Il manifesto, 16 ottobre 2015 (m.p.r.)
C’è vita se c’è capacità utopica, dove per utopia s’intende anche l’immaginazione di “luoghi di vita” buoni, desiderati, da realizzare. La sinistra - l’insieme delle forze sociali organizzate anche piano politico al servizio dell’uguaglianza tra tutti gli esseri umani rispetto a diritti e dignità - ha purtroppo sperimentato a sue spese la perdita di immaginazione e capacità utopica.
I gruppi dominanti sono riusciti, a partire dagli anni ’70, ad imporre nuovamente la loro narrazione della vita, della società e del mondo. E per due ragioni principali. Da un lato, ritornati al potere all’epoca di Reagan e Thatcher, hanno operato una massiccia de-costruzione ideologica e sociale dello Stato del welfare. Dall’altro, non avendo sviluppato una visione politica autonoma della scienza e della tecnologia, la sinistra non ha potuto giocare alcun ruolo innovatore influente sulle strategie di controllo ed uso delle nuove tecnologie del vivente, cognitive, dell’informazione e della comunicazione, energetiche e delle tecnologie dei materiali, sulla base delle quali l’economia mondiale e le società “sviluppate” sono state profondamente ristrutturate.
Le nuove narrazioni “positive” del mondo e delle trasformazioni sociali sono cosi diventate monopolio dei gruppi dominanti. Le sinistre sono state relegate al ruolo secondario di “forze di reazione”. I dominanti hanno invece rafforzato il loro potere in quanto fissatori dell’agenda politica planetaria: al centro del dibattito filosofico, politico e culturale c’ è stata solo la loro utopia (mistificatrice) della globalizzazione economica, da loro data come creazione inevitabile e irresistibile (senza alternative) dei luoghi di vita dell’umanità.
Nel corso degli anni ’90, c’è stato un risveglio utopico a sinistra. Mi riferisco alla tassa sulle transazioni finanziarie internazionali, al principio di sostenibilità in alternativa all’imperativo della crescita economica infinita, al successo contro l’Ami ed l’Omc (Seattle), al bilancio partecipativo, al buem vivir, al lancio del Forum sociale mondiale. Purtroppo, si è trattato di un fenomeno di corta durata. L’incapacità delle sinistre d’integrare e federare le loro forze in azioni e programmi comuni mondiali durevoli, ha permesso ai gruppi dominanti, di sconfiggerle ai vari livelli nazionali in nome della nuova modernità legata alla “globalizzazione delle rivoluzioni scientifiche e tecnologiche” e della lotta contro il preteso nuovo nemico mondiale, il terrorismo. Se a ciò si aggiungono le ripetute crisi economiche e finanziarie che da più di 25 anni hanno devastato i tessuti sociali e le comunità locali, nazionali, continentali e mondiali, si capisce il perché mai come oggi la potenza, violenta del sistema dominante è stata cosi grande a livello mondiale (il pianeta) e globale (in tutti i campi).
Due gli insegnamenti generali per le sinistre del mondo, ed in particolare per la sinistra in Europa. Primo. Non v’è capacità utopica da solitari. La grande forza utopica di Syriza (in breve: la ri-organizzazione europea del debito) è stata duramente calpestata perché nessun altro governo e popolo europeo se n’è fatto alleato esplicito e convinto. Ri-costruire una capacità utopica forte e solida della sinistra è un’opera di lungo periodo che deve avvenire su basi europee e mondiali (l’esperienza dell’acqua bene comune insegna).
Non c’è allo stato attuale del mondo una via nazionale della sinistra. La lotta contro il diritto di proprietà intellettuale sul vivente deve essere continentale e mondiale. Lo stesso vale della lotta, da rinnovare, contro gli armamenti. Idem per quanto riguarda la messa fuori legge dei fattori strutturali generatori dei processi d’impoverimento per natura transnazionali e mondiali. Per questo la nuova capacità utopica della sinistra deve fondarsi su una nuova concezione dell’umanità, dell’uguaglianza nei diritti, del lavoro e dell’istituzionalizzazione politica planetaria del potere. Secondo. Non v’è riconquista della capacità utopica senza un forte radicamento “locale” delle innovazioni grazie alla promozione di “comunità di vita” glocali, cioè senza la traduzione concreta a livello delle comunità locali dei principi e delle strategie mondiali. Questo significa l’esistenza di forze sociali portatrici di interessi collettivi mondiali ma localmente diversificati e plurali. In passato, i contadini, gli operai, la piccola e media borghesia, hanno svolto tale ruolo. Nel XXI° secolo, tocca all’umanità, glocale per definizione, di esprimere la capacità utopica del mondo. Il futuro della sinistra è l’umanità, coscienza sociale della globalità della vita e della mondialità della condizione umana (cittadinanza universale plurale).