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Marco Bascetta
Il taglio «mirato»
30 Luglio 2008
Articoli del 2008
È facile mirare: si comincia con i più deboli, e poi si continua con tutti quelli che devono essere sfruttati perché Loro accrescano le loro ricchezze. Il manifesto, 30 luglio 2008

Il turno di notte alla catena di montaggio del decreto legge sulla manovra economica comporta l'omicidio bianco di ogni ragionevolezza. Dopo l'emendamento che smantella i già fragilissimi diritti dei lavoratori precari, è toccato al taglio generalizzato delle pensioni sociali. Ma non si tratta solo degli effetti di quel taylorismo legislativo escogitato da Tremonti che a colpi di fiducia e a ritmi forsennati conduce dritto a procedure politiche postparlamentari.

Nella natura della «svista» c'è tutta la verità dell'accecamento ideologico e della spensierata ferocia che attraversa in lungo e in largo la classe dirigente e la società italiana. Dobbiamo dunque a un leghista assonnato, ma tormentato dall'incubo dell'invasione extracomunitaria, la dimostrazione pratica di come la discriminazione dell'Altro non costituisca solo qualcosa di moralmente e costituzionalmente riprovevole, ma qualcosa che colpisce i diritti e le libertà di tutti (i più deboli, naturalmente).

Per escludere una piccola parte di immigrati (regolari, questo è chiaro) dal diritto alla pensione sociale, lo spadone di Alberto da Giussano si abbatte su centinaia di migliaia di italiani indigenti. Allarme, marcia indietro, vergognosa giustificazione: «ma noi volevamo colpire soltanto gli stranieri!» Si ripete, questa volta sul piano di un diritto economico, l'indecente vicenda delle impronte digitali. Dalla discriminazione dei rom si passa (come misura egualitaria apprezzata da Veltroni) alla schedatura generale della popolazione. Dalla negazione dei diritti e delle libertà di un gruppo etnico alla negazione dei diritti e delle libertà di tutti. Il fatto è che la discriminazione, la storia dovrebbe avercelo insegnato, funziona come una reazione a catena: è il primo passo quello che conta, il resto necessariamente consegue, dilaga senza più alcun freno. E a quel punto perfino il Pd rischia di accorgersene, elargendoci le sue patetiche lamentazioni.

Basterebbe già questo grottesco incidente parlamentare sulle pensioni sociali a giustificare pienamente le accuse di praticare politiche discriminatorie e fomentare sentimenti xenofobi e razzisti, rivolte al governo italiano dal rapporto della commissione Ue per i diritti umani. Il veleno della discriminazione scorre ormai ovunque. Supponiamo per assurdo (ma l'assurdo è ormai esperienza quotidiana) che un terremoto riduca in macerie due palazzine. Una abitata da italiani, l'altra da stranieri. E che i soccorsi si dedichino prioritariamente a salvare i primi. E che i secondi, una volta usciti a fatica dalle macerie, protestino e vengano malmenati dalla polizia. E' uno scenario drammatizzato, ma che riproduce per filo e per segno ciò che è accaduto agli immigrati di Pianura a Napoli. Queste sono le politiche, questo è il clima, questo è il senso comune. Il commissario europeo per i diritti umani Hammerberg è fin troppo morbido nelle sue valutazioni. Ma la barbarie quotidiana non merita attenzione, quel che conta è che si continui a cantare tutti insieme l'inno di Mameli.

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