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Paolo Colonnello
Il "quartiere modello" mai nato
18 Febbraio 2010
Milano
Fra i tanti fiori decisamente appassiti di Milano, utile promemoria su Santa Giulia & dintorni. La Stampa, 18 febbraio 2010 (f.b.)

In questi giorni di pioggia, il quartiere integrato, la città nella città, «il nuovo stile di vita», è ancora più triste. Strade di fango e sterpaglie al posto del «polmone verde» da 33 ettari. Poche vetrine illuminate al posto del «bulevard», anzi di «Montecity avenue», come era stata ribattezzata nei pomposi progetti di sir Norman Foster, l’architetto di grido fatto sbarcare dall’Inghilterra per dare vita alla nuova zona modello di Milano che invece è entrata di diritto nel modello delle Grandi Incompiute, le opere degli sprechi finanziate con soldi privati e pubblici e che sembrano non terminare mai. Qui per fare la spesa, per andare in farmacia, per prendere un tram, bisogna alzare i tacchi e andare in centro, quello vero, perché di negozi, servizi, scuole o asili, non si è vista ancora l’ombra. Benevenuti a Rogoredo Montecity-Santa Giulia, una bella idea finita male.

Con l’aggravante di un’inchiesta ancora aperta e che rischia di far scoprire rifiuti tossici seppelliti nelle aree ancora da costruire invece delle bonifiche promesse. Bonifiche che, quando nei primi anni ’90 s’iniziarono a stendere i progetti, erano stati stimati, secondo Legambiente, in 60 milioni di euro, e che sono arrivati a sfiorare costi per oltre 200 milioni, in buona parte finanziati dagli enti pubblici, Regione e Provincia, senza la certezza che i terreni siano stati davvero bonificati.

E’ la storia dell’inchiesta che nell’ottobre scorso portò in carcere l’imprenditore Giuseppe Grossi, titolare della Green Holding, uno dei colossi delle bonifiche nel Nord Italia, accusato di aver gonfiato le fatture proprio sul trasporto della terra inquinata per decine di milioni. E di aver corrotto, con regali, automobili, orologi e prebende di vario genere, diversi politici locali e vari funzionari. Anche se, a quasi un anno dall’inizio dell’inchiesta, ancora non si è riuscito a capire che fine abbiano fatto, ad esempio, «due milioni e mezzo di euro» in contanti che «nel solo 2008» Grossi si era fatto riportare in Italia dagli spalloni della società svizzera Silvoro per distribuirli non si sa bene a chi.

Una storia da manuale che mescola corruzione, lassismo amministrativo, sprechi e speculazione, per un’area, quella di Montecity Santa Giulia, tormentata anche dal mezzo fallimento della società proprietaria, quella Risanamento dell’immobiliarista piemontese Luigi Zunino arrivata a un passo dalla bancarotta e tenuta in vita dall’intervento massiccio delle banche. Sulla carta, un ottimo affare: 550 milioni di euro per acquistare oltre un milione di metri quadrati, infestati un tempo dagli impianti chimici Montedison, a fronte di investimenti per un miliardo e 100 milioni e previsioni di ricavi doppi.

Peccato che basta farsi un giro tra le case nuovissime e spettrali del quartiere per capire che qualcosa non ha funzionato. Eppure, ancora qualche mese fa, il Comune di Milano aveva tentato il rilancio promettendo, per bocca dell’assessore all’Urbanistica Carlo Masseroli, la ripresa dei lavori e la realizzazione di quei servizi indispensabili per le decine di famiglie che già vivono Santa Giulia, entro il 2010.

Ma rischia di arrivare prima la conclusione delle indagini dei pm Laura Pedio e Gaetano Ruta con relative richieste di rinvio a giudizio per un’inchiesta che si è rivelata complessa come una matrioska con filoni diversissimi tra loro: dall’ombra della malavita organizzata sugli appalti alle bonifiche mai realizzate, fino ai conti all’estero custoditi da Rosanna Gariboldi, ex assessore alla provincia di Pavia nonché moglie di Giancarlo Abelli, ex ras della sanità lombarda e vicecoordinatore nazionale del Pdl, uscita dalle indagini dopo aver patteggiato una condanna a due anni e mezzo di reclusione. Rimangono poi da chiarire le vicende intorno all’ex area Sisas di Pioltello, con una pioggia di milioni versati a Grossi dalla Regione come «paracadute» per le sue speculazioni fino alla questione del piano cave in Lombardia. E i cui costi per la collettività, tra tangenti, false fatture, lievitazioni varie, potranno essere contabilizzati dalla Corte dei Conti solo tra qualche anno.

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