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Antonello Falomi
Il senatore: «Troppe ambiguità dei Ds sulla missione in Iraq»
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Da l'Unità on line dell'11 febbraio 2004. le ragioni del dissenso tra i DS, in un'intervista raccolta da Luana Benini

ROMA Antonello Falomi è seduto sul divanetto nella sua stanza di vicepresidente del gruppo Ds al Senato. Il piccolo ramoscello di Ulivo sul bavero della giacca. Non se lo toglie mai. La sua storia è quella di un ulivista convinto. Quella stanza ora dovrà abbandonarla. La sua è stata una «decisione sofferta». E per il momento si sente «orfano» come confida agli amici che gli telefonano. «Ma spero che il mio non sia un abbandono definitivo. Spero sempre di poter ritrovare un partito diverso da quello che sto lasciando. La lotta politica serve anche a questo». L’amarezza c’è, tuttavia: «In un partito le regole che attengono alla partecipazione della minoranza non possono essere le stesse che ci sono in un consiglio di amministrazione. Bisogna sempre trovare la sintesi che consente di tenere insieme un partito».

Come è arrivato a questa decisione?

«L’ultima riunione della direzione del partito è stata un passaggio chiave. La minoranza ha tentato in tutti i modi di mutare la posizione che ormai sta emergendo nel partito sulla vicenda irachena. Hanno respinto tutto. Quello che più mi ha colpito è l’ambiguità, la doppiezza, il ricorso a marchingegni parlamentari per non affrontare con chiarezza questo nodo».

Quale ambiguità?

«Non si può dire: se otteniamo lo scorporo del decreto si vota contro il finanziamento della missione in Iraq. E poi dire contemporaneamente che è sbagliato chiedere il ritiro delle truppe. È una contraddizione. O si vogliono lasciare lì le truppe senza viveri e armanenti, il che è palesemente assurdo. Oppure, in realtà, si sta cercando di indorare la pillola per far digerire un mutamento di posizione rispetto a pochi mesi fa».

A che cosa attribuisce questo mutamento di posizione?

«Si pensa di poter vincere la battaglia contro Berlusconi spostando verso il centro, in senso moderato, il baricentro della coalizione. La mia contrarietà all’operazione triciclo nasce proprio di qui».

Lei fa parte del correntone che però ha deciso di condurre una battaglia dall’interno contro quella che definisce la deriva moderata del partito.

«Condivido le riflessioni, le analisi, le proposte che in questo momento sta facendo il correntone. La sua battaglia è giusta e sacrosanta. Si deve solo ringraziarlo per la funzione che svolge nel partito. Io ho scelto di condurre la stessa battaglia in forme diverse e nuove».

Su questa scelta ha pesato il rapporto con Occhetto...

«Ho partecipato con impegno al tentativo di Occhetto e Antonio Di Pietro di collocare la loro lista dentro una prospettiva diversa da quella del partito riformista. La loro battaglia aveva portato anche a un risultato politico importante: la sottoscrizione di un documento comune nel quale si affermava che la lista del triciclo non era la premessa di un partito riformista ma il primo passo per il rilancio della costituente di un Ulivo più ampio e attento a movimenti e società civile».

Poi cosa è accaduto?

«Nel giro di quattro giorni ci sono state tre interviste di Rutelli, D’Alema e Fassino che smentivano quanto era stato sottoscritto e ribadivano che l’operazione triciclo era funzionale al motore riformista. Si è data l’impressione che la firma a quel documento fosse stata apposta senza crederci davvero. A quel punto Occhetto e Di Pietro hanno fatto un’altra scelta».

Ora c’è anche la faccenda del simbolo...

«Spero vivamente che ci si metta intorno a un tavolo e si trovi un accordo. Altrimenti sarebbe la riprova che la lista cosiddetta unitaria anziché unire divide. E non si può nemmeno ripetere la favola del lupo e dell’agnello: chi ha deciso di impossessarsi del simbolo di una intera coalizione non sono i partiti minori che giustamente protestano, ma i partiti maggiori. Credo che a Prodi converrebbe fare il leader di tutta la coalizione e non farsi schiacciare su una parte. Per quanto siano ottimistiche le previsioni elettorali del listone manca sempre un 20% dei voti per arrivare al 51%».

Si impegnerà nella lista con Occhetto?

«Condivido la carta di intenti con la quale Occhetto ha aperto un confronto con Di Pietro per definire la lista. E condivido l’idea di aprirsi a personalità collegate ai movimenti. Se il processo si concluderà positivamente è possibile un mio impegno».

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