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Furio Colombo
Italia, paura e speranza
17 Agosto 2005
Articoli del 2004
Una violenta polemica ha contrapposto un’ala dei DS al direttore de l’Unità. L’editoriale del 5 dicembre 2004 tenta di ricondurre la discussione al merito della questione. In calce il collegamento all’articolo che ha aperto la polemica, ad alcuni interventi contrari e a un’articolo di Rossana Rossanda sullo stesso argomento

Per spiegare a me stesso e ai lettori il tormento che ha investito questo giornale e il suo direttore come un tifone filippino dopo l’articolo “Con chi parlo?” della scorsa settimana, cerco una metafora semplice che mi salva dal tornare indietro, e ci fa fare, forse, un piccolo passo avanti. Parlo della mia capacità di chiarire e di farmi capire, restando, se ci riesco, un po’ fuori dalla inondazione.

In cerca della metafora, ricorrerò ai film americani di guerra. Che sorpresa è stata per noi, ragazzini al tempo della Liberazione, scoprire dai film democratici americani, che, di fronte al pericolo, i soldati americani, quei soldati che alla fine avevano vinto e ci avevano liberato, avevano paura. In quei film esemplari veniva detto loro di non nascondere la paura. Veniva ripetuto che avere paura è umano, è giusto e che la finzione di fredda ed estranea pacatezza mentre intorno a te succede quel che succede è una finzione dannosa, rischiosa, inutile.

Ecco, questa è la faglia misteriosa che sembra essersi formata nel terreno su cui poggia i piedi il popolo della sinistra e della opposizione. Tutti vedono la spaventosa (ripeto: spaventosa) sequenza di eventi che stanno travolgendo il nostro Paese. La completa paralisi della economia non colpisce più solo i portafogli, ma i sentimenti dei cittadini, fino a creare un clima di depressione e di panico. La Giustizia è soggetta a un tentativo di massacro. Se quel tentativo riesce, semplicemente non ci saranno più resti di garanzia democratica per i giudici e per i cittadini, in Italia. L’informazione è controllata al punto da disporre anche di giornali “di sinistra”, rigorosamente in linea con i loro omologhi di destra nel martellare solo dentro le linee della opposizione. E questa è certo l'ultima conquista, dopo il controllo completo, ripetutamente denunciato in tutta Europa, della Tv di Stato e di quella privata in Italia.

Ogni impressione di sicurezza si è polverizzata in una Italia travolta dalle guerre di mafia e camorra, mentre le norme del ministro Castelli impediscono ai procuratori di indagare, ai giudici di intervenire. E le Forze dell’ordine non hanno auto e benzina perché il bizzarro primo ministro che fa ridere il mondo (ma per l’Italia è la minaccia più grave dal 1945) vuole annunciare il finto taglio delle tasse come monumento in onore di se stesso.

La faglia, di origine così misteriosa che a volte produce sussulti e tumulti senza che a prima vista se ne possa cogliere la ragione, divide alcuni di noi che vedono il pericolo e lo denunciano perché non si vergognano di avere paura per la democrazia italiana. E altri di noi che assistono infastiditi dal disturbo. Non tanto il disturbo delle leggi vergogna e della distruzione della Giustizia (certo, pacatamente descritte come cattive decisioni) quanto il fastidio verso coloro che si agitano e denunciano e hanno davvero paura di vivere in un contenitore senza finestre in cui la circolazione della libera informazione è quasi completamente impedita.

Personalmente vengo sempre colto di sorpresa dalla serenità distaccata di coloro che non condividono l’allarme e respingono con sdegno parole comuni per descriverlo. Tanto più che la maggior parte degli argomenti e prove della nostra paura non vengono da elucubrazioni solitarie. Sono tratte dalla stampa europea, dal parlamento europeo e da ciò che pensano e dicono dell’Italia la maggior parte dei politologi del mondo libero.

Giudizi identici a quelli che a questo giornale vengono rimproverati come eccessivi, e frutto di scarso giudizio e di un dannoso modo di fare politica, appaiono regolarmente su El Paìs, su The Economist, sulla principale stampa inglese e americana. Sono regolare motivo di derisione e di allarme nei convegni internazionali. Dobbiamo prendere atto di questa faglia. Noi non diciamo che chi non prova paura, vera paura verso questo stato di cose è peggiore o indegno o non è politicamente impegnato nel modo che il momento richiede. Non ne abbiamo né il titolo né il diritto. Diciamo, in modo sincero, che non riusciamo a capire. Sosteniamo di non avere visto mai niente di peggio nella vita pubblica italiana o di alcun altro Paese democratico. Temiamo che il danno sia gravissimo, ci domandiamo se sia reversibile. Siamo talmente convinti della gravità di quel che sta succedendo e di ciò che sta per succedere, mentre Berlusconi si accinge ad abolire ogni traccia di “par condicio” e a cambiare la legge elettorale (tipici atti di progressivo soffocamento delle residue libertà, si ricordino le “leggi speciali” di Mussolini) che ci dichiariamo pronti a sostenere qualunque forma utile di unione e di aggregazione, siamo pronti a dimenticare qualunque insulto senza alcuna pretesa che ci sia data ragione. Purché si agisca insieme per arginare e poi per rigettare questo stato di cose. Che cosa hanno gli ucraini più di noi per essere capaci di tanto sdegno e di tanta mobilitazione quando vedono e denunciano l’imbroglio che li sta privando della libertà?

***

Non ci si spiega mai abbastanza. E allora proviamo a rivisitare alcuni luoghi dolorosi e paurosi della nostra vita italiana sotto Berlusconi. Non per persuadere, ma per ripetere a noi stessi le ragioni di paura, di angoscia e di allarme. E’ impossibile che non siano gravemente allarmanti le condizioni di un Paese normale, civile, democratico, in cui i cittadini, tutti, rifiutano di fare acquisti, una collettività è colta da uno stato di stupore, rischio e panico. Mentre il governo saltella fra i suoi rimpasti e la sua carnevalesca riduzione delle tasse, sostenuto però da continue e clamorose falsificazioni mediatiche, c’è da domandarsi se ci si trovi di fronte a un fallimento (”soltanto” un fallimento, verrebbe voglia di dire) di un governo incapace. O a una trama di impossessamento di un Paese stordito e stremato. «Agli italiani il futuro fa paura» dice il Censis nella sua ultima relazione. Ammoniva Ilvo Diamanti, nella sua periodica valutazione delle condizioni italiane, sula Repubblica di domenica scorsa: «In un sistema maggioritario personalizzato come il nostro, le lezioni tendono a riassumersi in un referendum pro o contro chi governa. E allora chi, nel centro destra, sarà disposto a farsi giudicare in base allo stato dell’economia, dei servizi, del costo e della qualità della vita?». Per questo, spiega Diamanti, Berlusconi passa all’opposizione. Paradossalmente opposizione a se stesso. Con il suo attivismo e il suo controllo totale della comunicazione, si mostra anti-sistema. Lo fa con un taglio finto ma celebrato delle tasse, con scosse furibonde di attacco, di disprezzo, di antagonismo verso le istituzioni del Paese che governa. E’ un espediente populista che ha già dato i suoi frutti nei momenti peggiori della storia contemporanea.

E’ impossibile che si considerino normali le condizioni di un Paese in cui viene descritta come “riforma della Giustizia” una serie di misure umilianti e vendicative contro i magistrati, per la evidente unica colpa di cui si sono macchiati di fronte a questo governo e alla sua maggioranza da Bielorussia: non si sono piegati e - come dimostra il processo di Milano - hanno continuato a fare i giudici. E’ impossibile non vedere la gogna delle “prove psicologiche di attitudine” previste dalla legge Castelli. Chi, come, in che modo, con quali modalità scientifiche, con quale attendibilità, potrà svolgere la funzione di “giudice dei giudici” senza cadere in un ruolo paleo-sovietico o nella penosa irrisione del lavoro e della dignità dei magistrati? Sarà difficile per molti elettori del centro destra, capire perché un uomo di apparente moralità e buon senso come Follini abbia entusiasticamente votato, con tutti i suoi, una simile legge. A meno che lo abbia fatto in cambio del vice-premierato. O meglio sarebbe impossibile se non si ritornasse - secondo il suggerimento di Diamanti - al progetto di “rivoluzione” dentro il proprio schieramento, la propria area, il proprio governo, che Berlusconi sta iniziando con foga e furore , gettando in aria ogni rispettabile convenzione fra governanti e istituzioni. Non c’è dubbio, una marcia è iniziata, con bravura strategica, dopo avere consolidato il potere burocratico (come dimostra l’obbedienza del ministro tecnico Siniscalco), quello delle comunicazioni (dopo la legge Gasparri) quello di auto-celebrazione, che è ormai pratica costante ossequiosamente osservata a tutti i livelli e in tutti i campi. Dopo i continui tentativi di frattura con l’Europa che mira ad allontanarci, con il pretesto di Maastricht e della distruzione delle sue regole, dalla restante garanzia di diritti civili che l’Unione Europea estende ancora ai cittadini italiani.

Nel paese della illegalità di governo era fatale che tutte le forme di criminalità avessero un trasalimento di attività e di efficienza.

Ma se da un lato getta allarme nel Paese la sequenza napoletana di dieci morti in dieci giorni dall’altro la storia della “taglia” richiesta dal ministro leghista Calderoli per catturare due assassini del Nord non racconta solo la storia della barbara rozzezza leghista (si pensi all’immagine dell’Italia nel mondo provocata dalla frase «nessuno tocchi un padano»). Racconta anche di un nuovo fenomeno di omertà al Nord. Racconta di gente che non parla, in regioni in cui il problema dell’omertà non era mai esistito. Racconta di isolamento e solitudine in zone senza tradizione criminale. Ci racconta di gente del posto che protegge gente del posto, mentre persone per bene vengono uccise e la nuova omertà rende impossibili le indagini. Altra brutta storia, altro segnale di allarme, altra ragione di panico. Perché ognuna di queste tetre immagini italiane è legata all’altra. E’ il mondo di Berlusconi che richiede una vigorosa rivolta politica. E’ la rivolta annunciata dei berlusconiani contro l’Italia. Per questo il premier ha riunito e salutato alla Camera la sua nuova falange di giovani, la “guardia azzurra”, “a cui non mancheranno risorse finanziarie”, assicura il capo. Sberleffo al Parlamento e aperta sfida del premier che dice: «Noi tireremo diritto».

Nel momento in cui si tenta di sigillare l’opposizione nell’acquario di Tg costantemente drogati, in continua esaltazione del premier, in trasmissioni con le tabelle false e truccate e di parte, come nel Porta a Porta dedicato al falso taglio delle tasse, è ragionevole, è utile, a chi, perché, fare esercizi di indifferenza e montare il salotto del finto anglosassone?

Nella sua intervista di sabato a questo giornale, il segretario Ds Fassino ci dice, a me sembra con chiarezza, che ci sono situazioni in cui è giusto avere paura. E dichiarare che ciò che accade adesso in Italia nel Parlamento, nelle piazze, alla televisione, è inaccettabile. Soltanto se si ha il senso della gravità di ciò che sta accadendo si può avere il coraggio di non rinunciare. E si può raccogliere forza intorno al progetto (sono parole di Prodi) di “resuscitare l’Italia”.

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