Rinasce, grazie al prezioso lavoro della Cineteca nazionale un altro splendido film: dopo la Roma della lotta al fascismo (Roma città aperta, di Rossellini) è la volta della Napoli del comandante Lauro e della speculazione, Le mani sulla città di Rosi: quasi un documentario di un'Italia che è dura a morire. Il manifesto, 25 agosto 2013
Rosi denunciava lo sfascio urbanistico e politico di Napoli, in grande espansione in quegli anni. Non poteva sapere –forse lo intuiva- che la sua opera avrebbe costituito una magistrale, anche se assai inquietante, previsione circa i disastri delle politiche, non solo urbanistiche , che avrebbero segnato tutto il Paese,l’Italia intera, nei cinquantenni successivi. Sfregiandone irrimediabilmente quel volto “illuminato e gentile” colto dai viaggiatori del Gran Tour e che le era valso il soprannome di “Belpaese”.
Nonostante i disastri, i tentativi di riforma urbanistica e di “nuovo regime dei suoli”, portata avanti dal democristiano Fiorentino Sullo con l’appoggio della sinistra socialista e del PCI venne bloccata, segnando addirittura la fine politica dell’ex ministro. Le emergenze ambientali della crescita territoriale portarono ad una serie di provvedimenti normativi, parziali, che nell’arco di un decennio, dal 1967 alla fine dei settanta, avviarono un processo pure timidamente riformista; la legge Ponte-Mancini, sulla scissione tra diritto di proprietà e di superficie, del ‘67; i decreti su zoning e standard, nel ‘68; la legge sulla casa e gli espropri, del ‘71; l’onerosità della concessione a costruire e degli oneri di urbanizzazione, del ‘77; l’avvio dei piani di recupero, del ‘78.
Questa intenzione –ed i modesti tentativi di pianificazione progressista che avevano comportato- venivano frustrati all’alba del decennio successivo da una serie di sentenze della Corte Costituzionale che mettevano in discussione vincoli urbanistici e criteri di esproprio. Annunciavano gli anni ottanta, con la crisi di Welfare state, l’avvio di un ventennio abbondante di iperconsumismo e una sorta di controriforma urbanistica, introdotta dalle sentenze citate e continuata con i tentativi di svuotare le capacità prescrittive dei piani con la cosiddetta “programmazione concertata”, in nome di un “Nuovo”, che invitava a “Fare”, in realtà a consumare senza senso e limiti,anche il territorio. E meno male che di lì a poco esplodeva anche in Italia la “questione ambientale”. In realtà, le criticità urbane e le “mani sul territorio nazionale” non si erano mai interrotte; la rendita speculativa, agraria ed edilizia, diventava industriale, poi commerciale e infrastrutturale,infine finanziaria dettata dal marketing urbano globalizzato:la semplice operazione di trasformazione diventava un affare, con i relativi lavori,più o meno grossi;migliore, se la nuova,anche ipotetica destinazione d’uso,trovava dei potenziali investitori. Neutralizzata la pianificazione efficace, razionalmente basata sulla domanda sociale, la città diffusa pervadeva sempre più i vari ambiti del territorio nazionale: una blobbizzazione cementizia industriale, che cancellava il paesaggio, seppelliva i beni culturali, degradava l’ambiente, deterritorializzava.
.Per “aver fornito un contributo fondamentale alla cultura e alla cultura urbanistica nazionale”, Francesco Rosi qualche anno fa è stato insignito della Laurea ad honorem dal Corso di laurea in Urbanistica dell’Università di Reggio Calabria. È emblematico come –a causa dei tagli e delle controriforme Gelmini/Tremonti/Profumo - oggi, perfino quel Corso di laurea sia stato cancellato (i Corsi di laurea di Urbanistica e Pianificazione peraltro si continuano a tenere in diverse altre sedi). Nonostante le accorate declaratorie e denuncie sulla necessità di svolte radicali nelle politiche ambientali nazionali, il sistema politico decisionale restringe anche ricerca e formazione. Per tutto questo –ha ragione Roberto Saviano- il film resta un capolavoro, “una grande rappresentazione non solo di Napoli,ma dell’Italia, anche di oggi”. Anche se oggi forse Rosi girerebbe gli esterni in Val di Susa e gli interni tra Parlamento e Ministeri.