Al solito: piove, agricoltura disastrata, e si “scopre” che cementificare a vanvera produce solo guai, al massimo bolle edilizio-finanziarie. Il Sole 24 Ore, 18 maggio 2013 (f.b.)
Ancora una volta si stila il bollettino di guerra. E si replica il solito vecchio copione. Sott'acqua infatti con il mais, la frutta e il riso, rischiano di finire i redditi degli agricoltori, ridotti in dieci anni del 25%, «provati» da costi alle stelle e da prezzi che continuano a scendere, come conferma l'ultima rilevazione dell'Ismea di aprile (-6%). D'altra parte l'agricoltura è una fabbrica a cielo aperto soggetta a un andamento meteorologico che negli ultimi anni sta diventando sempre più imprevedibile. Ma non basta la rassegnazione contro la natura matrigna.
Gli effetti delle piogge in cui stanno affogando le colture italiane più redditizie, le commodity che reggono le sorti del made in Italy alimentare, sono anche il frutto di una scellerata politica che ha bruciato migliaia di ettari di terre fertili e che ha reso i fiumi delle discariche. «Troppe case, strade e capannoni - denuncia Coldiretti Lombardia - hanno ridotto la capacità di drenare l'acqua in eccesso soprattutto nei periodi di maltempo». I terreni coltivati invece svolgono una strategica funzione di assorbimento dell'acqua «un airbag naturale» in grado di limitare i danni. Così come la presenza dell'uomo, il mantenimento dell'habitat, la celebrata funzione degli agricoltori guardiani del territorio sono un fondamentale antidoto agli attacchi della natura. È mancata una politica del territorio che certo avrebbe richiesto risorse, ma sicuramente inferiori rispetto a quelle necessarie per indennizzare i danni.
Nonostante gli appelli l'Italia continua a ridurre il suo patrimonio. Una recente indagine realizzata dal ministero delle Politiche agricole, in occasione della presentazione di un ddl contro l'erosione di suolo agricolo (rimasto in archivio), aveva stimato in dieci anni la perdita di 5 milioni di ettari coltivati per una superficie equivalente a Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna messe insieme. Solo in Lombardia per fare posto al cemento si cancellano ogni anno 5mila ettari di aree verdi. E poi resta il nodo delle infrastrutture idriche con un piano di opere approvato da anni, ma che non riesce a decollare.
E così il mix tra l'azione dell'uomo, che taglia spazi alle coltivazioni, e il bizzarro andamento climatico mette in crisi i bilanci aziendali, portando l'agricoltura verso il tracollo. Con oltre 50mila aziende a rischio di chiusura entro quest'anno (previsioni della Cia). Quasi una beffa considerando che l'ultima stima sul Pil diffusa dall'Istat qualche giorno fa attribuisce al settore l'unico segno positivo. E se non si riesce a prevenire anche la strada dei risarcimenti è lastricata di ostacoli. Le assicurazioni infatti restano una debolezza strutturale delle imprese, conseguenza delle difficoltà economiche che impongono tagli ai costi aziendali. Una svolta dovrebbe arrivare dalla riforma della Politica agricola comune proiettata su una nuova strategia della gestione dei rischi.
Ma in attesa di nuove politiche non resta che la conta dei danni.