«In Bretagna, tra i comitati stile No Tav che da anni bloccano il progetto del nuovo aeroporto. E la rivolta dilaga dove soffia il vento radicale “In Francia stop opere inutili”». la Repubblica, 1° aprile 2017 (c.m.c.)
Notre-Dame-des-Landes.«Insorgere è nostro dovere». Julien Durand è sulle barricate, anzi in mezzo a un “parco di bastoni”, migliaia di ceppi issati come una frontiera invalicabile a protezione della “Zone à défendre”. «La rivolta ce l’ho nel sangue» spiega l’agricoltore settantenne. «Durante la guerra, mio padre è scappato sei volte dai campi di prigionia » ricorda Durand, giubbotto di pelle e jeans, aria da eterno ragazzo. Il portavoce dell’Acipa, l’associazione che da anni lotta contro la costruzione dell’aeroporto a Nord di Nantes, ha il suo quartier generale in un piccolo capannone. «Basta con lo spreco delle terre e del denaro pubblico » è scritto su un cartello.
La protesta di Notre-Dame- des-Landes ha illustri precedenti. Negli anni Settanta anarchici, contadini, attivisti di estrema sinistra avevano dato battaglia contro l’allargamento di una base militare sull’altipiano del Larzac. Julien il ribelle, ovviamente, c’era. Il presidente socialista François Mitterrand aveva dovuto cedere e rinunciare al progetto. Già allora circolava l’ipotesi di inaugurare un nuovo scalo in Bretagna per far decollare il Concorde direttamente sopra all’Atlantico. Non se ne fece nulla. L’aereo supersonico è vissuto e morto nella prima estate del ventunesimo secolo, sempre a Roissy.
Eppure nel momento in cui si celebrava l’addio all’avventura del Concorde tornava l’idea di un nuovo aeroporto vicino a Nantes per sviluppare economia e turismo sulla costa Ovest. Il progetto è avanzato, con un costo di 500 milioni di euro, la gara d’appalto vinta nel 2008 dal gruppo Vinci e il via libera alle procedure di esproprio.
«Togliere la terra a un contadino è come chiudere una fabbrica per un operaio» commenta Durand che ha nel suo ufficio un manifesto di Jean-Luc Mélenchon, il leader di estrema sinistra candidato alle presidenziali. «Mi piace più il suo programma che il personaggio » commenta l’agricoltore “insoumis”, indomito, il nome di militanti del movimento di Mélenchon, “La France Insoumise”. Nessuno immaginava in quel momento che la landa desolata e paludosa a cinquanta chilometri da Nantes si sarebbe trasformata nella roccaforte degli irriducibili, con l’invenzione del nuovo concetto di “Zad”, replicato in altre parti del Paese. Da allora, decine di cantieri sono occupati da attivisti ostili a quelle che definiscono “Grandi opere inutili”.
Esiste ormai un Tour de France delle Zad, che va da Bure, in Lorena, dove dovrebbe sorgere un centro industriale per il stoccaggio dei rifiuti radioattivi, fino a Roissy, dove è previsto EuropaCity, il più grande centro commerciale del Paese, continuando al confine con il Belgio, dove c’è l’allevamento gigante “1000 vaches” accusato di distruggere le piccole aziende agricole.
Soffia un vento radicale sulla Francia. Al primo turno delle presidenziali, il 23 aprile, Mélenchon potrebbe superare Benoît Hamon che pure rappresenta la corrente più radicale del partito socialista. La Bretagna è da sempre una terra rossa. «A sinistra c’è una lunga tradizione di estremi » ricorda Thierry Pech, direttore associazione Terra Nova e autore del saggio Insoumissions portrait de la France qui vient.
«La vera novità - continua - sono le nuove forme di radicalismo a destra, con elettori che contestano il sistema politico, chiedono non più autonomia e libertà, ma più ordine, autorità, più chiusura, oggi sono questi gli irriducibili che dominano la scena». Il risultato è quello che Pech definisce «voti insurrezionali», dal Brexit all’elezione di Trump negli Stati Uniti alle presidenziali dove i due principali partiti di governo potrebbero essere spazzati via dal ballottaggio. «Ci sono masse di elettori che esprimono nell’urna la voglia di cancellare l’attuale sistema politico, cambiare le regole del gioco, senza poter tuttavia esprimere un’alternativa». È una spinta rivoluzionaria molto particolare, conclude il direttore di Terra Nova, perché ha interpreti, come i populisti, ma non pensatori, teorici: nessuno ha trovato un Montesquieu, un Rousseau, che possa dare forma e sostanza alla spinta insurrezionale che si propaga in Occidente.
Tra i “zadistes”, gli squatter che hanno occupato ruderi, costruito capanne, la priorità sembra l’insurrezione più del voto. «La prossima elezione? La nostra è un’esperienza di autonomia politica » dice un portavoce che, come tutti qui, si fa chiamare “Camille” per mantenere l’anonimato. La fattoria Vache qui Rit, la mucca che ride, è il punto di ritrovo della piccola comunità di duecento persone tra ruderi, baracche e roulotte su 1600 ettari attraversati da una strada provinciale ormai chiusa, su cui dovrebbero passare le due piste di atterraggio. Nel posto dov’è prevista la torre di controllo dell’aeroporto “Grand Ouest”, adesso c’è un spaccio alimentare, senza cassa, vige il baratto. La sera si svolgono le assemblee, una o due volte a settimana, con un’“autogestione orizzontale”.
Notre-Dame- des-Landes ha una fama che ha superato le frontiere, in passato ci sono stati scambi e incontri con i No Tav della Val di Susa. Tanti militanti stranieri sono chiamati in soccorso non appena si avvicina la minaccia di un’operazione di polizia. L’ultima tentativo delle autorità di evacuare la zona risale al 2012. Ci furono scontri, arresti, e tutto si fermò. Il primo ministro era allora il socialista Jean-Marc Ayrault, ex sindaco di Nantes, tra i più convinti sostenitori del progetto.
La morte di un attivista ventenne, Remi Fraisse, colpito nel 2014 da una granata dei gendarmi durante le manifestazioni contro la costruzione di una diga nel Sudovest del Paese, ha provocato un nuovo stop. François Hollande ha mediato, appoggiando l’idea di organizzare un referendum tra gli abitanti.
Nel giugno scorso la maggioranza si è espressa in favore della costruzione dell’aeroporto ma il progetto resta bloccato. E toccherà al prossimo governo decidere. Marine Le Pen si è dichiarata “personalmente” contraria al progetto ma vuole rispettare la volontà del popolo, e quindi il risultato del referendum. Emmanuel Macron è in dubbio, ha promesso di fare nuove consultazioni per decidere.
L’unico davvero chiaro è il candidato della destra François Fillon. A sinistra, Hamon e Mélenchon sono per archiviare il cantiere e non se ne parli più. Nella sua roulotte, Jean-Joseph fuma una sigaretta e sentenzia: «L’aeroporto non si farà mai, almeno non qui». Lo dice con lo sguardo velato di malinconia. Anche lui sa che il giorno in cui le autorità rinunceranno ufficialmente al progetto scomparirà anche la Zad.