggia? Corriere della Sera, 7 marzo 2015, postilla (f.b.)

«Forse sarebbe meglio definirla passività del tempo libero». Chissà se il filosofo Eric Fromm, nell’anno 2023, riterrebbe ancora l’automobile una camicia di forza, un abito stretto, una sovrastruttura prodotta dalla società dei consumi. Tra meno di dieci anni l’uomo non dovrà più guidare la propria vettura. Ci penserà da sé, disintermediando le nostre abilità al volante e (anche) le nostre disattenzioni. Cinquanta minuti al giorno in più per noi — calcola un profetico studio della società di consulenza Mc Kinsey presentato in questi giorni al Salone internazionale di Ginevra —, noi guidatori per diletto o per imposizione, noi 1,2 miliardi di persone. Risparmio globale complessivo: 140 mila anni uomo.

Benvenuti nell’era della guida senza conducente. Procede a tappe forzate il progresso, spinto dagli investimenti dei colossi hi-tech come Google e dei grandi produttori automobilistici, consapevoli che quel differenziale di costo — circa 10mila euro a prototipo — sia il vero lusso del futuro. Immaginate che la vostra auto si converta in un moderno Frecciarossa. Amanti del libro o con il tablet di ordinanza, asserviti al vostro smartphone o tremendamente innamorati dei quotidiani avete davanti a voi almeno un’ora al giorno di consumi elettronici o culturali. Aggiuntivi. Al posto dei vostri occhi, delle vostre mani e dei vostri piedi troverete sofisticati sistemi radar, delicatissime camere per acquisizioni video in tempo reale per leggere la carreggiata senza patemi. In sintesi: sistemi di intelligenza artificiale utilizzati ora solo nella robotica industriale. Secondo Michele Bertoncello, associate partner di Mc Kinsey, curatore per l’Italia della ricerca, a fregarsi le mani saranno soprattutto i produttori di videogiochi. E le grandi major americane dell’intrattenimento, che presumibilmente amplieranno a dismisura il loro giro d’affari in un tempo ora giudicato inutilizzabile. L’ipotesi che è l’automobile a guida automatica possa persino incrementare la condivisione, i giochi di società e quelli di ruolo, la fruizione di talk-show e contenuti in streaming.

D’altronde finora il maggiore interrogativo riguardava l’individuazione di una sorta di «conducente a riposo», in grado di intervenire in caso di emergenze ripristinando la guida manuale. Rileva lo studio Mc Kinsey che le vetture in circolazione dal 2023 — dopo una prevista sperimentazione su camion e veicoli industriali da qui a quella data — saranno perfettamente in grado di fare autodiagnostica senza la necessità dell’intervento umano. Soprattutto perché gli investimenti dei produttori e delle società hi-tech saranno talmente ingenti da raggiungere straordinarie economie di scala in grado di raggiungere la cosiddetta «massa critica del mercato», cioè circa il 90% dei modelli di automobile ora in circolazione. Non sarà pertanto un servizio a valore aggiunto di nicchia. Tutt’altro. Perché sicuramente non interessa i marchi di lusso ed extra-lusso: le case automobilistiche eviteranno infatti di portare l’intelligenza artificiale su pochi prototipi. Al tempo stesso la guida automatica con buona approssimazione non riguarderà nemmeno il segmento low-cost delle utilitarie. Perché la clientela non sarebbe in grado di permetterselo. Gli osservatori concordano che la guida automatica sarà uno straordinario propulsore della sharing economy. Start-up come Uber, capaci di generare ricavi da capogiro in pochi anni, verranno emulati su larga scala, perché porterà a un importante risparmio sul costo del lavoro. Il (nuovo) tempo libero della guida senza conducente porterà però allo sparizione di posti di lavoro? O meglio: che fine faranno gli autisti di mezzi di linea e di operatori privati? Qui lo studio non contabilizza l’effetto in termini occupazionali, ma la sensazione è che l’avveniristica (e terrificante) analisi dell’università di Oxford secondo la quale il 47% dei lavoratori odierni potrebbe essere automatizzato nei prossimi due decenni, sembra calzare perfettamente a pennello. Presto per dire se ci troveremo di fronte alla cancellazione di un’intera filiera, certo è che l’auto a guida automatica porterà con sé anche la consacrazione definitiva dei veicoli elettrici. Ecco perché potremmo anche giocare comodi alla playstation davanti al volante, ma non dovremo sicuramente dimenticare di ricaricare la vettura prima di un lungo viaggio.

Nell’economia del tempo risparmiato rientra anche il guadagno in fase di parcheggio, incubo di molti alle prese con i centimetri da ricavare dopo infinite manovre perché noi saremo semplici osservatori di mosaici perfetti. Secondo Mc Kinsey ricalibreremo anche la toponomastica. Perchè le aree adibite alla sosta dei veicoli saranno sensibilmente ridotte, addirittura si risparmierà solo negli Stati Uniti circa 5,7 miliardi di metri quadri di suolo urbano. Tempo libero guadagnato anche in fase di manutenzione, perchè l’auto automatica andrà in officina da sola, al netto delle complicazioni riguardanti i pagamenti (qui sarà impossibile non essere presenti con la propria carta di credito). Resta il dubbio sulla responsabilità civile in caso di danni. Presumibilmente i colossi assicurativi, con l’abbattimento degli incidenti, riconvertiranno anche le loro strategie (e i loro massimali). Resta l’interrogativo sulla passività (o l’attività) del tempo. Non saremo più schiavi dell’auto ma dei videogiochi? E se Fromm fosse ancora contemporaneo?

postilla
Vorremmo, come l'autore dell'articolo, partire da una considerazione filosofica: non solo esiste ancora, e sempre, una distinzione tra destra e sinistra, tra conservazione e progresso collettivo, ma si tratta di una distinzione evidente anche nella fantascienza. Anzi, che distingue la fantascienza autentica dalla letteratura di evasione commerciale vagamente fantasy. Sostenevano infatti i critici del genere (in testa il leggendario Theodore Sturgeon) che fare davvero science fiction non potesse significare ambientare una storia in uno scenario artificiale, determinato da qualche genere di fatto tecnologico o ambientale, dove l'azione però si sviluppava secondo canoni del tutto classici. Ovvero, come per esempio succede nei cartoni animati dei Flintstones (gli Antenati) o dei Jetsons (i Pronipoti) girare un telefilm suburbano, dove le villette e i supermercati sono semplicemente fatti di pietra grezza, oppure a reazione atomica. Il vero futurologo racconta le eventuali conseguenze dell'innovazione, guardando davvero avanti, così come in fondo aveva fatto probabilmente anche l'innovatore stesso. L'automobile senza autista, con buona pace dei venditori di videogiochi e assimilati, apre scenari inediti per la mobilità, i produttori, e soprattutto la collettività, intesa sia come cittadini/consumatori che come le istituzioni che li rappresentano. A partire da una considerazione apparentemente banale, che però sfugge a tantissimi: con un mezzo che si muove senza pilota, si potrebbe eliminare in tutto o in parte (con una adeguata programmazione e intervento pubblico) la barriera storica fra mobilità individuale e collettiva. In pratica si potrebbe già oggi pensare a una sorta di fusione tra i sistemi attuali di car sharing e quelli di autobus, magari legandoli allo sviluppo parallelo di una rete di rifornimento da energie rinnovabili, e ovviamente allargando il sistema anche agli insediamenti a non altissima densità, oggi esclusi. Ma bisognerebbe appunto pensarci: alcuni produttori già lo fanno, parlando di progressiva demotorizzazione; lo fa anche qualcun altro? Speriamo proprio di si (f.b.)

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