Cominciano a capire che cos'è il project financing all'italiana. C'è chi lo predica da decenni, e noi pagheremo tutto perché chi decide non sente. La Nuova Venezia, 2 novembre 2015
IL PM ORDINA LA PERIZIA SUI COSTI
Mestre. A quasi tre anni da quando Piergiorgio Baita (arrestato per le tangenti Mose) parlò dell’affaire Ospedale dell’Angelo a Mestre, la Procura di Venezia cerca ancora di capire se anche in quell’operazione ci fu un malaffare traducibile in reati da contestare. Da mesi un commercialista sta passando al setaccio il project finacing che ha permesso di realizzare l’opera nella periferia di Zelarino. Le indagini sull'ospedale dell'Angelo, nate da una “costola” della maxi inchiesta sullo scandalo Mose, alimentarono, fin da subito, attraverso le dichiarazioni di Baita, una serie di sospetti su l’opera realizzata attraverso la finanza di progetto. Sospetti, peraltro, estesi anche a tutte le altre opere realizzate o previste in Veneto con analoghe modalità contrattuali.
Il sostituto procuratore Laura Cameli, alla quale è stato affidato il fascicolo nel 2013, ha disposto una consulenza tecnica, affidata ad un commercialista mestrino. C’è il sospetto che l’intervento sia stato troppo vantaggioso per i privati che lo hanno realizzato anticipando il denaro. Il dubbio: se il profitto per le imprese è stato esagerato, chi lo ha garantito politicamente potrebbe averne tratto beneficio. Su questo si indaga. L’operazione, per le casse della Regione e quindi dei cittadini, è stata decisamente poco conveniente; lo hanno detto in molti e la stessa Corte dei Conti da tempo ha ficcato il naso.
Sono ben cinque le indagini della magistratura contabile sull’ospedale mestrino. Le sta conducendo la Procura regionale della Corte dei conti per verificare la legittimità di alcune spese e, di conseguenza, accertare la possibile sussistenza di un danno erariale. La più rilevante riguarda, appunto, l’operazione finanziaria che ha permesso la costruzione del polo ospedaliero di via Paccagnella, costruito in gran parte con soldi di una cordata alla quale l’Ulss 12 è impegnata a versare un canone, in parte relativo all’ammortamento, in parte ai servizi dati in gestione (riscaldamento, rifiuti, mensa, lavanderia); 248 milioni sborsati dai privati a fronte di oneri per 1 miliardo e 200 milioni spalmati in 24 anni. Decisamente troppo.
ZAIA: «VIA LA POLIITICA, DECIDANO I TECNICI»
di Filippo Tosatto
VENEZIA Le procedure di finanziamento del nuovo ospedale di Padova, la querelle giudiziaria e amministrativa sui costi abnormi dell’Angelo di Mestre, il piano infrastrutturale “dormiente” in Regione: si riaccende così lo scontro sui project financing, i contratti “misti” che nella lunga stagione galaniana hanno sancito l’accesso dei capitali privati alle grandi opere pubbliche, consentendo la realizzazione di obiettivi importanti (dalla sanità alle strade) ma rivelandosi troppo spesso punitivi per le casse del Veneto e “vulnerabili” sul versante della legalità. Che fare allora?
In tempi di tagli alla spesa, come si conciliano trasparenza, tutela dell’interesse pubblico e raccolta delle risorse necessarie a finanziare i progetti strategici? «La prima legge approvata dalla nuova assemblea regionale l’ho presentata io e riguarda la revisione sistematica dei contratti di finanza di progetto», afferma il governatore Luca Zaia «la volontà è quella di riesaminare tutti i project in fieri e accertarne sia l’effettiva necessità che la sostenibilità sul piano economico. Intendiamoci, i project non sono entità demoniache ma contratti adottati in tutto il mondo: possono risultare vantaggiosi per il pubblico oppure devastanti, come accaduto in passato. Dipende dalle clausole previste. Ai cittadini dico questo: chi è ladro, ruba dappertutto, anche le elemosine in chiesa. Servono poche regole chiare, il procuratore Nordio ha ricordato che l’attuale giungla di leggi e burocrazia in materia di appalti non scoraggia, anzi favorisce le tangenti».
Nel frattempo, i contratti-capestro stipulati zavorrano i conti pubblici... «Cercheremo in ogni modo di rinegoziarli ma per ridiscutere un accordo firmato, occorre essere in due oppure rassegnarsi a pagare i danni». Ma cosa cambierà d’ora in poi? «Che la politica resterà fuori dalla finanza di progetto. La scelta della proceduta di finanziamento per le nuove opere avverrà in modo comparativo, con atti certificati, rispetto alle opzioni disponibili: accesso al credito ordinario, richiesta di mutuo alla Banca europea investimenti, ricorso al project. La stella polare sarà il vantaggio istituzionale e l’ultima parola spetterà ai tecnici, qualificati a decidere e pagati per farlo». È tutto? No. Nei giorni scorsi il deputato padovano del Pd Alessandro Zan ha attaccato duramente il governatore leghista, imputandogli amicizie poco chiare con personaggi coinvolti nello scandalo Mose: «Dignità e coerenza vorrebbero che Zan rinunciasse all’immunità parlamentare per favorire un sereno dibattito penale e provare le accuse che mi muove. Così non è, perciò sarò io a recarmi presso la Procura della Repubblica ma anche dal giudice civile.
Per non aggiungere squallore a un dibattito che esito a definire politico, eviterò di ricordare all’onorevole quanti, nel suo partito, hanno avuto a che fare con l'inchiesta Mose e su quali tipi di rapporti diciamo cosi “ambientali” le Procure hanno meritoriamente fatto luce». Chi assume una posizione drastica sulla vicenda è il M5S: «Siamo contro i project financing senza se e senza ma», scandisce il capogruppo Jacopo Berti «perché si sono rivelati l’alveo naturale di sprechi, corruzione e mangiatoie, senza alcun beneficio per il tessuto sociale. Un esempio per tutti, l’ospedale di Mestre: i privati hanno versato 248 milioni, la Regione li ripagherà con 1,2 miliardi nell’arco di 24 anni. È uno strumento finanziario perverso, che assicura profitti esagerati agli investitori in assenza di ogni rischio imprenditoriale»; i pentastellati, si diceva, non ammettono eccezioni: «Se governassimo noi, stracceremmo anche i contratti in vigore, meglio pagare la clausola rescissoria e voltare pagina».