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Il Valore dell'Expo
7 Ottobre 2010
Milano
Tre articoli da la Repubblica e Corriere della Sera, Milano, 7 ottobre 2010: conflitti istituzionali e spiegazione di arcani sulla strategia di pura speculazione (f.b.)

la Repubblica

Expo, cala il gelo di Formigoni

"Comodato, ha deciso la Moratti"

di Alessia Gallione

È il gelo di Roberto Formigoni che cala su Expo. E su quella che avrebbe dovuto essere «la soluzione condivisa» per sciogliere, a meno di due settimane dall’ultimatum del Bie, il nodo dei terreni di Rho-Pero. Perché un accordo, al termine del vertice notturno convocato in extremis a casa Moratti, Provincia, è stato trovato. La strada è quella del comodato d’uso, come volevano Letizia Moratti e Guido Podestà. E al governatore, che fino alla fine ha sostenuto le ragioni di una newco che acquistasse le aree, non è rimasto che fare un passo indietro. Quell’ipotesi per il Pirellone resta la migliore. Lo ha fatto capire chiaramente, Formigoni, prendendo le distanze dal risultato: «Visto lo stringersi dei tempi e i poteri straordinari dati a Letizia Moratti ho ritenuto di aderire alla strada indicata dal commissario». Un sì al comodato con i privati, quindi. A cui dovranno essere messi, però, dei "paletti legali" che Regione continua a ritenere indispensabili. Ma la scelta scatena le accuse del centrosinistra: «È un regalo ai privati e non tutela l’interesse pubblico».

Si erano riuniti a tarda sera, i duellanti di Expo. Tutti a casa del sindaco, Moratti, Formigoni e Podestà. Per un incontro decisivo sui terreni. Dopo due ore di discussione era toccato al presidente della Provincia rassicurare: «Accordo condiviso e clima sereno». Anche ieri Podestà è tornato a ribadire come la decisione di fosse «unanime»: «Abbiamo deciso tutti assieme». Il patto avrebbe dovuto essere suggellato da un comunicato congiunto. Ma quella nota ufficiale, fino a ieri sera, non è arrivata: per un’intera giornata sono state rimpallate tra Comune, Regione e Provincia diverse bozze. Senza mai arrivare alla versione definitiva. Il segno più evidente che la guerra dell’Expo non è ancora finita.

Fiera, ieri mattina, ha "brindato" all’accordo con un balzo in Borsa del 16,75 per cento. Ma a Formigoni, poco dopo, sono bastate poche parole a far calare il gelo: «Il sindaco prenderà un’iniziativa in cui spiegherà la proposta che ella preferisce». E far capire che la tregua, adesso, dovrà reggere al nuovo tavolo di confronto che si aprirà tra enti pubblici e proprietari privati. Lo ha confermato anche lei, Letizia Moratti: «Ora sta ai nostri tecnici elaborare la proposta che faremo a Fondazione Fiera e al gruppo Cabassi». Arrivando a ringraziare «in modo particolare Formigoni perché, rispetto a diverse soluzioni e ipotesi che abbiamo esaminato, siamo arrivati a un accordo nel percorso condiviso». Per la Regione, infatti, il contributo che dovranno versare i proprietari per le infrastrutture dovrà salire (da 50 a 120 milioni) e le aree dovranno essere messe a disposizione subito a prescindere dai contenuti della variante urbanistica (i metri quadrati di costruzioni future) che sarà approvata. «E mi auguro - ha aggiunto Formigoni - che i privati aderiscano e la questione possa essere sbloccata». Quasi una sfida.

Perché la preoccupazione per il futuro di Expo rimane. E il centrosinistra accusa. A cominciare dal candidato alle primarie del centrosinistra Stefano Boeri: «L’accordo è la conferma di una truffa che regala ai proprietari delle aree di Rho-Pero, dopo l’Expo, una enorme quantità di metri cubi». Il suo sfidante, Giuliano Pisapia, chiede di fermare «l’osceno teatrino che offende i cittadini». Anche per l’ex presidente della Provincia Filippo Penati la soluzione «è oscura. Non è chiaro se gli ingenti investimenti pubblici verranno rimborsati dai privati». Il segretario regionale pd Maurizio Martina parla di «una toppa peggiore del buco. Sarebbe meglio l’acquisizione delle aree senza escludere l’opzione dell’esproprio».



Corriere della Sera

Pace armata sulle aree Expo

di Elisabetta Soglio

Il sindaco Letizia Moratti è soddisfatta perché «siamo arrivati ad un accordo condiviso ed è estremamente positivo per un Expo che deve avere tutte le istituzioni unite in un gioco di squadra». Anche il presidente della Provincia Guido Podestà garantisce che «siamo tutti d’accordo». Ma il governatore Roberto Formigoni si chiama fuori: «Ha deciso il sindaco e noi abbiamo soltanto aderito, nella speranza che vengano garantite le condizioni poste dai legali e che i privati ci diano una mano». Per i terreni di Expo, quando mancano 12 giorni all’incontro del sindaco-commissario con i vertici del Bie, cui bisogna garantire la disponibilità delle aree, si è scelta la strada del comodato d’uso. Il Pd al Pirellone fa da sponda al Governatore: «Sarebbe stato più trasparente acquistare i terreni, come indicato da Formigoni». I tecnici, intanto, sono al lavoro per definire la proposta che sarà presentata ai Cabassi e alla Fondazione Fiera, cui sarà chiesto di partecipare alle spese di infrastrutturazione. Basta un pronome, alcune volte, per dare l’idea del clima. «Il sindaco prenderà un’iniziativa in cui spiegherà la proposta che ella preferisce». Ella, il sindaco Letizia Moratti, aveva assicurato soltanto la sera prima che era stata condivisa una soluzione per i terreni di Expo con il presidente Guido Podestà e il governatore Roberto Formigoni. Bastano un paio di frasi, e quel pronome che sa tanto di presa di distanze, per smontare tutto.

Roberto Formigoni si chiama fuori precisando di non aver condiviso nulla: ha deciso il sindaco, punto. Parole e toni ben diversi da quelli che Moratti e Podestà hanno usato ancora ieri. «Abbiamo scelto un percorso assieme a Provincia e Regione che si riallaccia a quanto condiviso nel mese di luglio con i soci di Expo», spiega sorridente la Moratti amargine della firma del protocollo per Expo con il sindaco di Bari, Michele Emiliano.

L’ipotesi individuata per garantire al Bureau International des Expositions entro il 19 ottobre la disponibilità dei terreni, è quella del comodato d’uso: la messa da disposizione delle aree da parte dei proprietari, il gruppo Cabassi e la Fondazione Fiera, che in cambio ne otterranno la restituzione post 2015, con tanto di diritti volumetrici.

Anche Podestà ricorda che la decisione dell’altra sera «è stata unanime». Si era però detto che sarebbe stato firmato oggi un comunicato, a suggellare l’intesa raggiunta: del comunicato, ovviamente, non c’è ancora traccia. Il sindaco ha puntualizzato che «i tecnici sono al lavoro per precisare i termini della proposta, che dovrà essere sottoposta ai proprietari». Formigoni ha ancora raccomandato che vengano quanto meno rispettate le indicazioni dei legali: che impegnano a una nuova stima sul valore dei terreni e alla «compartecipazione finanziaria dei privati alle opere di infrastrutturazione». Un passaggio non da poco: tra queste e le spese per gli oneri di urbanizzazione, si parla di oltre 200 milioni di costi a carico dei privati. Paletti che rendono più tortuoso il cammino verso la soluzione.

Nel frattempo, Formigoni incassa l’appoggio del Pd regionale e del vicepresidente del consiglio, Filippo Penati: posto che «è l’unico Expo che si svolge su terreni non pubblici», Penati si chiede perché non sia stata seguita la via dell’esproprio e, in secondo ordine, «pare incomprensibile il rifiuto della proposta del presidente Formigoni anche alla luce dell’approvazione da parte del consiglio regionale di un ordine del giorno in cui si proponeva di costituire una newco in grado di acquistare i terreni».



la Repubblica

Ecco chi perde e chi dopo il 2015

farà affari d’oro

di Alessia Gallione

Doveva essere l’Esposizione dedicata alla terra: da coltivare per far conoscere a 20 milioni di visitatori tutti i sapori del mondo. Dopo 919 giorni, è ancora l’Expo dei terreni. Un milione e 100mila metri quadrati stretti tra le autostrade e la Vela di Fuksas. Aree a cavallo tra Milano (l’85% della superficie) e Rho, che su carte e mappali sono agricole o con destinazioni industriali o artigianali.

Uno spazio abbandonato, tra città e campagna. Su cui sono destinati, però, investimenti pubblici per un miliardo. Rendendo quell’area strategica. E appetibile. Non solo perché dovrà conservare l’eredità di Expo (il parco, le serre...), ma anche perché dopo il 2015 quel pezzo di niente diventerà un nuovo quartiere con case, negozi e uffici. È su questo che si sta consumando lo scontro. Tra interesse pubblico e privato. Tra chi vorrebbe acquistare quelle aree, dividere il guadagno coprendo così anche il futuro deficit della società. E chi (Comune e Provincia) non può investire adesso per comprare e, con la scadenza del Bie alle porte, considera migliore la strada originaria, quella del "comodato d’uso".

[I proprietari]

I padiglioni di Expo non sorgeranno su un’area pubblica. È questo che oggi, di fronte all’impasse, molti considerano come l’errore originario. Di quel milione di metri quadri, solo quote minime sono del Comune di Milano (51mila metri quadrati) e di Rho (120mila). I maggiori proprietari sono Fondazione Fiera, con 520mila metri quadrati, e gruppo Cabassi con 260mila.

[Il comodato d’uso]

Il destino è stato segnato tre anni fa. Era il 28 giugno del 2007 quando Palazzo Marino, dopo mesi di trattative, concluse con Fondazione Fiera e Cabassi una scrittura privata. Uno schema poi perfezionato con una delibera di giunta (13 luglio 2007) votata dal consiglio comunale (19 ottobre 2007) e arrivato fino all’ultimo vertice a casa Moratti. È da lì che parte l’idea del comodato d’uso con diritto di superficie. Cosa vuol dire? I privati si impegnano a mettere a disposizione quelle aree (in "diritto di superficie") fino alla fine della manifestazione per una cifra simbolica (la delibera votata da Palazzo Marino prevedeva 5mila euro). Nel 2017, però, si impegnano a cedere definitivamente al Comune più della metà dell’area, ovvero 430mila metri quadrati. L’altra metà rimane loro. Ed è lì, su quei restanti 340mila metri quadrati, che potranno costruire.

[L’indice e la quantità di costruzioni ]

Cosa succederà dopo Expo? Da una parte il parco con le serre e le colture del mondo, la sede della Rai, i canali, un auditorium... Tutti spazi pubblici. Dall’altra un nuovo quartiere. Lo dice chiaro la variante urbanistica appena pubblicata che, entro fine anno, dovrà sbarcare in consiglio comunale per l’adozione. È in questo strumento urbanistico che tutti gli enti pubblici (Comune di Milano e Rho, Provincia e Regione) hanno di fatto confermato le previsioni del 2007. Allora, si era deciso, dopo Expo si sarebbe potuto costruire applicando un indice di 0,6 metri quadrati su metro quadrato. Oltre 500mila metri quadrati di case e palazzi compresi, però, 55mila metri quadrati (pari allo 0,008) riservati al pubblico. Nell’ultima versione sparisce solo la quota pubblica e l’indice per i privati rimane lo 0,52. Per avere un’idea: 430mila metri quadrati di superficie. Non solo. Visto che i cantieri sorgeranno solo su metà della zona, quell’indice è come se raddoppiasse. Si dovrà puntare in altezza con palazzi di 14-18 piani.

[I VANTAGGI ECONOMICI]

È la parte più complessa dell’accordo. Chi ci guadagna con il comodato d’uso? A luglio, per aumentare il cosiddetto interesse pubblico, si era arrivati a un ulteriore accordo con Fondazione Fiera e Cabassi. Gli investimenti pubblici sono tanti e quell’area, che oggi non vale molto, moltiplicherebbe il proprio valore grazie alle infrastrutture del 2015: solo quelle legate al sito valgono 120 milioni. Per i tecnici quei 400mila metri quadrati di nuove costruzioni garantirebbero un’operazione immobiliare da 400 milioni con un guadagno attualizzato di 141 milioni, con i futuri edifici venduti a 3mila euro al metro quadro. È in base a queste plusvalenze che il tavolo riuscì a strappare benefici per gli enti locali, 195 milioni di euro tra oneri di urbanizzazione (che incasserebbe soltanto il Comune) e contributi per le infrastrutture: 50 milioni che i privati metterebbero sul piatto. Nel conteggio anche la cascina Triulza (7 milioni) e il villaggio Expo affacciato sul canale. Destinato a diventare housing sociale, vale circa 45 milioni. Tutte cifre che, adesso, una nuova trattativa cercherà di alzare. A cominciare, per il Pirellone, da quel contributo per le opere: da 50 milioni dovrà raggiungere almeno quota 120.

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