Con la trasparenza e accessibilità totale dei dati – scelta prima politica che tecnica – si aprirebbero sia le prospettive di smart city che di sviluppo economico per le applicazioni. Articoli di M. Sideri e A. Farkas, Corriere della Sera, 12 maggio 2013
Open Data
di Massimo Sideri
«Open + data»: due termini che stanno entrando nel linguaggio comune, ma la cui pacifica convivenza non è così scontata. Dati e numeri, dunque «informazioni» su qualcuno che in un dato momento e in un dato luogo fa qualcosa, aperti, dunque accessibili liberamente tramite la Rete. Per decenni questi due concetti hanno fatto a botte: il sostantivo informazioni era quasi l'antitesi dell'aggettivo aperte. Pensiamoci. Lo Stato silente. Il segreto di Stato. La Guerra fredda con le sue macchine di spionaggio e controspionaggio in cui nemmeno lo Stato alla fine sapeva cosa fosse vero. Nel film premio Oscar di Florian Henckel von Donnersmarck, «Le vite degli altri», gli abitanti di Berlino Est devono aspettare la fine della Ddr e la caduta del Muro di Berlino per conoscere cosa la Stasi sapesse di loro.
Ma anche venendo all'oggi possiamo trovare mille esempi di un'eterna lotta tra informazioni e loro diffusione. Pensiamo alla potenza, a tratti rivoluzionaria e a tratti distruttiva, di WikiLeaks. Se tutti i dati fossero liberi, accessibili, se le informazioni non fossero anche al centro della forza che definiamo «Potere», non ci sarebbe spazio per Julian Assange. D'altra parte una delle più efficaci definizioni di Potere l'ha data lo storico banchiere di Mediobanca, Enrico Cuccia, dicendo che il bello delle informazioni è tenersele per sé, non darle.
La storia moderna vede contrapporsi uno Stato che annovera tra i suoi compiti la «difesa» del dato e dall'altra il cittadino che non ha quasi il diritto di sapere la verità, almeno non tutta. La filosofia del «meglio che non sappiano» è stata uno dei valori condivisi delle scuole di politica del Novecento. Ora la gara App4Mi, lanciata dal Comune di Milano in collaborazione con Corriere e Rcs, può essere un punto di incontro di buone volontà. Una nave rompighiaccio. L'amministrazione locale che usa la Rete come luogo di trasparenza con i suoi Open data. E lo sviluppatore cittadino che li trasforma in app, rendendoli fruibili e utili dopo averli strappati a una massa accessibile di informazioni che però, se lasciata disordinata, può produrre un fastidioso rumore di fondo.
Molto c'è ancora da fare. Secondo un rapporto presentato al recente Festival del giornalismo di Perugia da il Diritto di sapere e da Access Info Europe con l'esplicativo nome «The Silent State», risulta che nel 77 per cento dei casi di specifiche richieste alla Pubblica amministrazione inviate da giornalisti e blogger le informazioni non sono state fornite (con buona pace del decreto trasparenza). Nel 65 per cento dei casi gli uffici amministrativi non si sono degnati nemmeno di rispondere.
Ma anche dal punto di vista commerciale immaginiamo come stia cambiando il «Potere», anche qui, delle società specializzate in sondaggi e proiezioni con gli Open data e i Big data (per chi non avesse chiara la distinzione possiamo dire che i due concetti-movimenti culturali sono cugini: con Open data si fa riferimento alla massa enorme di informazioni sulla nostra vita in società, dai rifiuti alla mobilità, controllate dai soggetti locali e nazionali della Pubblica amministrazione. Con Big data ci si riferisce invece alle informazioni detenute dal settore privato: banalmente, pensate a tutti i dati sugli accessi a Internet immagazzinati da Microsoft, Cisco, Ibm, Apple, Facebook e Google, oppure a quelle in mano agli operatori telefonici, tanto per fare degli esempi). Ci sarà un momento in cui anche l'Istat, così com'è oggi, diventerà obsoleta.
Ora — a.D. 2013, era della socializzazione di massa e del dibattito infinito sulla Rete — siamo maturi e pronti per sapere. In questo senso quello dei dati aperti ha una natura ambivalente che solo alla fine del percorso si dissolverà: da una parte è una nuova forma di politica, soprattutto locale, una politica di trasparenza per amministrazioni illuminate e moderne di città come New York e Londra ma anche Milano, Firenze, Roma. Dall'altra è un movimento culturale che spinge dal basso, una nuova forma di cittadinanza.
Che però corre il serio rischio di restare una battaglia potenziale, un diritto latente più che un risultato. La massa è nemica della trasparenza, avere accesso a tutto vuole dire in sostanza non sapere nulla. Stiamo parlando di terabyte di dati in continua evoluzione. Fiumi di fogli Excel senza capo né coda.
Ecco che per permettere a questa corrente sotterranea di cambiare le nostre vite quotidiane abbiamo bisogno della forza creatrice degli sviluppatori. La storia di Max Stoller e della sua DontEat.at (vedi nella pagina a fianco) ne è l'emblema pratico. E adesso App4Mi — come gli altri di questo genere che, speriamo, seguiranno — permetterà di trasformare quei papiri digitali di dati in servizi utili sulla mobilità, l'Area C, la raccolta dei rifiuti, la sanità. Creando, punto non secondario, posti di lavoro. L'Unione Europea, in maniera lungimirante e moderna, ha appena risolto l'equivoco: gli Open data possono essere usati per finalità commerciali, per creare imprese, fatto salvo il rispetto della privacy. I dati aperti possono essere una nuova forma di elettricità. Ma gli sviluppatori con le loro idee saranno le (nostre) lampadine.
E Bloomberg sbucciò la Grande Mela
di Alessandra Farkas
Per anni, nel pieno della notte, molti ristoratori della Grande Mela hanno riversato illegalmente tonnellate di olio da cucina usato nelle fognature del loro quartiere, intasando più della metà dei tubi di scarico dell'intera città. Come stanare i colpevoli? Il mistero, degno di uno Sherlock Holmes moderno, è stato svelato dalla Geek Squad messa in piedi dal sindaco di New York Michael Bloomberg nell'Ufficio Municipale di fronte al ponte di Brooklyn.
L'asso nella manica? I cosiddetti Open data: strumenti ormai indispensabili per i geni informatici che hanno compreso come i dati liberamente accessibili a tutti, privi di brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione, oggi sono uno strumento cruciale al servizio delle amministrazioni pubbliche e dei privati cittadini, per risolvere gran parte dei loro problemi e migliorarne la qualità della vita.
Grazie a Bloomberg, New York è oggi la città più digitalizzata del mondo. «La massa sterminata di informazioni che New York ha raccolto sui suoi 8 milioni di abitanti è incredibile», scrive il New York Times, «dal numero degli infarti e degli incendi nei condomini alle denunce per scarafaggi e rumori molesti, dalle auto in sosta vietata agli evasori fiscali, dai voti degli studenti alle preferenze degli anziani nei trasporti pubblici».