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«Vedo tanta fame d’Italia» ha dichiarato Matteo Renzi per magnificare i risultati del suo operato e le sue intenzioni per il futuro. E in effetti, non si può negare che molto abbia fatto e si accinga a fare per dar da mangiare agli affamati, che non sono, però, i poveri di cui parlano i gufi che vedono “tanta fame IN Italia”, ma gli investitori ed i gruppi finanziari dei quali si preoccupa di intercettare gli appetiti.
Fame d’Italia
Mentre la lista di fabbriche e di marchi ceduti all’estero continua ad allungarsi, sul fronte immobiliare non ha freni la gigantesca espropriazione ai danni degli italiani, affidata alla Cassa depositi e prestiti e ai vari organismi creati affinché operino come intermediari e facilitatori delle svendite di Stato. Le lussuose brochures pubblicitarie, con le quali promuovono le loro offerte, vengono riprodotte, e sempre favorevolmente commentate, dai principali mezzi di comunicazione.
Tra questi, particolarmente attento è il Sole 24 Ore, che dedica al settore “edilizia e territorio” articoli informati e in totale sintonia con le politiche urbane e territoriali del governo. Per limitarsi a pochi recenti esempi, nel pezzo Il resort nella centrale, dedicato alla riqualificazione delle centrali dell’Enel, si legge che quella di Porto Tolle potrà diventare uno «splendido resort di lusso con un ristorante sulla ciminiera alta 250 metri, più alta dei grattacieli di Milano, dalla quale nelle giornate terse si distingue di là dell’Adriatico il profilo dell’Istria» (10 dicembre 2015). «La città rinasce sui binari dismessi» annuncia con entusiasmo che nelle città italiane c’è «un tesoro nascosto di 6,6 milioni di metri quadri di aree o strutture ferroviarie dismesse pronte alla riqualificazione urbana» (16 dicembre 2015). Il Poligrafico dello Stato diventa un albergo cinese parla del radioso futuro del «bellissimo e gigantesco palazzo in posizione strategica per soggiornare, visitare, fare business nella capitale» (25 novembre 2015). Ma, più che singolarmente, è nel loro insieme che le analisi e le proposte del Sole sono interessanti, perché compongono un quadro unitario che difficilmente si trova nelle riviste d’architettura e d’urbanistica italiane che, spesso, tendono ad appassionarsi di fasulle polemiche estetiche e dei capricci delle archistar. Il quotidiano di Confindustria, invece, si concentra sul rapporto tra uso del suolo e denaro, nei suoi molteplici intrecci e nelle sue molteplici manifestazioni.
Un contributo che bene sintetizza il paradigma interpretativo adottato dal giornale e il modello operativo auspicato per aiutare «il comparto immobiliare ancora alle prese con una crisi lunga e grave, in un contesto in cui la carenza di risorse pubbliche si aggiunge alla paralisi amministrativa e all’ostinazione del popolo dei NO» è Territorio nuova ricchezza d’Italia di Francesco Prisco (5 ottobre 2015). Se il titolo può sembrare una banale ripetizione dell’abusato slogan “cultura petrolio della nazione”, in realtà l’autore ha la giusta consapevolezza che favorire un significativo salto di scala rispetto alla tradizionale speculazione immobiliare sia uno degli obiettivi perseguiti dal governo. Scrive, infatti, che non solo ora la grande sfida è «passare dal modello di valorizzazione dei singoli edifici alla valorizzazione di interi quartieri», ma tale sfida potrà essere vinta grazie allo Sblocca Italia.
Il giornalista non è l’unico a individuare “la chiave di volta per riqualificare interi quartieri” nel combinato disposto dell’articolo 24 («i comuni possono definire i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli e associati, purché individuati in relazione al territorio da valorizzare») e dell’articolo 26 («per contribuire alla stabilità finanziaria nazionale e promuovere iniziative di rivalutazione del patrimonio volte allo sviluppo economico e sociale … si riconosce all’accordo di programma che si occupa del recupero di immobili pubblici non utilizzati il valore di variante urbanistica»).
In un altro articolo dello stesso 5 ottobre, simili considerazioni sono espresse da Alfredo Romeo, potente avvocato e immobiliarista napoletano, presidente dell’omonimo gruppo di “facility management” (gestione integrata dei servizi di complessi edilizi o di vere e proprie parti della città) che tra i suoi molti successi può vantare l’appalto per riscuotere i tributi per i comuni. Nell’intervista, pubblicata con l’eloquente titolo Patrimonio da valorizzare. I beni pubblici vadano a chi ha progetti migliori e offre nuovi servizi, Romeo, condannato, nel 2013, a due anni per corruzione e poi prosciolto in Cassazione, si dichiara convinto che «di fronte al campo d’azione sterminato dei quartieri e delle periferie degradate che non riescono ad esprimere il potenziale valore immobiliare …. tocca a noi operatori fornire proposte».
Il Manifesto di Romeo
Nel 2015 Romeo ha fondato ORP Osservatorio risorsa patrimonio Italia e stilato un Manifesto per diffondere «un nuovo pensiero sulla rigenerazione urbana e sulla gestione dei territori di particolare interesse per i decisori pubblici” che “circola nel mondo del real estate e delle amministrazioni pubbliche e sta raccogliendo adesioni e contributi accademici».
Il Sole 24 Ore ha accolto con favore il progetto (Nasce l’osservatorio risorsa patrimonio Italia per rilanciare gli investimenti nelle città, 29 luglio 2015) e, per divulgarlo, ha organizzato un seminario, “Gestire le città. La risorsa territorio per un new deal italiano”, i cui lavori sono stati moderati dal suo direttore, Roberto Napoletano (La chance della gestione delle città, 27 novembre 2015).
Sul concetto che sia arrivato il momento per «un new deal del real estate», ribadito da Romeo nel suo intervento introduttivo, e sulla vision a cui si ispira il manifesto - «se il comune non riesce a gestire facciamo in modo di coinvolgere il privato» - si sono dichiarati d’accordo tutti i relatori, che rappresentavano i principali attori in grado di influenzare, se non di dettare, le politiche urbane in Italia (Assoimmobiliare, Cresme, Nomisma, Anci, CNR, commissione ambiente e territorio della Camera) nonché il sindaco di Firenze, Dario Nardella e Roberto Reggi, direttore generale dell'Agenzia del Demanio. Quest’ultimo ha spiegato come l’agenzia miri a «promuovere progetti di sviluppo immobiliari, supportando gli enti locali in termini know-how per la realizzazione concreta di tali iniziative grazie al coinvolgimento di investitori». Tra gli oratori figurava anche Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, con una relazione intitolata “Rispetto delle regole o regole da cambiare? Il diritto come motore o freno dell'economia” (Cantone: rilancio appalti solo con regole chiare, 28 novembre 2015).
Unanime è stato il plauso dei partecipanti a proposito degli strumenti individuati da Romeo per dare concretezza alla mission di “valorizzare pezzi di città”: “recuperare risorse, ad esempio, tributi, all’interno di un’area, e usarle all’interno dell’area stessa o creare vantaggi fiscali dove scattano accordi tra cittadini e investitori privati per progetti di riqualificazione … trattare il cambio d’uso non come una concessione burocratica, ma come provvedimento coerente e funzionale allo sviluppo del territorio … far si che la tutela del patrimonio storico e architettonico non significhi interdizione della fruizione”.
Il modello Insula
Al seminario è stata distribuita una pubblicazione delle Edizioni del Sole, Patrimonio Italia. La risorsa, nella quale si illustrano «modelli e prassi per riqualificare e valorizzare città e territori con una moderna partnership pubblico-privato» e si indicano come esempi di best practice l’Expo di Milano e Insula di Napoli. (Valorizzare i territori: i modelli da replicare, 27 novembre 2015).
Anche Insula è una creatura di Romeo, una tappa importante nei suoi complessi e controversi rapporti con il comune di Napoli dal quale aveva ottenuto, nel 1998, la gestione del patrimonio immobiliare, inclusa la manutenzione e la riscossione degli affitti. Nel 2012, alla scadenza del contratto, e non avendo il comune i soldi per pagare i “debiti” con l’imprenditore, Romeo si offrì di riqualificare, in cambio della gestione, il borgo dell’antica dogana, un’area fronte mare accanto al terminal crociere, nella quale sorge il grande albergo che possiede Romeo. Già allora la sua ricetta per riqualificare «un quartiere centrale che versa in condizioni di obsolescenza e per questo non può giovarsi delle sue enormi opportunità turistiche insite nella sua prossimità al centro città» era che le tasse pagate dai residenti di un’area venissero spese per i servizi all’interno della stessa. Il sindaco de Magistris è stato sul punto di accettare l’accordo, ma ha dovuto rinunciare per l’ostilità di gran parte dei cittadini alla privatizzazione, di fatto, di un pezzo di città.
Ora Romeo, oltre a rivendicare il merito di aver anticipato il “baratto fiscale” reso possibile dall’articolo 24 dello Sblocca Italia, ripropone l’intenzione di «intervenire su insule urbane delimitate, con caratteri omogenei o con una identificazione naturale nella percezione dei cittadini ed utenti, usando le entrate fiscali all’interno delle singole aree». Il valore attuale di Insula sarebbe di 390 milioni, ed il suo potenziale 580 milioni. Secondo Romeo, il beneficio economico della riqualificazione non deriverebbe solo dall’aumento del valore patrimoniale, ma da quello delle entrate fiscali che renderebbero l’area “autosufficiente” e in grado di migliorare i servizi dentro i propri confini. E’ una posizione che sembra destinata a vincere, perché ritagliare isole appetibili per gli investitori è la strategia urbana su cui puntano il governo e gli imprenditori che lo fiancheggiano (o viceversa). Anche il Sole approva «il modello insula: dove il quartiere è un condominio» (5 ottobre 2015).