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Felice Cavallaro
Il trucco dei palazzi che raddoppiano nella città delle ottocento deroghe
6 Ottobre 2009
Articoli del 2009
“Le norme cambiate e i cantieri sui fiumi. Gli indici di fabbricabilità da 1,5 a 3”. Col piano casa di Berlusconi non avranno più bisogno di deroghe. Corriere della sera, 6 ottobre 2009

MESSINA — Beffardo il gran cartello che campeggia fra il torrente e la montagna di Giampilieri, accanto alla scuola trasformata in ricovero, davanti ai mezzi dei vigili del fuoco. Ecco il «Giardino dei limoni» con l’annuncio che si vendono ville. Per la verità sembrano case popolari, appartamenti a schiera. Costruiti, come è accaduto in questo borgo disastrato per altri 32 progetti, con emendamenti e varianti in deroga al rigido piano regolatore che ancora rimproverano al sindaco-magistrato di Messina, rimasto in carica per quattro anni fino al 1998. Ed è derogando oggi, derogando domani e anche il giorno dopo, che si è arrivati a quota 800, con altrettante modifiche capaci di trasformare il cosiddetto Prg in carta straccia, piantando palazzoni ovunque, cementificando i torrenti e pure le foci.

Per l’improbabile Giardino dei limoni il proprietario del terreno, Domenico Lupò, è pronto a mostrare il via libera del consiglio comunale. Come l’ebbe, cento metri più giù, sempre all’ombra delle frane di Giampilieri, un dinamico affarista, Cesare D’Amico, costruttore di tre grigie cooperative da 60 appartamenti per poi tornare a Messina, rilevare il Jolly e finire dentro per bancarotta fraudolenta.

Ecco alcuni dei beneficiari di quella che in modo grossolano viene chiamata la «variante mille deroghe». Con un numero gonfiato forse perché riflette l’aspirazione di palazzinari ben inseriti nel sistema città. Come sa l’ex sindaco- magistrato Franco Pulvirenti, un giurista di sinistra oggi impegnato in politica «solo via mail». Sorride amaro. Soprattutto pensando a quel piano regolatore che varò appena insediatosi: «Capii subito che bisognava farne uno rigido, molto rigido. Scoprii una bozza gonfiata per 300 mila abitanti. Ma se siamo poco più di 200 mila? Ordinai di ridurre. Calcolammo solo i bisogni veri. Imponendo i vincoli. Soprattutto su colline e alvei dei torrenti. Vincoli ignorati. Appunto, con varianti e deroghe che hanno stravolto il Prg». E anche se adesso se ne sta in disparte, un po’ schifato dall’andazzo, indica la tecnica degli affaristi: «Il privato presenta un progetto e chiede una piccola variante al Prg. L’ufficio tecnico dà un parere a trasiri e nesciri

(a entrare e uscire). Il costruttore si muove. Parla, avvicina. E nel consiglio comunale dove poi la variante diventa elastica si creano maggioranze casuali, intese trasversali, la delibera passa, il palazzo va...».

Sa cosa accadeva anche un ex consigliere comunale di An, l’avvocato Francesco Rizzo, oggi difensore civico a Lipari: «Uno dei trucchi è portare l’edificabilità da 1,5 a 3. Su un metro quadrato puoi realizzare un metro e mezzo di altezza? Porti l’indice a tre e raddoppi il guadagno».

Il caso più clamoroso, culminato in un’inchiesta con l’arresto dell’ex presidente del consiglio comunale Umberto Bonanno, dell’avvocato che mediava, Pucci Fortino, e di sei spregiudicati imprenditori è quello del «Green Park», con un indice passato da 1,5 a 5. Risultato: tre orrori in cemento armato già realizzati sotto i viadotti dell’autostrada e altri tre rimasti sulla carta. Di «green» non c’è traccia su questa arida arteria che s’inerpica poggiata su un torrente, il «Trapani Alto», soffocato, letteralmente tappato, come indicano Anna Giordano del Wwf e l’avvocato che sostiene gli ambientalisti, Aura Notarianni. Oltrepassati gli scheletri sotto sequestro giudiziario, ecco «Il Grande Olimpo», come pomposamente annuncia il cartello, fra pecore, casermoni piantanti sulla collina e una discarica aperta sul torrente che, ancora cento metri più sopra, si vede. Il letto è largo almeno venti metri. Di botto ridotti a un buco alto due metri, proprio un canale che corre giù, sotto l’asfalto, per un ripidissimo pendio di oltre un chilometro. Un imbuto.

«Naturale che ad ogni ondata di piena l’acqua rischi di traboccare trasformando la strada in una pericolosa cascata», spiega il geologo Alfredo Natoli, che con dieci suoi colleghi fu incaricato di redigere la carta geologica della provincia di Messina: «La consegnammo nel 2000, ma fingono di non sapere che esistono torrenti soffocati, terreni franosi sui quali continuano a costruire...».

E s’affaccia verso la collina «Paradiso », vista mozzafiato sulla Calabria. Per arrivarci ci si inerpica su un budello dove un camion passa a stento, «Strada Fosso», lo stesso nome del torrente che sta sotto, appunto infossato. Arrivi in cima e scopri gli operai al lavoro su quattro palazzoni ancora grezzi, vicini vicini, altra deroga. E, quindi, in regola. Non a caso fa bella mostra di sé il tabellone della ditta Minutoli, colorato ovviamente di verde e presuntuoso perché nel «Victoria Park» non c‘è spazio per piantare un albero. Ma il sogno di un innamorato può esplodere anche su un muro grezzo: «Ti giuro voleremo sull’isola ke non c’è».

Qui non c’è più il torrente. Nascosto sotto la stradina con una grata ogni trecento metri. S’intravede il letto compresso del corso d’acqua. Uno di quei torrenti da niente che possono diventare valanghe d’acqua e fango. Ma senza spazio. Sempre più stretto lungo la discesa che va giù dalla collina per due chilometri di palazzoni. Una vena tortuosa che si stringe fino a sfociare sulla litoranea della città, il mare di fronte. Basta andare sulla spiaggia per capire dove finisce. Interrato sotto le pedane del «Vintage Drink & Food», stabilimento balneare e pub notturno. «Acque bianche sono», giura il capocantiere che sta smontando tutto perché siamo a fine stagione e ricompaiono i due lunghi tubi nei quali è incapsulata la foce del torrente. In pieno centro città. Senza che nessuno veda, senza bisogno di deroghe.

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