Uno stralcio del libro postumo «Italia sì Italia no» di Margherita Hack che esce martedì in libreria, a testimonianza dell'impegno civile della scienziata recentemente scomparsa.
L'Unità, 19 ottobre 2013
Vorrei un’Italia moderna
Chi ama l'Italia dovrebbe essere obiettivo e critico, riconoscerne i difetti ma anche i pregi. Cerchiamo perciò di passare in rassegna cosa funziona in questa nostra azienda Italia e cosa no, e come si potrebbe intervenire per renderla più vivibile e accogliente per tutti. E il modo più giusto e più chiaro per iniziare a parlare di questa nostra Italia è riferirsi alla Costituzione che continua a indicarci la via da percorrere. Passeremo in rassegna i principali articoli della prima parte della Costituzione, ossia i princìpi fondamentali. Si discute da tempo della necessità di riforme che la rendano più agile. È irritante leggere sui giornali dell’urgente necessità di queste riforme, senza che mai o quasi mai si spieghi in cosa consistano e il perché della loro urgenza. Esse riguarderebbero l’ordinamento della Repubblica e il suo funzionamento. Per esempio, le leggi le fa il Parlamento, devono essere approvate da Camera e Senato in forma identica.
Questo per evitare colpi da mano dall’una o dall’altra parte, a cui poteva essere particolarmente sensibile un paese appena uscito da una dittatura, ma in pratica oggi può avere anche l’effetto di rallentare e persino impedire l’approvazione di una legge, apportando piccole insignificanti modifiche, così da rimandarla avanti e indietro, da una Camera all’altra per la difesa di piccoli particolari interessi. Nient’altro che una gran perdita di tempo. È necessaria una migliore preparazione scientifica delle classi dirigenti: consideriamo l’assurdo della condanna a 6 anni dei geologi che non hanno previsto, e non potevano prevederlo, il terremoto dell’Aquila.
Casomai erano da condannare gli architetti che potevano costruire tenendo conto del rischio di terremoti, soprattutto in una zona tanto soggetta a eventi sismici. La scarsa importanza data alla ricerca dipende anche dalla scarsa cultura di chi ci governa. Tagli alle università, agli enti di ricerca, stipendi vergognosamente bassi dei docenti di scuola elementare e media e dei ricercatori se si confrontano con i guadagni astronomici di politici, giocatori di calcio, cantanti, presentatori televisivi. Tutti fatti che stanno ad indicare in quanta poca considerazione è tenuta la cultura dalla maggioranza degli italiani.
Non vorrei le panchine negate
Mancanza di cultura vuol dire anche paura e rifiuto del diverso, non capire quanto invece possa arricchirci la conoscenza di abitudini e costumi diversi, come maggiore cultura vuol dire anche maggiore apertura e solidarietà verso l’altro. Uno splendido esempio d’inciviltà ce lo ha dato la Lega. Durante la permanenza al governo, la Lega con il sentimento di fratellanza verso gli immigrati che la contraddistingue ha fatto togliere – dove ha potuto – le panchine dalle stazioni ferroviarie, dai giardini pubblici ecc. perché non possano sdraiarsi per dormire i senza tetto.
Vorrei una vera democrazia
L’Italia che vorrei? Quella disegnata dalla nostra Costituzione, in parte attuata quasi subito, in parte dopo molti anni e in parte non ancora. Il significato della nostra Costituzione fu illustrato da Piero Calamandrei in un discorso rivolto agli studenti nel 1955 e riportato qui sotto perché altri studenti e tutti i cittadini di oggi ne comprendano la profonda moralità. Ma la madre della nostra Costituzione è nata ad Atene più di 25 secoli fa e da Pericle fu illustrata ai cittadini (...)
Vorrei più fervore
Sono novantenne, ho avuto la fortuna di nascere e traversare quasi un intero secolo. Un secolo speciale in cui si sono avuti più cambiamenti che nei cinquanta secoli in cui sono cresciute e si sono sviluppate le civiltà cinesi, fenice, egizie, fino alla grande civiltà greca, radice della moderna Europa. Ancora all’inizio dell’Ottocento il mezzo di trasporto era il carro o la carrozza trainati da animali. Le prime ferrovie risalgono al 1830, e in Italia le prime sono state a Napoli, che ha anche avuto la prima metropolitana. Infatti, contrariamente a quanto si pensa, il governo dei Borboni fu moderno e innovativo. Ai primi del Novecento Giosuè Carducci nella poesia Davanti San Guido scrive «ansimando fuggía la vaporiera» e ripenso ai fochisti tutti neri di carbone e seminudi davanti alla fornace della locomotiva che alimentavano continuamente. Mi viene il dubbio: ma li ho visti davvero da bambina o me lo immagino? E intanto la Freccia Rossa scivola silenziosa sui binari paralleli all’autostrada, appare e scompare in un attimo lasciandosi indietro le macchine che viaggiano a 150 km/ora.
Non vorrei Berlusconi
Abbiamo avuto «mani pulite» a cancellare il binomio Dc-Pci poi sostituito con il peggior periodo dal punto di vista della moralità pubblica, del rispetto delle leggi, del senso dello stato che ha fatto dell’Italia un paese da operetta e riempito il parlamento d’indagati e incompetenti, scodinzolanti davanti a quel fenomeno da avanspettacolo che è stato (e che è ancora oggi) Berlusconi.
Non vorrei tanti sprechi
È opportuno ricordare i disastri e lo sperpero di denaro pubblico per puri fini propagandistici. Per esempio, i costi per attrezzare il convegno del G8 alla Maddalena e poi decidere di trasferirlo invece all’Aquila, appena uscita da un devastante terremoto, e assegnare in pompa magna ai terremotati casette di compensato, tralasciando invece la ricostruzione, che è ancora lontana. Altro bell’affare è stata la proposta del ponte sullo stretto di Messina, che probabilmente non si farà mai, non solo per i costi ma per la pericolosità, poggiato com’è su una zona altamente sismica. Però studi e progetti sono stati fatti e bisogna pagarli. (...) Oggi, che una profonda crisi economica ha colpito il mondo occidentale, e al governo dell’Italia, dopo che erano state provvisoriamente chiamate in aiuto persone serie (il solito governo tecnico), ora c’è una «strana» coalizione, cosa possiamo aspettarci? Anche se senza la bacchetta magica, e con una colorazione piuttosto destrorsa, com’è oggi l’Italia? È vero che c’è una miseria crescente? O forse ci eravamo abituati a vivere al di sopra delle nostre possibilità.