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Giuseppe D?Avanzo
Il segreto senza Stato
5 Luglio 2007
Articoli del 2007
L’eversione “istituzionalizzata” del SISMI è una minaccia grave alla nostra democrazia che va stroncata al più presto. Da la Repubblica, 5 luglio 2007 (m.p.g.)

Il Consiglio superiore della magistratura denuncia che l´intelligence militare (il Sismi) – a partire dal 2001 e intensamente fino al 2003 e saltuariamente fino al 2006 – ha spiato, anche con l´aiuto di qualche "toga sporca", quattro procure della Repubblica (Milano, Torino, Roma, Palermo), 203 giudici (47 italiani) di 12 paesi europei. Li ha spiati per sorvegliarne le iniziative; per intimidirli con operazioni di disinformazione; per screditarli con manovre «anche traumatiche». Per comprenderla meglio, la notizia va ridotta all´osso. Nel suo significato essenziale ci racconta che per cinque anni un programma illegittimo, anticostituzionale e minaccioso è stato coltivato e realizzato non da un ufficio separato o infedele o "deviato" dello spionaggio, ma dal Sismi stesso, dalla sua stessa direzione perché ogni iniziativa e risultato della "pianificazione" è stato riferito direttamente al capo delle spie, il generale Nicolò Pollari. Per dirla con una formula, l´attività abusiva del Sismi era «istituzionale». A conferma dell´uso "separato" che impone a ogni sua funzione, il generale – oggi consigliere della presidenza del Consiglio – ha replicato alla denuncia del Csm con una lunga e solitaria apparizione al Tg5. Con il consueto disprezzo per i fatti, negando ogni responsabilità, anche quelle ammesse dal suo "braccio destro". Ha minimizzato l´attività di dossieraggio, anche quelle documentate dall´archivio sequestrato. Ha preso la parola a nome del Sismi, come se ancora lo dirigesse. Ha polemizzato, quasi si trattasse di una baruffa televisiva, con un organo di rilevanza costituzionale presieduto dal capo dello Stato. Se c´era bisogno di avere la conferma dell´esistenza di un «agglomerato» spionistico (legale/illegale) che si è autonomizzato, privatizzato intorno a interessi estranei ai compiti istituzionali e del tutto personali e autoreferenziali, Nicolò Pollari ne ha offerto ieri un saggio con il suo volto e con le sue parole: con l´irresponsabilità onnipotente di chi si sente ancora e sempre una sorta di autorità autonoma e separata.

La "sfida" del generale fa chiarezza, tutto sommato. Come chiarezza fa il documento approvato dal Csm, come sempre esaminato dal presidente della Repubblica. Il lavoro del Consiglio ha infatti il pregio di eliminare la fuffa che gli attori, Pollari in prima fila, hanno accumulato su questo affare. Lo si è voluto rappresentare con la faccia e i modi di un tale di nome Pio Pompa, diventato dal mattino alla sera, nel 2001, alto dirigente del Sismi, con un suo ufficio riservato in via Nazionale a Roma, alle dirette dipendenze del direttore del Servizio. Questo Pompa è un uomo in apparenza ridicolo, che si comporta in modo ridicolo, che dice cose ridicole. Se ne va in Parlamento e dinanzi al Copaco (la commissione di controllo dei servizi segreti) si presenta come «un compagno», uno – per dire – che si è laureato con una tesi su «Togliatti e il Mezzogiorno»; un tipo che la domenica andava in giro a diffondere l´Unità; un funzionario dello Stato e agente segreto che riconosce un solo leader degno di governare il Paese. Romano Prodi, naturalmente. Salvo poi scoprire che scriveva a Berlusconi: «Sarò, se Lei vorrà, il suo uomo fedele e leale…». Come prendere sul serio Pompa? Il fatto è che il tipo ridicolo è soltanto una maschera grottesca e oggi utile. Protegge l´autore e le responsabilità dell´impresa. Ne occulta la ragione politica e istituzionale. Il Csm se ne libera con un tratto di penna e va al cuore nero della vicenda. Pollari, il direttore dell´intelligence militare, era informato ad ogni passo dello spionaggio contro la magistratura (lo ammette Pompa). Quindi quel Sismi si è messo al lavoro in forme del tutto illegittime rispetto alla propria missione istituzionale, che è – secondo legge – «la difesa sul piano militare dell´indipendenza e dell´integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione». Per il Sismi proteggere l´integrità dello Stato ha voluto dire difendere un governo dai contrappesi costituzionali, tutelarlo dalle opinioni dissenzienti. È nella denuncia di questa deformazione, il segnale di pericolo lanciato del Csm. «È chiaro – scrive il Consiglio – che le iniziative giudiziarie (soggette ai controlli giurisdizionali previsti dall´ordinamento) e il dibattito politico-culturale sono componenti essenziali della democrazia e nulla hanno a che vedere con aggressioni o minacce che richiedono azioni di "difesa sul piano militare"; inoltre, il compito dei Servizi è quello di vigilare sulla "indipendenza e integrità dello Stato" e non sulla stabilità del Governo contingente, qualunque ne sia il segno politico».

Nell´interpretazione delle regole praticata dal generale Pollari, si sono creati sillogismi deformi e antidemocratici. Lo Stato è il governo, qualunque siano le sue decisioni, mosse, progetti e responsabilità. Ogni opposizione al governo – sia controllo giurisdizionale o informazione o convinzione culturale e politica – diviene immediatamente, in questa dottrina azzardata, "una minaccia alla sicurezza nazionale", quindi un´eversione che giustifica ogni mezzo, ogni attività di spionaggio, finanche una «pianificazione traumatica». Per anni, si è voluto rappresentare questo sentiero stortissimo con una tautologia, a volte anche in buona fede. Si è detto, l´intelligence è l´intelligence: si sa, lavora con metodi sporchi, border line, spesso oltre i confini della legalità. Ma il nodo della minaccia non era nel metodo. Era nel fine. Non era nell´illegalità possibile del lavoro di intelligence, ma nella legittimità di quel lavoro che trova ragioni soddisfacenti e adeguate soltanto «nella difesa dello Stato» e non può trovarle, come è accaduto al Sismi di Pollari, nella protezione di un equilibrio politico; nello scudo per un governo (quale che sia); nell´aggressione ad altre indipendenti funzioni dello Stato (la magistratura), della politica (l´opposizione), della società (la stampa) e, infine, nella creazione di un potere "autonomo", privato, extraistituzionale. È nella denuncia di questa mutazione genetica di una burocrazia dello Stato la rilevanza dell´accusa del Csm. Che non può rimanere senza esiti e riscontri. Ne potrebbe (dovrebbe) trovare subito tre.

In uno dei primi interrogatori a cui è stato sottoposto, Pio Pompa ha farfugliato dinanzi al pubblico ministero di Roma la formula del segreto di Stato. Bene, il governo potrebbe chiarire presto e in modo inequivoco che tutta l´attività svolta dall´ufficio di disinformazione e dossieraggio di via Nazionale non è coperta da segreto di Stato in quanto in quell´ufficio non si è svolta alcuna attività in difesa dell´integrità dello Stato. Il secondo immediato esito dovrebbe coinvolgere il Sismi, oggi diretto dall´ammiraglio Bruno Branciforte. Quante delle informazioni, dei dossier autentici e fasulli raccolti dagli uomini di Pollari – in base al sillogismo "Stato uguale governo"; "opposizione uguale eversione" – si sono "sedimentati" negli archivi del Servizio? Bene, ripulire gli archivi di quelle scorie avvelenate deve voler dire mettere a disposizione della magistratura le informazioni per neutralizzarle, per accertare le responsabilità di un´ombra che ha oscurato la democrazia italiana. Infine, un terzo esito. Immediato. Per il generale Pollari. Dopo la sfida lanciata dalla tv al Csm, può ancora essere consigliere del governo?

Palazzo Chigi dovrebbe battere un colpo.

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