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Paola Somma
Bella gente
16 Maggio 2017
Paola Somma
Ripulire Venezia da poveri, mendicanti, migranti e riempirla di tanta “bella gente”

... (segue)

è il cardine del programma che il sindaco Luigi Brugnaro sta portando a compimento con il plauso delle categorie economiche, in gran parte esentasse, che più se ne avvantaggiano. Da un lato, così, la pubblica amministrazione, che si vanta di aver appena chiuso la moschea ospitata in un edificio di proprietà della comunità musulmana, è impegnata nella eliminazione delle mense per i poveri, nell’adozione di misure speciali contro i mendicanti “aggressivi” e nella spietata demolizione dei rifugi dei senza tetto; dall’altro moltiplica i favori alla cosiddetta industria del turismo e regala sostanziosi incentivi agli sviluppatori immobiliari che stanno distruggendo il territorio lagunare.

Di questa situazione si trova conferma nelle notizie di ogni giorno, ma è con l’inaugurazione della Biennale, che quest’anno rimarrà aperta quasi sette mesi, e lo sbarco delle sue truppe di occupazione, che la città oscena si esibisce nel suoi aspetti più laidi, tra i quali vanno citati, almeno, il padiglione Venezia, le installazioni che invadono e deturpano gli ormai residuali spazi pubblici, inclusa l’acqua del canal Grande, le cene al museo delle grandi firme della moda.

1. Luxus è l’inequivocabile titolo del padiglione che, secondo il sindaco, “rappresenta Venezia e il cuore dei suoi cittadini”. Al suo interno elefanti di cartapesta argentata e sandali rinchiusi in una teca assieme a un pitone (vero) si mischiano a sfilate di boccette di profumo e a lampadari, tra cui uno prodotto dall’azienda vetraria Abate Zanetti, un tempo pubblica ed ora di proprietà di una società dello stesso sindaco.

Il palese conflitto di interessi e l’assenza di artigiani veneziani - l’unico è Giovanni Giusto, capogruppo della Lega in consiglio comunale - hanno suscitato numerose reazioni negative. Ad esempio, il presidente del consorzio Promovetro ha detto: «il padiglione è veramente imbarazzante e danneggia oggettivamente l’immagine dell’artigianato veneziano di qualità che non rappresenta minimamente».

Il sindaco, però, è molto soddisfatto, perché «così si promuove il made in Italy» ed inoltre, il padiglione e «le iniziative dei privati possono corroborare a rafforzare la Biennale, la cui ricchezza per la città è fuori di ogni discussione. Possiamo diffonderla in tutto il centro insulare e a Mestre. Diffondere la Biennale in tutto il territorio è il nostro vero obiettivo».

Concetti simili sono stati ribaditi dal ministro Franceschini, che ha anche colto l’occasione per esprimere la sua contrarietà all’introduzione di limiti all’accesso di turisti. Anzi, ha sottolineato, «questa Biennale avrà grandi numeri e l’Italia deve esserne orgogliosa». Parole mielate per le orecchie del sindaco, i cui collaboratori stanno predisponendo un “libretto di istruzioni” su come visitare Venezia, che comprende “norme sull’abbigliamento”.

2. Non si sa quando tale libretto (pagato con le tasse dei residenti) manifesterà i suoi prodigiosi effetti, ma i grandi numeri auspicati da Brugnaro e Franceschini sembrano un obiettivo già raggiunto.

La stampa locale parla di un “business certamente non inferiore ai trenta milioni di euro, senza contare l’indotto per alberghi, ristoranti e affittanze turistiche” e la mappa con le location della Biennale indica una ulteriore espansione delle posizioni conquistate: chiese, palazzi, magazzini, nonché suolo pubblico e l’acqua, assimilata a plateatico gratuito o usata come basamento su cui collocare grandi oggetti che servono da sfondo ai selfie dei turisti.

Delle due installazioni che gli addetti ai lavori segnalano come “imperdibili”, una consiste in due enormi mani, alte nove metri che sbucano dal canal Grande davanti all’hotel ca' Sagredo a santa Sofia. L’opera inaugurata dal sindaco, che ha concesso il patrocinio del comune, si chiama Support ed è «particolarmente significativa perché da sempre i privati sono quelli che supportano e portano avanti la città. L’idea della sussidiarietà è proprio questa. Iniziative come questa valorizzano Venezia, e soprattutto suscitano l’orgoglio di chi la abita».

Forse il sindaco non è al corrente del curriculum dei recenti proprietari dell’albergo, comprato nel 2008 da Giuseppe Malaspina, un imprenditore calabrese dai trascorsi interessanti. Emigrato in Brianza, nel 1981 era stato condannato per omicidio e poi tornato in libertà, dopo cinque anni, era diventato immobiliarista. In un’intervista del 2008 si era dichiarato interessato a “progetti ambiziosi sulla fascia del turismo di lusso e pronto a valutare altri investimenti nella città lagunare”. Qualcosa, però, non deve aver funzionato, tant’è che, nel 2015, Malaspina risulta indagato per bancarotta fraudolenta ed ora tutte le sue società sono state sciolte.

Al momento la situazione di Cà Sagredo è incerta (donde la ricerca di support?). Si sa solo che, proprio in questi giorni, trattative per la sua gestione sono in corso tra Hilton e Marseglia, una società pugliese “leader mondiale nella lavorazione e nella commercializzazione degli oli vegetali”, che ha diversificato i propri investimenti nei settori immobiliare, turistico e finanziario e che a Venezia ha di recente già acquisito l’Hilton Stucky alla Giudecca.

L’altra installazione è golden tower in campo san Vio, il cui autore per quarant’anni ha sognato di realizzare «un monumento dorato più alto del faro di Alessandria che rappresentasse l'unificazione dell'umanità protesa verso il cielo«. “ Venti metri d’oro da instagrammare al volo!” è la sintetica e appropriata definizione che ne dà un corrispondente delle cronache culturali.

3. Mentre le grandi folle fanno la coda per fotografarsi davanti a queste opere “iconiche”, i padroni, che come è noto hanno buon gusto, preferiscono cenare all’interno di musei veri. L’inserto Cultura (?) del Corriere della Sera dà conto della «lunga gara tra i marchi della moda: Fendi, quest’anno sponsor principale della Biennale (scuola grande di san Rocco), Bulgari (gallerie dell’Accademia), Dolce & Gabbana (palazzo Ducale), Vuitton (museo Correr), Prada a ca’ Corner della Regina e Swatch alla Guggenheim collection» e commenta compiaciuto «ce ne vorrebbe una ogni tre mesi, a Venezia, di settimane così».

Se i dettagli delle cene con l’arte sono ampiamente descritti in tutti i giornali, l’inviata di Vogue è rimasta particolarmente affascinata dallo «spettacolare dinner nella sala Capitolare della scuola grande di san Rocco dove i tavoli di specchio permettevano una immersione totale nell’opera sublime di Tintoretto. Come dire: arte a tutto tondo».

Ma certamente la festa più vistosa è stata quella di Pinault, che ha occupato il sagrato della chiesa di san Giorgio con centinaia di piante di limoni per accogliere al ritmo dei tamburi i suoi mille e trecento invitati. Come racconta ammirata la cronista del Corriere del Veneto, la padrona di casa (da quando san Giorgio è sua?) ha accolto gli ospiti «nei saloni senza tempo della fondazione Cini, con un lusso ostentato nell’addobbo dei tavoli e con il gusto tutto italiano di disporre le quattro mila ostriche, arrivate da Parigi con due camion frigoriferi». La cronista non dice se i suddetti camion hanno poi riportato indietro i gusci delle ostriche o se il mecenate ce li ha regalati.

Comunque, invece di entusiasmarsi di fronte alle volgari manifestazioni di pacchianeria dalle quali siamo circondati, i veneziani non dovrebbero dimenticare che pochi giorni fa un gruppo di bambini è stato multato dai vigili urbani per aver montato un tavolino in un campo in occasione di una “piccola” festa di compleanno. E soprattutto dovrebbero capire che più che l’entità della sanzione pecuniaria, conta il forte e intenzionale messaggio educativo di tale punizione, con la quale le autorità hanno detto ai nostri bambini (i pochi che ancora ci sono) che lo spazio pubblico, per loro, non c’è più.

4. Il clamore pubblicitario che la stampa di complemento ha suscitato attorno al via vai di bella gente che in questa settimana si è esibito durante i riti inaugurali della Biennale - per consegnare i leoni d’oro è appositamente calata da Roma Maria Elena Boschi - è di tale intensità che rischia di distogliere l’attenzione dai grandi affari che alcuni degli sponsor /mecenati stanno perfezionando in laguna.

A questo proposito va ricordato che uno degli sponsor della Biennale 2017 è Coima sgr, società di gestione patrimoniale di fondi di investimento immobiliare per conto di investitori istituzionali italiani e internazionali, che il 9 maggio ha finalizzato gli accordi con il partner britannico London & Regional Properties per la costituzione di un nuovo fondo denominato "Lido di Venezia II" (il "Fondo") a cui è stato apportato il portafoglio alberghiero composto dall'Hotel Excelsior, dall'Hotel Des Bains, da Palazzo Marconi, dalle concessioni sulle spiagge e dai beni ancillari (non meglio definiti) dei due alberghi.

Secondo Manfredi Catella, fondatore e amministratore delegato di Coima «l'accordo rappresenta un primo risultato determinante nell'avvio della riqualificazione del Lido di Venezia, in collaborazione con le istituzioni cittadine e con la comunità, al fine di comporre un progetto turistico culturale che possa affermare la capacità italiana delle istituzioni ed imprenditoriale e contribuire alla competitività del Paese. La rigenerazione del Lido di Venezia può rappresentare un importante progetto pilota nel turismo per l'Italia». Catella non menziona altre iniziative, ma contemporaneamente a questo annuncio sono riprese a circolare voci circa la rinnovata pretesa degli investitori immobiliari di costruire un porto marina nel compendio dell’ospedale al mare e di ulteriori interventi di riqualificazione dell’isola.

In attesa che i relativi progetti vengano esposti l’anno prossimo, quando la Biennale non sarà dedicata all’arte bensì all’architettura, non ci resta che goderci quella che il Sole 24 ore definisce «una mostra ispirata al neo- umanesimo».

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