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Ilaria Carra
Il suolo consumato dal centrodestra padano
23 Ottobre 2014
Consumo di suolo
Una legge per il contenimento del consumo di suolo, che (roba da matti) invece di stabilire cosa lo è e cosa no, prevede «criteri che definiranno di volta in volta il concetto di consumo di suolo». Articoli di Andrea Montanari e Ilaria Carra.

Una legge per il contenimento del consumo di suolo, che (roba da matti) invece di stabilire cosa lo è e cosa no, prevede «criteri che definiranno di volta in volta il concetto di consumo di suolo». Articoli di Andrea Montanari e Ilaria Carra. La Repubblica, ed. Milano, 24 ottobre 2014 (f.b.)

Nuove costruzioni nessun vincolo per almeno tre anni
di Andrea Montanari

Accordo fatto nella maggioranza di centrodestra che governa la Regione Lombardia sulla nuova legge sul consumo del suolo. Ridimensionato il progetto dell’assessorato regionale all’Urbanistica e Territorio Viviana Beccalossi (FdI) che prevedeva restrizioni anche retroattive. Il vincolo scatterà solo tra tre anni. I progetti già previsti nei piani di governo del territorio dei Comuni potranno andare avanti. Vincolati solo i terreni agricoli, ma solo se non sono già destinati ad edificazioni. Il via libera del Consiglio regionale è previsto a metà novembre.

Restrizioni non più retroattive, tre anni di tempo per Comuni e costruttori per adottare le nuove regole e approvare i progetti attuativi e vincoli solo sui terreni agricoli sui quali non siano ancora previste destinazioni edificatorie. L’accordo raggiunto a fatica nella maggioranza di centrodestra sulla nuova legge sul consumo del suolo che sarà illustrato oggi al Pirellone, a prima vista, appare una netta vittoria della lobby dei costruttori, che avevano alzato le barricate contro l’iniziale testo molto restrittivo portato in giunta dall’assessore regionale all’Urbanistica e Territorio Viviana Beccalossi, di Fratelli d’Italia, nell’ormai lontano febbraio di quest’anno. Un compromesso raggiunto dopo mesi di liti, veti incrociati, che per l’immediato dovrebbe impedire esclusivamente nuove varianti per cambiare la destinazione d’uso dei terreni attualmente agricoli. Ma solo per il futuro.

I fautori del nuovo testo spiegano che si è voluta evitare una pioggia di ricorsi e contenziosi con le imprese di costruzione, se fosse stato approvato il vecchio progetto di legge, che di fatto stabiliva il blocco totale al consumo di nuovo suolo sul territorio lombardo. Un divieto che a questo punto dovrebbe scattare tra tre anni. Nel frattempo, da un lato i Comuni dovranno adeguarsi alle nuove regole senza dover riapprovare i loro Pgt. Mentre le imprese di costruzione potranno verificare se i loro progetti già previsti saranno ancora in linea con la domanda di abitazioni e nuovi edifici. Inoltre, entro un anno la Regione approverà il nuovo Piano territoriale regionale che conterrà le nuove regole nel dettaglio.

La nuova legge sul consumo del suolo, infatti, non dovrebbe più contenere i limiti volumetrici che erano previsti nel primo testo approvato dalla giunta, per sostituirli con «criteri» che definiranno di volta in volta il concetto di consumo di suolo. Determinante per raggiungere il nuovo accordo la mediazione di Forza Italia e Nuovo centrodestra, visto che finora erano stati presentati ben quattro progetti di legge differenti. Non è difficile immaginare, però, la delusione delle associazioni ambientaliste. Ora il nuovo testo dovrà iniziare l’iter per l’approvazione in commissione Territorio prima di approdare in Consiglio regionale a metà novembre.

La colata di cemento sul bacino del Seveso
di Ilaria Carra

Il comune di Varedo è uno dei casi più emblematici. Negli ultimi dieci anni la superficie urbanizzata, in questa cittadina della bassa Brianza, è cresciuta del 10 per cento, salendo così al 67. Capannoni, edifici pubblici, abitazioni private, parcheggi: in una parola, cemento. Ma nello stesso periodo, i nuovi abitanti sono aumentati “solo” del 2,5 per cento. OGNI nuovo cittadino, cioè, ha occupato idealmente mille metri quadri di terreno, spesso per farci una villetta con giardino, che prima era libero. Una sproporzione netta, per gli esperti, tra il consumo di suolo e le esigenze demografiche. Non è un caso isolato, questo, tra i vari comuni lungo il bacino del Seveso, il fiume maledetto che in 140 anni ha causato 350 allagamenti, l’ultimo l’8 luglio portando in dono oltre venti milioni di danni anche a Milano città. E quanto si è costruito in questi comuni è tutt’altro che secondario in questa partita.

Il ragionamento è questo: un terreno vuoto fa da spugna. Un dato per capire: un ettaro di prato è in grado di assorbire 3,8 milioni di litri di acqua, una quantità pari a una pioggia di 400 millimetri. Lo stesso ettaro, se urbanizzato, non solo non trattiene nulla ma produce anche un costo sociale di 6.500 euro ogni anno. Perché se l’acqua, quando piove, non s’infiltra nel terreno perché incontra ostacoli di qualsiasi natura — da un capannone a un edificio fino a un parcheggio asfaltato — il flusso scorrerà e riempirà più velocemente il fiume, nella fattispecie il Seveso, che strariperà prima. Tocca dunque alle amministrazioni governarne il flusso, ovvero farsi carico del drenaggio che non avviene in modo naturale causa cemento.

La fotografia dei livelli di urbanizzazione la scatta il Politecnico, che da anni assieme a Legambiente ha una squadra di esperti incaricata proprio di studiare gli effetti sull’ambiente del consumo di suolo. E lungo l’asse del Seveso sono visibili a ogni esondazione. È qui che si arriva a picchi di 80 per cento di territori costruiti, specialmente a valle, nei comuni verso Milano. Bresso su tutti, ma anche Bovisio Masciago, Cinisello Balsamo. Ma ci sono anche comuni del Comasco di pochi abitanti, come Montano Lucino, dove si continua a costruire ben oltre la necessità demografica.

«Se i terreni attorno al bacino del Seveso vengono progressivamente impermeabi-lizzati, una quantità maggiore di acqua arriva nel fiume in un tempo inferiore — spie- ga Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale ambientale al Politecnico —. L’acqua va dove vuole e contribuisce alla formazione delle piene: il fiume è come un registratore, ci sono stati comportamenti urbanistici fuori controllo sia a monte sia a valle dell’asse del Seveso». Tradotto, si è costruito troppo. Lo pensa anche il ministro all’Ambiente, Gian Luca Galletti, che tre giorni fa, dopo la presentazione del maxi progetto per contenere il Seveso per il quale il governo promette di sborsare 140 milioni, diceva che «le cause dell’attuale condizione di dissesto idrogeologico, e si pensi, per stare sull’attualità, ai fiumi Seveso, a Milano, e Bisagno, a Genova, vanno ricercate anche nell’eccessivo consumo di suolo dovuto alla speculazione edilizia e all’urbanizzazione senza regole che hanno trasformato radicalmente la morfologia dei suoli».

... e intanto nella padania che nutre il pianeta ...

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