Milano, la crisi viene da lontano. Il Pil locale scende a causa della crisi degli ultimi anni, e questo è inevitabile. Diminuisce però anche la sua incidenza sul Pil nazionale. La città rimane la locomotiva dell´economia italiana ma arranca un po´. E il confronto con la media delle città euro (quelle assimilabili a Milano: Amsterdam, Barcellona, Lione e Monaco) è ancora più negativo. I dati. Per Bankitalia il Pil di Milano e provincia nel ´94 pesava per il 10,1% del Pil nazionale. Nel 2009 la quota è scesa al 9,5. Nello stesso periodo il Pil pro capite milanese è cresciuto dell´1%, contro il più 28 delle città Euro (dati dell´istituto di ricerca indipendente Bak Basel). Queste stesse città sono andate in pareggio fra il 2004 e 2009, ammortizzando il peso della crisi.
Milano, invece, ha accusato pesantemente la recessione, con un Pil che nel 2009 era 12 punti sotto quello del 2004. Ancora: fra il 1995 e il 2000 la crescita di Milano è stata superiore a quella di tutte le altre province lombarde, fra il 2000 e il 2005 è stata inferiore a tutte.
Non può essere solo un problema di ridistribuzione, essendo pur vero che in 25 anni un milione e mezzo di residenti si sono trasformati in pendolari e consumano altrove ciò che producono qua. I numeri sul Pil «rattristano», sostiene in un articolo sul settimanale online Arcipelago Milano, Edoardo Ugolini, manager finanziario già in Banca Intesa, coautore di uno studio per il quale «Milano si è, per così dire, italianizzata. Non sta facendo meglio di un Paese sonnacchioso». La tesi è che al modello di sviluppo industriale non ne sia stato sostituito uno altrettanto efficiente. Il terziario non è bastato a rimpiazzare le fabbriche e la città ha preferito affidarsi allo sviluppo immobiliare. Scorciatoia inutile, perché il mattone distribuisce la ricchezza prodotta a una platea ristretta, che va dal costruttore al manovale. E non aiuta nelle congiunture negative.
La risposta poteva essere l´Ict, l´Information and communication technology ma negli anni ‘90 «i salotti buoni dell´economia hanno respinto quei giovanotti dai modi informali, rifiutando il ricambio generazionale», racconta Adrio De Carolis, oggi 43enne. De Carolis nel 1999 cedette a peso d´oro la sua Datanord Multimedia a Bipop. Vendita a suo tempo non poco discussa, ma quella storia rende l´idea: l´Ict poteva essere il futuro, fu soprattutto una grande bolla speculativa. Eppure per De Carolis si deve ripartire da lì, dall´Ict, «per recuperare l´anima produttiva della città».
Un altro imprenditore, Luca Beltrami Gadola, direttore di Arcipelago Milano, esamina le conseguenze di questo impasse: «Si amplia la forbice sociale, i ricchi sono sempre meno e, sempre più ricchi e globalizzati, perdono interesse per la città».
Intanto il tasso di disoccupazione milanese è superiore di un punto percentuale a quello lombardo. Cala lo skill ratio, cioè la scolarizzazione (lauree e diplomi) della forza lavoro, che per le qualifiche medio-alte incontra più difficoltà nel trovare un impiego. Qui ci sono 200.000 studenti universitari ma diminuiscono i brevetti. Onorio Rosati, segretario della Camera del Lavoro, è preoccupato: «I dati del Pil certificano che Milano ha tenuto sul versante della capacità produttiva e in un quindicennio aperto dalla globalizzazione e chiuso dalla crisi non era scontato. È vero però che questa crisi è di sistema. È sbagliato delegare il rilancio solo ad Expo, che non lascerà nulla di definitivo. Pensiamo magari alla green economy, ad accordi territoriali per inserire i neolaureati nelle imprese».
L´economista Pietro Ferri redige il rapporto trimestrale di Unioncamere sull´economia lombarda: «Fermo restando che i dati macroeconomici a livello di area metropolitana vanno presi con precauzione, quanto ad attendibilità, il ritardo di Milano rispetto ad altri Paesi è visibile. Le infrastrutture sono indietro, lo sviluppo informatico e tecnologico è bloccato. Basta guardare al mancato coordinamento fra enti locali sulle misure antismog per rendersi conto che qualcosa non va».
«Mai trattare una perdita di quote di Pil come una crisi - avverte un altro economista, Giacomo Vaciago - queste cifre non dicono che Milano è più povera ma che altrove (Veneto, Emilia, Marche) si cresce di più. Da tempo sostengo che cresce chi lo vuole fortemente, come Trento che ospita il primo centro europeo di ricerca di Microsoft, o Parma. Milano ha rinunciato a volerlo davvero. La crescita te la devi meritare, nessuno te la regala».
E quindi, professore? «E quindi la Moratti cosa fa? Un po´ di edilizia. Cominci piuttosto dall´efficienza di una buona amministrazione. Andiamo sul sito dei Comuni lombardi a verificare quante domande e pratiche si possono sbrigare online da casa, senza code agli sportelli. L´inquinamento da traffico è la prova più evidente di quanto poco si possa usare il computer, perché si costringe la gente a muoversi di persona. Il computer è trasparente, rende più difficili furbizie e favori. Tecnologia ed efficienza della pubblica amministrazione permettono di attrarre investimenti dall´estero, quelli che oggi ci mancano».