Caro Eddyburg, consenti anche a me di esprimere qualche considerazione sull'intervista del prof. Cervellati sulla sua propensione di voto alle prossime amministrative per il comune di Bologna. L'intervista mi ha indotto a riflettere ancor più sulla situazione nella quale siamo chiamati a scegliere i nostri amministratori (e più in generale i governanti) e sulle relazioni tra la scelta che compiamo e l'impegno che mettiamo nel nostro agire quotidiano. É indubbio che si sia prodotta una crepa profonda tra la ricerca e la proposta culturale di chi, come Cervellati, è portatore per la sua stessa storia personale, e la rappresentanza politica che questa elaborazione doveva raccogliere, far diventare consapevolezza diffusa da parte dei cittadini-elettori, assumere in programma politico e, infine, tradurrre in iniziative e atti di governo. Siamo, oggi, in una situazione confusa e pericolosa nella quale non vi sono più riferimenti politici solidi (direbbe Bauman) e il lungo e appassionato impegno per un uso del territorio sottratto alle logiche mercantili non trova approdi convincenti nel magma di un mercato politico deprimente. Su questo, credo, conveniamo tutti Cervellati e Bandoli compresi.
Quello che non convince nell’ annunciata scelta di Cervellati di sostenere il candidato bolognese della Lega Nord è che il professore mostra di accettare comunque le “condizioni” in cui la scelta si svolge rivestendo la propria decisione di pragmatismo, localismo e, infine, un po' di rassegnazione che gli fa sostenere il meno peggio dell'offerta amministrativa odierna. Pragmatica è l'affermazione che le ideologie si sono dissolte e occorre guardare solo al merito delle proposte.
Sono convinto che le ideologie non sono morte ma che una ha vinto sulle altre. Con la conseguenza che essa può oggi definirsi la “realtà” e mettere fuori gioco le opzioni che non ne accettano i suoi presupposti. Tutti noi sappiamo bene come la vulgata liberista sia pura ideologia abilmente travestita da “realtà fattuale”, indiscutibile. Le conseguenze le vediamo nell'opera sistematica di distruzione dei territorio, dei beni comuni, di tutte le forme di convivenza sulle quali il lavoro di persone come Cervellati si è fondato. Il pragmatismo, in sé, non è un atteggiamento disprezzabile. Anzi, spesso ha consentito di affrontare fasi difficili, passaggi storici critici in cui serviva duttilità per superare momenti di debolezza della nostra lotta per ripartire, subito dopo, con più vigore.
Sono convinto, tuttavia, che il pragmatismo dentro questo quadro politico ci consegna un messaggio sbagliato: ha il sapore dell'arrendevolezza al di là delle intenzioni di chi lo propone.
A me pare un boccone amaro che non siamo costretti ad ingoiare. E anche la riduzione localistica del significato della scelta non contribuisce a depotenziare il valore della rinuncia. Non c'è una distanza tra il 'merito' delle questioni da affrontare sul piano amministrativo e i principi generali secondo una dicotomia tutto sommato accettata anche da Bandoli nel suo intervento pur critico. La chiusura localistica è un modo per delimitare la propria sfera di iniziativa e sfuggire –illusoriamente - alle dimensioni richieste dal problema che si ha di fronte. Non è proprio un economista come Claudio Napoleoni che ci ha insegnato che i problemi, posti a un livello inferiore, non trovano risposta?
Non si può cavarsela guardando i programmi locali (quali poi?) a prescindere dalle azioni condotte da chi li proclama. E non accampo nemmeno le considerazioni di politica generale che già Bandoli ha tirato in ballo riguardo alla Lega Nord. Stiamo pure al ‘merito’ della gestione della città e del territorio. Dov’è la originalità e in che cosa consiste la prospettiva coltivata da questa formazione politica? Non conosco le posizioni del candidato sindaco di Bologna che ha conquistato le simpatie di Cervellati: può darsi pure che sia una degnissima persona con la quale si possa anche intrattenere un dialogo proficuo. Io so che vivo e opero in una terra che della Lega Nord è la culla e non noto alcun esempio di politica del territorio che giustifichi un qualche apprezzamento. La verità è che il nodo della difesa dei valori pubblici non viene nemmeno affrontato da questa formazione e il rapporto con gli interessi che si coagulano e premono sul territorio viene eluso.
Il nervosismo di fronte a certe denunce sulla presenza della criminalità economica al nord - soprattutto nell'uso e gestione delle risorse territoriali - è un segnale importante. Le scelte locali, da queste parti, sono improntate alle più viete riduzioni dell’identità a vernacolo, della tutela e promozione della qualità del territorio a marketing, in un impasto di folclore inventato, sagre da strapaese e soliti (e solidi) riconoscimenti agli interessi diffusi. Fedele proiezione del suo elettorato, la Lega Nord, mostra una gestione minuta e minuziosa di interessi polverizzati con effetti d’insieme di rilevante impatto sulla qualità della pianificazione.
Si potrebbe ragionare a lungo del profilo della politica territoriale leghista ma v’è un altro aspetto della intervista di Cervellati che, secondo me, andrebbe considerato. La delusione e l’amarezza che traspaiono sembrano riflettere la figura di una persona con un lungo e intenso passato di impegno professionale e culturale segnato da un forte ‘collateralismo’ con forze politiche oggi dissolte senza lasciare eredi. É un sentimento che credo appartenga a molti. Ma non vedo come da ciò possa derivare la necessità di reperire, un po' frettolosamente, un altro approdo (anche se solo per tattica elettorale) per dare sbocchi all'impegno, ai progetti, alle speranze che ci animano. Non è indispensabile rassegnarsi al meno peggio, si può anche ‘saltare un giro’ e dedicarsi alla costruzione di qualcosa di nuovo. Il panorama non è poi così desolante a patto che si guardi fuori dai confini dell’attuale offerta politica. Non devo ricordarlo su Eddyburg che ne è la prova vivente ma, oltre il perimetro dei partiti più o meno istituzionali, c’è una galassia di persone che producono idee e progetti straordinari che meritano attenzione, studio ed elaborazione e che sono già ora i germi di un rinnovamento più radicale e convincente. Si potrebbe obbiettare che, purtuttavia, si vota qui e oggi e che anche il voto per un’amministrazione locale può fornire l’occasione per una scelta tattica che può dare qualche frutto. Ma è una illusione che sacrifica un orizzonte più vasto e, certo, anche più impegnativo e rischia di consolidare una fase di risacca gratificando posizioni politiche che non lo meritano.
Concordo con le tue valutazioni. La decisione di Cervellati induce a una riflessione nella quale gli spunti che tu proponi sono parte essenziale. Non solo sul piano dell’analisi dell’effettiva politica del territorio della Lega, e delle ragioni che stanno dietro alle stesse scelte di merito ragionevoli, ma anche su un piano più generale. Mi riferisco alla tua oservazione sul travestimento dell’ideologia in fattualità. La delegittimazione dello stesso termine “ideologia” - cioè della necessaria esistenza di un insieme di principi, convinzioni, valori, interessi comuni a un insieme di persone, e diversi da altri – ha contribuito a costruire un discorso per il quale quegli elementi (principi, convinzioni, valori, interessi) non hanno senso né peso, poichè vale solo “il fatto”, e ciò che è non ha alternative. La consapevolezza dell’esistenza un pensiero corrente quasi egemonico (è condiviso da un blocco che comprende non solo la destra, ma gran parte della sinistra), e l’abbandono della nozione stessa di ideologia, spingemolti a rifugiarsi nell’egoismo della scelta individuale (“contro” quel blocco, e magari alla componente più vicina), anziché sforzarsi nella ricerca di un’alternativa. Eppure ogni ideologia provoca germi di ricerca di un’ideologia opposta, e quindi di una diversa egemonia. Questi germi, nell’Italia di oggi, esistono. Per noi sono la speranza di un domani possibile. Chi la speranza l’ha persa, sceglie altre strade; se è onesto, lo ritroveremo sulla nostra strada.