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Eugenio Scalfari
Il trionfo inglese dell’anatra azzoppata
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Né i nostri centristi né i nostri riformisti hanno ragione: chi ha realmente vinto in UK è la sinistra. Da la Repubblica dell’8 maggio

Il trionfo inglese dell’anatra azzoppata

Né i nostri centristi né i nostri riformisti hanno ragione: chi ha realmente vinto in UK è la sinistra. Da la Repubblica dell’8 maggio

MAGGIOR parte della stampa italiana e dei commentatori politici che ne illustrano le pagine ha salutato il risultato delle elezioni britanniche come una vittoria storica di Tony Blair, il leader che ha conquistato il terzo mandato consecutivo per sé e per il suo partito senza nulla concedere agli elettori del Labour anche se questa inflessibilità gli è costata un prezzo elevato in termini di seggi parlamentari e di carisma personale. "Così fanno i grandi statisti: quando avvistano un obiettivo che coincide con l´interesse generale del paese mantengono la barra del timone e alla fine ottengono rispetto e consenso", questo scrivono ammirati i nostri columnist.

Diversa, molto diversa, è stata invece la valutazione dei giornali inglesi di cui ha dato conto ieri Bernardo Valli con una precisa analisi di quanto è accaduto nella giornata elettorale di giovedì.

Il giudizio pressoché unanime del Guardian, dell´Independent, del Times e dell´Economist è che Blair sia stato ridotto dagli elettori a un´anatra azzoppata, che il suo terzo governo non durerà che pochi mesi e che nel frattempo dovrà cambiare molti punti del programma con il quale si era presentato alle urne. La sua maggioranza ai Comuni, che era di oltre 161 seggi, si è ridotta a 66, la percentuale dei voti ricevuti è arretrata dal 41 al 36 contro il 33 dei conservatori e il 23 dei liberaldemocratici. In sostanza più della metà degli elettori ha votato contro il premier; un dato che i meccanismi dell´uninominale secco non può comunque nascondere e che ha fornito a Blair una scialuppa di salvataggio costruita e guidata dal cancelliere dello scacchiere Gordon Brown, suo successore in pectore molto prima (prevedono gli analisti inglesi) di quanto lo stesso Blair abbia previsto.

I commenti italiani hanno una loro spiegazione: essi badano assai poco al significato inglese delle elezioni inglesi. Gli interessa molto di più trarre un significato italiano. Ma purtroppo per loro commettono un grossolano errore: se trattassimo gli attuali rapporti di forza italiani con la legge elettorale inglese, il Polo berlusconiano sarebbe spazzato via al punto da creare una situazione addirittura imbarazzante dal punto di vista della rappresentanza democratica.

Quanto all´inflessibilità della leadership blairiana i dubbi sono anche maggiori. Il premier riconfermato non deve aver letto i commenti encomiastici dei suoi ammirati cisalpini, visto che, subito dopo il deludente risultato, ha dichiarato: «Ho compreso il messaggio degli elettori. D´ora in poi darò il massimo ascolto alle loro richieste». Si può star certi che lo farà anche perché, se continuasse ad ignorarle, la fronda laburista e l´opposizione liberaldemocratica sarebbero in grado di costringervelo.

* * *

Alcuni politici di casa nostra, sia pure con discordanti e talora opposte finalità, a proposito delle elezioni inglesi hanno sentenziato che nelle urne di giovedì "ha vinto il centro" aggiungendo che Blair ha ottenuto il terzo mandato perché il Labour ha cambiato elettorato e chi lo vota non è più di sinistra. Queste apodittiche conclusioni portano la firma di Follini, di Enrico Letta, di Rutelli, ma anche di Prodi, Fassino, D´Alema (che però non parlano di «centro» ma di «vittoria riformista») e infine di Bertinotti che ovviamente dà alla (supposta) vittoria del "centro" un senso dispregiativo.

Ma di quale centro si tratta? Di quale riformismo? Bisogna stare molto attenti al senso delle parole e alla loro effettiva corrispondenza con i fatti reali. Di questi tempi infatti le trappole lessicali possono produrre danni, errori e fraintendimenti molto azzardati.

I conservatori inglesi non sono un partito di centro.

Rappresentano una destra alquanto ammuffita, poco liberale, pochissimo democratica. Sulla politica estera hanno fornito a Blair più di una stampella ai Comuni. La loro più memorabile battaglia è stata quella contro l´abolizione della caccia alla volpe. Del resto, nel corso di due mandati e mezzo, la "Lady di ferro" fece in loro nome tutto il lavoro che c´era da fare lasciandoli disoccupati per un gran numero d´anni, che non sono ancora interamente trascorsi. Non sono certo di centro i conservatori inglesi, eppure hanno ottenuto un consistente aumento di consensi.

Il che non ha impedito che il loro leader si dimettesse all´indomani delle elezioni: conservatori ma molto perbene.

Qui da noi fatti di questo genere non si sono quasi mai visti (salvo il D´Alema dopo le regionali del ´99).

I liberaldemocratici sono un partito di centro? Formulo meglio la domanda: si collocano alla destra o alla sinistra di Blair? Sulla guerra irachena si sono costantemente schierati contro di lui e contro Bush. È di centro questa posizione? Soprattutto si sono schierati contro di lui perché sulle motivazioni di quella guerra (preventiva) il premier ha mentito al Parlamento. Questa è anche una delle ragioni per cui il 5 per cento degli elettori ha abbandonato il Labour.

Non solo e forse non tanto per la guerra, ma per la menzogna in luogo pubblico con la quale è stata motivata.

Capisco che in Italia un´accusa del genere sarebbe accolta da clamorose risate ma in Gran Bretagna non è così. Chi viene scoperto in flagrante bugia dinanzi ai Comuni viene marcato e pagherà lo scotto. Non si può fare. Ecco perché Blair è un´anatra azzoppata. (Berlusconi, altro che azzoppato, sarebbe da tempo un leader in carriola).

Forse i liberaldemocratici sarebbero di centro nella politica economica? Non mi pare. Diciamo che vogliono servizi pubblici più efficienti e sono disposti, come Blair e come Brown, a stanziare maggiori risorse per sanità, trasporti, scuola, stringendo le spese, a cominciare da quelle militari.

Diciamo (ma lo dicono loro stessi) che sono liberali di sinistra. Dunque, per loro autentica autodefinizione, col centro hanno ben poco a che fare.

Tant´è che nei prossimi mesi li vedremo spesso votare con i laburisti di sinistra contro il governo.

Gordon Brown è di centro? Non direi. Quando si scontrò con Blair dieci anni fa per la guida del partito, Brown aveva il vecchio Labour nel cuore e ce l´ha ancora, così dice.

Con la testa ne ha aggiornato l´approccio sociale: la middle class non è rappresentata dai sindacati e perciò spetta al Labour rappresentarla. La middle class vede che la scuola pubblica inglese è uno sfascio, i trasporti ferroviari privati sono uno sfascio, la sanità alterna punti di eccellenza con punti di degrado, le diseguaglianze non sono diminuite dopo nove anni di governo laburista.

L´economia va meglio che in Europa continentale, ma i timori di recessione lambiscono anche le bianche scogliere di Dover.

Se il vero esponente della middle class è oggi Brown perché Brown è il leader che dà sicurezza alle paure di impoverimento delle frange deboli della classe di mezzo; se Brown è il vero artefice di una vittoria elettorale ottenuta con la somma algebrica d´un consenso alla politica sociale e di un dissenso sulla guerra irachena e sulle menzogne che l´hanno motivata; se queste due affermazioni riflettono la realtà dei fatti, allora è sbagliato affermare che giovedì in Gran Bretagna ha vinto il centro.

Per la semplice ragione che il centro non c´è.

Il centro non c´è più in nessuna società evoluta.

Semmai esistono molti centri che si manifestano in diverse situazioni, si intersecano, si combattono, le stesse persone e gli stessi gruppi sociali sono al tempo stesso su posizioni radicali, moderate, conservatrici, progressiste, pacifiste, interventiste. Non c´è più uno specchio ma un prisma: queste sono le società di oggi.

Due punti restano fermi e costituiscono un discrimine: la spinta verso la libertà che metta a rischio la spinta verso l´eguaglianza e addirittura provochi il suo contrario, è una posizione di destra e non di sinistra. La spinta che soppianti lo Stato di diritto con l´arbitrio della maggioranza non è né democratica né liberale.

Blair ha avuto molti meriti, soprattutto quello di cercare un welfare inclusivo in un´economia dinamica. Ma avuto anche molti demeriti. Soprattutto quello di prendere decisioni di estrema importanza contrarie ai sentimenti e alle convinzioni della larga maggioranza della pubblica opinione. Questo modo di agire non è lungimirante. Non si governano società complesse senza la partecipazione, manipolando il consenso sulla base di bugie e false informazioni.

Il risultato è dunque denso di insegnamenti per tutti.

* * *

Post scriptum. C´è ancora qualcuno che sostiene la tesi di un Iraq dove le cose si stanno mettendo finalmente sulla buona strada. Blair per esempio la pensa ancora così e lo dice. Anche Bush la pensa così, ma questo è ovvio.

Berlusconi non credo abbia ferme opinioni in materia, ma si adegua e promette che i nostri militari saranno presto in condizioni di tornare in patria «naturalmente d´accordo con gli alleati e con il governo iracheno». Il commento più pertinente su questa posizione l´ha fatto Andreotti in Senato in occasione del voto sulla fiducia: «Queste condizioni le vedremo realizzarsi tra qualche generazione».

È giusto non mescolare il doloroso caso Calipari con il ritiro delle truppe italiane dall´Iraq, ma è altrettanto giusto incalzare il governo a predisporre autonomamente la strategia di uscita dall´Iraq fissando

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