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Roberto Della Seta
Il vuoto laburismo del Pd che non capisce l'ambientalismo
14 Marzo 2013
Società e politica
Pur non priva di risvolti personali, una critica che coglie in pieno uno dei punti centrali della crisi attuale di rappresentanza e proposta del centrosinistra italiano.

Il manifesto, 13 marzo 2013 (f.b.)

L'ambiente è un tema importante. Indispensabile per capire il mondo attuale: la crisi ecologica, l'attenzione crescente verso i beni comuni, l'avanzata della green economy... E utile, utilissimo, anche per orientarsi in questa stagione inedita e complicatissima della politica italiana: per misurare ad esempio la distanza notevole che separa la dirigenza del Pd da un riformismo contemporaneo, e per indagare le premesse culturali e sociali che hanno reso possibile il trionfo elettorale dei Cinquestelle.

La larga maggioranza del gruppo dirigente del Pd non riesce a capire l'importanza dell'ambiente. Non capisce, soprattutto, come sia possibile che per un numero sempre più grande di persone la domanda di ambiente si intrecci con quella del lavoro, del reddito, dell'equità sociale, e conti altrettanto. Lo si è visto con i referendum del 2011: la nomenclatura democratica prima ha osservato con sospetto la mobilitazione referendaria che cresceva, poi è rimasta quasi stralunata scoprendo che 30 milioni di italiani - malgrado la crisi economica, malgrado problemi materiali per molte famiglie drammatici - considerino prioritarie questioni non direttamente economiche come l'acqua pubblica o il no al nucleare.

Questo ritardo nel riconoscere l'odierna centralità delle questioni ambientali accomuna il Pd a molti altri partiti socialisti, legato com'è a una tradizione culturale che vede il progresso, lo sviluppo quali fenomeni lineari e illimitati. Ma in Italia si manifesta con ancora più forza per la prevalenza nella nostra sinistra di una tradizione - quella del Pci - che ha sempre faticato ad adeguare le proprie visioni all'evoluzione sociale e culturale e che di fronte a tutte le nuove sensibilità e i nuovi movimenti dell'ultimo mezzo secolo - dal '68 al femminismo, dall'ambientalismo ai diritti civili - ha sempre reagito arroccandosi.

Prigioniero della sua genetica arretratezza, il gruppo dirigente del Pd, di cui i cosiddetti "giovani turchi" sono l'espressione più recente ma anche più ottusa, declina secondo alfabeti totalmente inattuali le stesse ricette per arrestare il declino economico dell'Italia: attardandosi a parole in una sorta di vuoto "gramelot" laburista, coltivando nei fatti rapporti assai stretti - rapporti molte volte opachi, di scambio e di potere - con i settori meno dinamici, oltre che più antiecologici, della struttura economica (l'edilizia della rendita fondiaria, i grandi gruppi dell'energia fossile, l'industria pesante). Tutte e due queste inerzie conservatrici contraddicono l'ambizione dei democratici di guidare un progetto di radicale cambiamento e li allontanano dall'elettorato più giovane. Entrambe lasciano in ombra le grandi innovazioni - ecologia, educazione, tecnologia - di cui l'Italia come l'intero Occidente ha disperato bisogno.
Anche se l'ascesa spettacolare del movimento Cinquestelle è dovuta soprattutto a un'efficacissima, e largamente giustificata, crociata "anti-casta", però proprio l'ambiente è uno degli argomenti più frequentati dai grillini: così nei loro programmi, nel loro discorso pubblico, nei curricula di buona parte dei loro eletti. Da questo punto di vista i Cinquestelle, bisogna dirlo, non hanno inventato nulla: l'ecologia, i beni comuni, sono temi da tempo "a disposizione", ed erano centrali già nelle mobilitazioni no-global di dieci anni fa.

Loro li hanno raccolti, depurati di qualche tossina vetero-ideologica di troppo (l'ambientalismo come nuova frontiera anti-capitalista), conditi con nuovi ingredienti - la democrazia della rete, un certo comunitarismo nimby - di per sé discutibili ma gettonatissimi nell'Italia disgustata dalla politica dei partiti. Certo il movimento di Grillo resta essenzialmente un "sintomo" dell'accresciuta importanza culturale e sociale dell'ambiente, mentre il suo concreto programma non pare sempre all'altezza di curare i tanti e gravissimi mali ambientali dell'Italia. Ma un fatto è indiscutibile: i Cinquestelle sono l'unica forza politica italiana che propone l'ambiente come parte decisiva di una prospettiva generale di cambiamento.

Il Partito democratico vuole ripartire dopo la dolorosissima "non vittoria" di queste ultime elezioni? Allora la smetta di perdere tempo e faccia corteggiando i "cinquestelle" dopo averli sbeffeggiati per mesi, e provi invece a diventare più contemporaneo mettendo per davvero l'ambiente al centro del suo sistema di valori e di interessi, e la green economy nel cuore della sua idea di sviluppo. Sarebbe più serio e funzionerebbe meglio.

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