Con un'impegnata intervista al Corriere Maurizio Sacconi lancia la campagna d'autunno del governo. Il ministro del welfare disegna il suo modello sociale che propone ai colleghi di esecutivo e ai sindacati «complici», firmatari dell'accordo sulla (contro)riforma dei contratti. Infine, invia un messaggio ultimativo alla Cgil.
Di che modello sociale si tratta? Dalle parole del ministro emerge un sistema di relazioni incentrate sull'esaltazione della competitività e sulla liquidazione di ogni forma di solidarietà generale tra i lavoratori e tra le generazioni. Primo, si ribadisce lo svuotamento dei contratti nazionali di categoria, rinviando ogni forma di simulata contrattazione al secondo livello. Secondo livello che - sotto i colpi della crisi, in un paese segnato dalla frantumazione del sistema industriale in piccole e piccolissime aziende e con un Mezzogiorno in cui i contratti aziendali sono inesistenti - è solo un lusso per pochi. Secondo, con una truffaldina mossa del cavallo il ministro boccia le gabbie salariali di Bossi (tanto ci sono già, sia per i lavoratori che per i pensionati) ma le ripropone in termini, se possibile, ancor peggiori: salari differenziati decentrando i contratti, definiti dalle parti sociali sulla base del costo della vita e della produttività. Siccome, dice Sacconi, non siamo tutti uguali, bisogna differenziare, cioè dividere. Terzo, che ne facciamo di chi resta indietro, di chi perde il lavoro o guadagna poco perché è meno «competitivo», di chi non ha accesso a sostegni e solidarietà? Presto detto: garantiamo a questi pezzenti un welfare caritatevole basato sul «dono», fino a usare il termine stesso di «carità». Si chiama sussidiarietà per nascondere un progetto fondato sullo svuotamento del welfare pubblico, sostituito da assicurazioni private (contrattate tra le parti sociali complici) su salute e previdenza, accompagnate o sostituite da donazioni caritatevoli da parte di chi più ha. Una strage dei diritti, sostituiti dalle donazioni dei ricchi di buona volontà. Le disuguaglianze non sono un effetto collaterale delle politiche economiche, ne sono un elemento costitutivo.
Sacconi ha origini socialiste, pensa di essere di sinistra e ha a cuore bisogni e tutele dei meno fortunati. Dice che il suo governo metterà al centro il «capitale umano». Come? Difendendo il valore della vita. Ed eccoci alla bioetica e all'etica senza bio, con cui Sacconi, dopo essersi presentato come mediatore tra la Lega e le parti sociali amiche, tenta di lusingare le gerarchie vaticane. Fino a pretendere, sempre in difesa della vita, l'alimentazione forzata.
Sacconi ha già raccolto gli applausi di due sindacati su tre. La Cgil si accomodi, o tolga il disturbo. Non è solo un modello sindacale in gioco ma quel che resta della nostra storia sociale, politica e culturale. Riguarda tutti e chiede una risposta forte, all'altezza della campagna d'autunno del governo.