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Francesco Erbani
La fabbrica del Mose cronaca di un fallimento più volte annunciato
8 Luglio 2014
Libri da leggere
«L’intenzione di Fersuoch è dimostrare che non esiste un’opera buona, il Mose, inquinata dalla corruzione. È il Mose in sé un’opera che non si sa se funzionerà, persino dannosa, bocciata fin dal 1998».

«L’intenzione di Fersuoch è dimostrare che non esiste un’opera buona, il Mose, inquinata dalla corruzione. È il Mose in sé un’opera che non si sa se funzionerà, persino dannosa, bocciata fin dal 1998». La Repubblica, 8 luglio 2014

Nel 2013 sono state 156 le volte in cui le maree, a Venezia, hanno superato di 80 centimetri il livello medio. Dato che le paratoie del Mose si innalzano a quota 110 centimetri, bloccando l’accesso in laguna, per 156 giorni, nel 2013, una parte di Venezia sarebbe stata invasa dall’acqua anche con il Mose. Una parte piccola, ma pur sempre piazza San Marco. È uno dei paradossi denunciati da scienziati, ingegneri, strutturisti e dalle associazioni ambientaliste impegnati da anni, inascoltati, nell’opposizione al Mose, che ora si vorrebbe portare comunque a compimento, nonostante si sia scoperto quanto fosse spinto nel suo cammino dalle tangenti.

Obiezioni, studi, cifre, raffronti internazionali sono raccolti da Lidia Fersuoch, presidente di Italia Nostra veneziana, in un agile, ma documentato libretto
A bocca chiusa. Sipario sul Mose (Corte del Fontego editore). L’intenzione di Fersuoch è dimostrare che non esiste un’opera buona, il Mose, inquinata dalla corruzione. È il Mose in sé un’opera che non si sa se funzionerà, persino dannosa, bocciata fin dal 1998 dalla commissione per la Valutazione d’impatto ambientale, mai smentita da un altro organismo scientifico, affidata in regime di monopolio al Consorzio Venezia Nuova, che badava a tutto, ai progetti, all’esecuzione, e poi, come sta accertando la Procura, all’acquiescenza di tecnici e accademici di varie discipline e alla corruzione di politici, amministratori e funzionari pubblici.

Le criticità addebitate al Mose iniziano dallo sconvolgimento dell’equilibrio lagunare, della dinamica dei flussi e dei riflussi di maree, vitale per l’esistenzadel bacino e per il benessere di Venezia. D’altronde del Mose non è mai stato elaborato un progetto esecutivo, ma solo il preliminare e il definitivo. Le barriere alle bocche di porto, stando alla legge, sarebbero dovute essere realizzate solo dopo altri interventi, che invece non sono mai stati compiuti. Fin dal 1994 si è denunciato il rischio che le paratoie (78 nelle tre bocche di porto, Lido, Malamocco e Chioggia), una volta sollevate e sollecitate dalla marea, oscillassero e lasciassero dei varchi dai quali l’acqua sarebbe passata. Il Mose, quindi, non garantiva una chiusura ermetica.

E ancora: le cerniere che tengono agganciate le paratoie ai cassoni di calcestruzzo (manufatti alti quanto un palazzo di dieci piani), per decisione del Magistrato alle acque, sono saldate e non fuse, come prevedeva il progetto originario. Ma chi in quella struttura sollevò dubbi sui costi e sulla manutenzione fu rimosso da Patrizio Cuccioletta, presidente del Magistrato alle acque, ora agli arresti.

E poi le cerniere sono così costose perché le paratoie si alzano andando contro la corrente. Nel 2005 Vincenzo Di Tella, ingegnere idraulico, dimostrò che si sarebbe potuto invertire il senso delle paratoie, alzandole assecondando la corrente, con un risparmio enorme. Ma la sua soluzione fu bocciata. Da chi? Dal Consorzio e dal Magistrato alle acque. Il libro inanella i passaggi che hanno accompagnato il Mose. E segnala tanti giudizi negativi rimasti senza conseguenze. Come quello di Antonio Mezzera, giudice della Corte dei Conti: la cui relazione, ha accertato la Procura, venne modificata su pressioni del

"A bocca chiusa. Sipario sul Mose", di Lidia Fersuoch ( Corte del Fontego editore, pagg. 36, euro 3)
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