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Luca Beltrami Gadola
Il territorio e i pericoli della legge
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Una breve, sintetica descrizione dell'idea di territorio del centrodestra nostrano, così come emerge dal progetto di legge urbanistica per la Lombardia. E un implicito invito. Dalle pagine milanesi de La Repubblica, 8 febbraio 2005 (f.b.)

Parlare di urbanistica e suscitare diffuse passioni credo sia impossibile -una materia troppo specialistica - io vorrei solo suscitare indignazione, cosa forse più facile. Sto parlando della Legge regionale per il governo del territorio che andrà in votazione oggi o domani in Regione.

Prima di tutto bisogna cambiarne il titolo in: Norme per il sollecito rilascio ai privati dei permessi di costruire, se, per un minimo di correttezza semiotica, vogliamo almeno che il titolo rispecchi i contenuti prevalenti.

La legge in votazione è la tanto attesa legge urbanistica regionale, quella che dovrebbe regolare le trasformazioni del territorio lombardo e, tanto per capirci, definire quantità, forma e disposizione degli edifici, il loro formare città e paesi, le loro interconnessioni funzionali - strade, piazze, ponti, ferrovie, aeroporti e altro ancora - insieme agli spazi per una ragionevole qualità della vita: spazi pubblici, verde artificiale, acque, parchi naturali, monumenti e così via. Insomma tutte quelle cose che, di ritorno da un viaggio per il mondo ci fanno dire: “Ho visto una bella città, ci abiterei volentieri”. Oppure no.

Oggi per fare una legge urbanistica seria bisogna aver chiaro cosa si voglia, quale modello si abbia in mente. Per esempio: in Lombardia abbiamo scelto la città come un continuo indistinto di edificato o abbiamo scelto un territorio di municipalità distinte e ben connotate come vorrebbe la Lega?

Puntiamo ancora alla città metropolitana oppure no? Dietro ogni scelta sta un disegno politico che si trasforma in legislazione: nella futura legge regionale non ve n’è traccia salvo che s’intenda per disegno politico il non scegliere o meglio il far scegliere agli operatori immobiliari. Anche questa è una politica.

Una legge urbanistica moderna dovrebbe dare indicazioni per la soluzione dei problemi dell’oggi - inquinamento, pendolarismo, congestione del traffico, calamità naturali, il valore degli immobili, il tutto strettamente legato all’assetto del territorio - senza limitarsi, come fa la nuova legge regionale, ad elencare questi problemi.

Senza chiuderli nella ormai logora cornice dello “sviluppo sostenibile”: un vestito per tutte le stagioni. Sostenibile per chi? Per quelli che hanno firmato il protocollo di Kyoto o per gli amici di Bush, l’amico americano?

La nuova legge regionale in votazione si connota per due aspetti particolari: lo svuotamento dei poteri delle assemblee elettive - Consigli comunali, provinciali e regionali - a favore delle Giunte, veri arbitri dell’urbanistica ed al riparo dalle opposizioni, e il trionfo delle DIA (dichiarazione d’inizio attività) come strumento autorizzativo del costruire.

Chiunque potrà presentare un progetto - dal canile al grattacielo - e aspettare trenta giorni: se nessuno si fa vivo è fatta, al diavolo le commissioni edilizie! Anche per i parchi naturali dispiaceri in vista: gli interessi di Regione, Province e Comuni (le loro Giunte) prevarranno sempre. In tanti ormai riparliamo degli “energumeni del cemento armato” come li definiva Antonio Cederna: mai si sarebbero aspettati tempi così favorevoli.

Ci si domanda però se anche a loro giovi questa deregulation selvaggia: anche nella lotta tra energumeni qualche regola serve, un minimo di civiltà come i protocolli tra re. E ancora: a chi servono città brutte ed inabitabili dove i valori immobiliari tenderanno a scendere? Forse non ci pensano: troppi sono della teoria del mordi e fuggi. No: del vendi e fuggi. Se domani l’opposizione farà la sua ultima battaglia anche in piazza, non lasciamola sola.

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