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Eugenio Scalfari
La carta che traccia il destino dell´Europa
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Un'analisi della vicenda della Costituzione europea e dei problemi aperti, da la Repubblica del 20 giugno 2004. In calce, il collegamebto al testo della Costituzione

«CONSAPEVOLI che l´Europa è un continente portatore di civiltà; che i suoi abitanti giunti in ondate successive fin dagli albori dell´umanità vi hanno progressivamente sviluppato i valori che sono alla base dell´umanesimo: uguaglianza degli esseri umani, libertà, rispetto della ragione. Ispirandosi alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell´Europa i cui valori, sempre presenti nel suo patrimonio, hanno ancorato nella vita della società il ruolo centrale della persona, dei suoi diritti inviolabili e inalienabili e il rispetto del diritto. Convinti che l´Europa, ormai riunificata, intende proseguire questo percorso di civiltà, di progresso e di prosperità per il bene di tutti i suoi abitanti, compresi i più deboli e bisognosi. Persuasi che i popoli dell´Europa, pur restando fieri della loro identità e della loro storia nazionale, sono decisi a superare le antiche divisioni e uniti in modo sempre più stretto a forgiare il loro comune destino. Certi che, unita nella diversità, l´Europa offre loro le migliori possibilità di proseguire, nel rispetto dei diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle loro responsabilità nei confronti delle generazioni future e della Terra, la grande avventura che fa di essa uno spazio privilegiato della speranza umana».

Leggetele con attenzione queste poche righe. Esse costituiscono il preambolo della Costituzione europea approvata l´altro ieri sera dal Consiglio dei 25 capi di Stato e di governo all´unanimità. Due anni e mezzo di faticoso lavoro per delineare la figura delle istituzioni, i loro poteri e i loro limiti, il difficilissimo equilibrio tra il peso specifico delle singole nazioni e l´ideale di un federalismo con una testa, una voce, una politica estera, una difesa e una moneta: insomma la governance, il tipo di governo della nuova Unione. Ma pochi giorni per redigere quelle poche righe che sintetizzano la storia, l´identità, i comuni valori e insomma la missione in cui si riconoscono le genti del nostro continente.

La governance è piena di difetti, è barocca, sarà inceppata a ogni passo da veti e contro-veti, sarà ancora più lenta nei processi decisionali di quanto finora non lo sia stata, sarà paralizzata dalla regola dell´unanimità che persiste dopo mezzo secolo di vita comunitaria in materie decisive: la politica estera, quella della difesa, quella della tassazione, quella sociale.

Ma, contrariamente al generale pessimismo sparso a piene mani dai commentatori europei, a me non sembra che i pur evidenti e gravi inceppamenti che costellano la struttura operativa e l´architettura complessiva della Costituzione siano tali da autorizzare il rintocco delle campane a morto che ho letto in tanti giornali italiani ed europei nelle ultime 48 ore.

Tra gli innumerevoli difetti del testo emerge un pregio essenziale: si tratta di una Costituzione "aperta", d´una Costituzione "cantiere", che parte a passo lento e guardingo ma non preclude l´alta velocità né impedisce a chi voglia fin d´ora accelerare il passo di aprire ai più lenti la strada.

Non è dunque nella discutibile e perfettibile governance il tallone d´Achille della Carta fondamentale dell´Europa, anche in virtù di quel breve preambolo che ne riassume e ne esplicita lo spirito e ne rappresenta per tanto il canone ermeneutico del superare gli ostacoli, le resistenze, l´egoismo degli interessi territoriali, nazionalisti, lobbistici.

I padri costituenti europei videro fin dall´inizio il nostro continente come uno spazio ideale, culturale, commerciale, sorretto dai principi della libertà, dell´eguaglianza, della tolleranza, della pace, del progresso civile economico sociale. Questa visione, latente da secoli nelle vene dei popoli europei ma contraddetta continuamente dalle guerre, dai massacri, dalla violenza, dalla cupidigia, ha infine preso il sopravvento dopo la carneficina delle due "guerre civili", quella del 1914-´18 e l´ultima del ?39-´45.

Ciò non significa che il cammino sia ineluttabilmente tracciato, se non altro per il fatto che l´Europa non è certo il solo soggetto del pianeta, né il più forte, né il più popoloso. È tuttavia, anche nel suo stato ancora semilarvale, un oggettivo protagonista. Può rappresentare un modello, comunque un punto di riferimento, un alleato indispensabile, un ideale di cosmopolitismo; infine, l´anima stessa di quella globalizzazione tecnologica che rappresenta la grande promessa ma anche la grande minaccia della nostra modernità.

No, l´ostacolo non è la governance imperfetta ma perfettibile. E tuttavia un ostacolo esiste e - quello sì - è temibilissimo. L´ostacolo è politico. Va individuato con chiarezza e va affrontato sapendo che su quel contrafforte (si può dirlo senza retorica) o si fa l´Europa o si muore.

* * *

Allo stato delle cose, e dopo mezzo secolo dal suo inizio, l´Europa è una Comunità per un quarto federata (o magari per un terzo) e per tre quarti (o due terzi) confederata. Gli organi più vicini a potersi definire federali sono la Commissione, la Banca centrale, la Corte di giustizia; gli organi confederali sono il Consiglio dei capi di Stato e di governo e i Consigli dei ministri di settore. Ma gli organi confederali detengono poteri politici, di indirizzo e di legislazione. Senza il loro contributo attivo gli organi federali sono di fatto paralizzati ad eccezione forse della Banca centrale limitatamente alla politica monetaria strettamente intesa ma espropriata dalla politica del cambio.

Il Parlamento, pur dotato di poteri notevolmente accresciuti proprio dalla Costituzione testé approvata (ma tuttavia ancora inoperante poiché soggetta a ratifica da parte dei Parlamenti nazionali o in alcuni casi da parte di referendum popolari), è piuttosto un organo confederale a causa del sistema elettorale con il quale viene formato. Ogni Stato infatti vota soltanto la quota di parlamentari che gli è stata assegnata dal Trattato: i tedeschi votano i parlamentari tedeschi, gli italiani gli italiani e così via. Dunque non è un vero Parlamento dove i cittadini di una comunità votano i loro membri sulla base di suffragio universale e di appartenenze politiche.

La più urgente riforma da introdurre sarebbe dunque, secondo il mio modesto parere, quella di modificare il modo di elezione introducendo liste e campagne elettorali transnazionali. Nascerebbero così (e solo così possono effettivamente nascere) partiti europei veri e propri, con conseguenze importanti anche sulla composizione delle maggioranze parlamentari nei Parlamenti locali (nazionali). Conseguenza non automatica ma di trascinamento, cosa che attualmente non può avvenire.

È evidente che un vero Parlamento europeo su base transnazionale eserciterebbe i poteri che già ha e ancor di più quelli che potrebbe ottenere, con un´incidenza estremamente più netta e assumerebbe un carattere federale che si proietterebbe sull´intero funzionamento dell´Unione. Credo che a questo compito primario dovrebbero dedicarsi i nuovi membri eletti in tutta Europa il 13 giugno. Questa riforma è infatti preliminare ad un altro aspetto della questione, all´altro ostacolo politico che impedisce all´Ue di progredire, molto di più dei difetti della governance dei quali abbiamo già parlato.

* * *

L´altro ostacolo deriva dal fatto che la politica di parecchi paesi membri è, in parte o addirittura in tutto, eterodiretta. Dagli Usa.

Questi paesi subordinano gli interessi europei a quelli americani. Spesso tali interessi coincidono e allora il problema evidentemente non si pone. Ma talvolta non coincidono. Talaltra sono addirittura contrapposti. Questi casi avvengono tanto più spesso quanto più l´Europa tenta di procedere verso il suo sviluppo unitario.

Se gli Usa fossero ancora una confederazione e le nazioni europee fossero ancora punti di forza mondiali, sarebbe come se la Francia avesse come alleato preferenziale lo Stato della Louisiana, la Gran Bretagna il Massachusetts e gli altri Stati della costa orientale, la Spagna il Nuovo Messico e il Texas.

Qualche cosa di simile accade oggi quando Gran Bretagna, Italia, Olanda e le new entry dell´Est europeo si considerano molto più strettamente legate agli Usa di quanto non lo siano alla stessa Comunità europea della quale fanno parte.

È chiaro che il protrarsi e l´aggravarsi di questa spaccatura politica paralizza l´evoluzione dell´Ue. Se n´è avuta una prova nella difesa ad oltranza della regola dell´unanimità da parte della Gran Bretagna su materie essenziali come la politica estera e la difesa comune.

Bisogna essere molto chiari su questa questione. L´ho già scritto in numerose occasioni ma il tema è troppo importante per non riproporlo: la crescita dell´Europa implica un chiarimento di fondo con il governo di Londra.

Nessuno ignora l´importanza della presenza inglese nel contesto europeo, ma nessuno dovrebbe volerla e patrocinarla ad ogni costo, anche quando quella presenza equivale alla paralisi del disegno europeo.

Discutendo due giorni fa del presidente della Commissione di Bruxelles da eleggere al posto di Prodi, Blair ha apostrofato Chirac e Schroeder con la seguente frase: «Non crediate di esser voi due i padroni d´Europa».

Affermazione ineccepibile, che ciascuna delegazione presente a Bruxelles avrebbe potuto far propria, ma che si può e si deve ritorcere ad egual titolo nei confronti di Blair.

Il caso inglese del resto contiene un´anomalia che varrà la pena di esaminare accuratamente nel prossimo futuro. La Gran Bretagna non fa parte dell´eurogruppo, non ha accettato la moneta comune, è rimasta e rimane ferma sulla sua sterlina. La situazione sarebbe accettabile perché fa parte di quelle collaborazioni rafforzate che la nuova Costituzione ha ora formalmente autorizzato e di cui l´euro è stato finora l´esempio più vistoso. Ma l´anomalia consiste nel fatto che la Gran Bretagna partecipa e vota in sede Ecofin su questioni che riguardano esclusivamente o principalmente la moneta comune e l´area e gli interessi dei paesi in cui essa circola. E´ evidente che questa situazione non può durare all´infinito, sicché sembra venuto il momento di porre al governo di Londra una qualche scadenza entro la quale debba ragionevolmente decidere se entrare nell´euro o rinunciarvi definitivamente, ridimensionando di conseguenza la sua partecipazione alle decisioni che riguardano quella moneta.

È lecito prevedere che la regola dell´unanimità sulle questioni di politica estera sarà usata da Londra per impedire qualunque decisione sgradita a Washington. Stessa posizione sarà assunta dal governo italiano, almeno fino a quando sarà guidato dal nostro attuale "premier". Conseguenza: la libera scelta e la libera e unitaria voce dell´Europa hanno come spazio di manovra possibile soltanto quello di consentire con le decisioni di Washington oppure di non esistere.

Riflettano coloro che si disperano per l´assenza dell´Europa dai grandi temi internazionali. Potremmo dire che la stessa assenza si osserva per quanto riguarda i Laender della Renania o della Sassonia oppure la Scozia o il Vermont e la Florida. Nessuna di queste entità ha voce in materia di politica internazionale, così come non ce l´ha l´Europa in quanto tale se non accetta di farsi rappresentare dal dipartimento di Stato americano o dal Pentagono.

Eppure una differenza c´è ed è a svantaggio ulteriore dell´Europa: i cittadini del Vermont e della Florida, come quelli della Renania o del distretto di Amburgo, votano per l´elezione dei rispettivi parlamenti federali e nel caso degli Usa per l´elezione del presidente. L´Europa no, non vota per l´elezione del capo dell´impero. Obbedisce, se vuole; rinuncia ad esistere come voce unitaria se dissente; ma in ogni caso non vota, non può scegliere tra Bush e Kerry.

Questo è l´ostacolo politico che sta di fronte a noi europei e che c´impedisce d´avere un corretto e solido rapporto d´amicizia con la democrazia americana conservando la nostra autonomia e dignità di cittadini europei.

Finché questo ostacolo non sarà rimosso la Costituzione europea, buona, cattiva, perfettibile che sia, resterà un pezzo di carta straccia o poco più.

Il testo della nuova Costituzione europea (in inglese)

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