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Manfredi Alberti
Il terrorismo non è un romanzo
23 Novembre 2014
Libri segnalati
La narrativa controversa come il decennio.

La narrativa controversa come il decennio. «Periodo così cupo e con­tro­verso nell’immaginario collettivo, anche il momento di mas­sima appli­ca­zione dei prin­cipi costi­tu­zio­nali» (Gabriele Vitello, L’album di fami­glia. Gli anni di piombo nella nar­ra­tiva ita­liana). Il manifesto, 23 novembre 2014

Il rap­porto fra i cosid­detti «anni di piombo» e la nar­ra­tiva ita­liana è al cen­tro del bel sag­gio di Gabriele Vitello, stu­dioso for­ma­tosi alla scuola di Romano Lupe­rini e dot­tore di ricerca all’Università di Trento (L’album di fami­glia. Gli anni di piombo nella nar­ra­tiva ita­liana, Tran­seu­ropa, euro 14,90). L’autore si chiede per­ché non esi­sta un grande romanzo sul ter­ro­ri­smo ita­liano, nono­stante quasi tutti i nostri mag­giori scrit­tori si siano acco­stati al tema: da Leo­nardo Scia­scia a Nata­lia Ginz­burg, da Pier­paolo Paso­lini ad Alberto Mora­via. Vitello affronta la que­stione con gli stru­menti della cri­tica e della sto­ria let­te­ra­ria, aprendo all’occorrenza anche la cas­setta degli attrezzi dei cul­tu­ral stu­dies.

Vitello esa­mina un nucleo con­si­stente di testi let­te­rari sugli «anni di piombo» apparsi fra gli anni 70 e oggi, sce­glien­doli fra quelli che hanno posto al cen­tro della nar­ra­zione le dina­mi­che fami­liari. Un topos che risulta cen­trale nella pro­du­zione let­te­ra­ria sul ter­ro­ri­smo, spe­cie quello di sini­stra. Si spiega così il titolo pre­scelto, L’album di fami­glia, il quale riprende la cele­bre for­mula uti­liz­zata da Ros­sana Ros­sanda nel 1978, su que­sto gior­nale, per descri­vere i legami fra la cul­tura dei ter­ro­ri­sti e quella della tra­di­zione comu­ni­sta. La scon­tata let­tura edi­pica del ribel­li­smo gio­va­nile e della stessa lotta armata – come lotta dei figli con­tro i padri – non con­vince l’autore. Muo­vendo dalla rifles­sione del laca­niano Mas­simo Recal­cati sulla «eva­po­ra­zione del padre», Vitello evi­den­zia piut­to­sto la fra­gi­lità della figura paterna e l’esaurimento del suo ruolo tradizionale.

I romanzi stu­diati dall’autore attra­ver­sano due fasi distinte della nar­ra­tiva ita­liana: quella post­mo­derna, segnata da una sorta di «divor­zio» con la sto­ria, e quella più vicina ai canoni rea­li­sti, affer­ma­tasi a par­tire dalla metà degli anni 90. Se i romanzi della prima fase pre­fe­ri­scono evo­care le paure e gli spet­tri della sta­gione ter­ro­ri­stica, quelli più recenti cer­cano di ricu­cire un rap­porto con i fatti reali, rita­glian­dosi uno spa­zio fra altri stru­menti di comu­ni­ca­zione, come il cinema o la tele­vi­sione, forse più capaci di influen­zare il discorso pub­blico sul ter­ro­ri­smo. La pro­du­zione let­te­ra­ria esa­mi­nata, tut­ta­via, nel com­plesso non sem­bra essere stata all’altezza delle cir­co­stanze rie­vo­cate.

Per­ché? Forse, seguendo l’analisi di Vitello, si potrebbe indi­vi­duare come causa una certa dif­fi­coltà da parte degli intel­let­tuali di cogliere le reali poste in gioco e la por­tata delle tra­sfor­ma­zioni in atto negli anni 70. Si è trat­tato tal­volta di una con­sa­pe­vole sfi­du­cia nella pos­si­bi­lità di giun­gere a una rico­stru­zione razio­nale della sto­ria di que­gli anni, talal­tra di una rimo­zione delle cir­co­stanze reali e delle respon­sa­bi­lità dei sog­getti sociali coin­volti nel terrorismo.

Gli anni 70 sono, d’altra parte, fra i più com­plessi della sto­ria dell’Italia repub­bli­cana. Come ricorda l’autore, la cate­go­ria di «anni di piombo» non rende ragione delle tante sfac­cet­ta­ture di quel decen­nio. Quel periodo, così cupo e con­tro­verso nell’immaginario col­let­tivo, è anche il momento di mas­sima appli­ca­zione dei prin­cipi costi­tu­zio­nali. Lo Stato sociale (sep­pure mal­con­cio e sbi­lenco) che ormai da anni è sotto attacco ha cono­sciuto pro­prio allora i momenti fon­da­men­tali della sua costru­zione. Tutto que­sto è avve­nuto in un con­te­sto in cui la vio­lenza poli­tica sem­brava con­no­tare molte delle espres­sioni di rin­no­va­mento sociale, innal­zando il livello di tol­le­ranza della società e degli stessi intel­let­tuali nei con­fronti delle armi
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