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Camilla Desideri
La Casa Bianca congela la verità in attesa delle presidenziali
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Camilla Desideri dà una sintesi dei commenti della stampa USA, su Internazionale.it del 2 febbraio 2004.

«Il presidente George W. Bush ha accettato di nominare una commissione indipendente e bipartisan che indaghi sull’attività dei servizi segreti statunitensi in relazione alle armi di distruzione di massa irachene».

«E in questo modo ha implicitamente ammesso che alcune delle sue dichiarazioni prebelliche erano sbagliate», scrive Dana Milbank sul Washington Post. Il comportamento della Casa Bianca potrebbe sembrare contraddittorio, ma alla base c’è una strategia molto precisa: «Bush ha imparato che ammettere in pubblico i propri errori rende più vulnerabili. Invece, scegliere di aprire un’inchiesta e posticipare il suo rapporto al 2005 permette a Washington, in vista delle prossime elezioni, di gettare un’ombra d’incertezza sulle affermazioni di David Kay, capo delle ispezioni per le armi illecite di Bagdad».

Secondo William Raspberry le dichiarazioni di Kay dimostrano che gli Stati Uniti hanno intrapreso una guerra sbagliata adducendo false motivazioni: «Ogni volta che qualcuno lo interroga sull’arsenale iracheno – sostiene sul Washington Post – Bush risponde sempre che il mondo è un posto più sicuro senza Saddam Hussein.

Ma questa non è né una risposta né tantomeno una giustificazione a un’azione violenta. E soprattutto – fa notare Raspberry – il presidente Usa ha sempre sostenuto che il raìs violava le risoluzioni Onu e che le sue armi chimiche erano una seria minaccia per il paese».

L’esistenza o meno di un arsenale nucleare iracheno è un problema di cui si devono occupare soltanto i politici. Ma tutta la questione ha danneggiato in maniera consistente la credibilità della politica estera degli Stati Uniti, e un’inchiesta non è certo sufficiente a risolvere le difficoltà del paese: «L’America non è onnipotente», sottolinea sul quotidiano di Washington Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter.

«È necessario, perciò, che abbia il supporto genuino e sincero degli altri paesi, soprattutto dei suoi più stretti alleati. La fiducia è un ingrediente essenziale del potere e la sua perdita potrebbe incidere a lungo termine sulla sicurezza nazionale».

Per il New York Times una commissione indipendente potrebbe aiutare gli alti funzionari dell’intelligence a superare la crisi: «I servizi segreti – scrive Douglas Jehl – riconoscono che, dopo l’incapacità di prevenire gli attacchi dell’11 settembre e gli errori commessi sulle armi irachene, è necessaria un’indagine più approfondita. L’inchiesta, inoltre, potrebbe avere il vantaggio di sensibilizzare l’attenzione sulla necessità di maggiori finanziamenti».

Oltre che difendere il lavoro dei servizi segreti, il Wall Street Journal sottolinea anche che, all’interno della comunità internazionale, non c’erano disaccordi sul possesso di armi illecite da parte del raìs e la necessità di disarmarlo.

Oltreoceano ci si chiede quali conseguenze avranno le dichiarazioni di Bush in Europa: mentre il Guardian sottolinea l’isolamento di Tony Blair, l’Independent sostiene che per il premier britannico è arrivato il momento di dissociarsi dall’alleato statunitense e cominciare a pensare che, dal prossimo novembre, potrebbe avere a che fare con un presidente democratico.

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