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Marco Guerzoni
Il principe, le centrali e l'urbanistica
14 Aprile 2004
I tempi del cavalier B.
Un altro passo verso la demolizione degli strumenti base per un governo democratico delle trasformazioni territoriali, e la distruzione del paese, nell’analisi di Marco Guerzoni di un provvedimento recente (febbraio 2002)

Il decreto che sblocca le centrali, annulla la pianificazione territoriale e mortifica la valutazione ambientale

Il così detto "decreto sblocca centrali", il DL 7/2002 pubblicato il 9 febbraio 2002, contiene alcuni interessanti e drammatici elementi che fanno parte - presumibilmente - del disegno di sistematica eliminazione della pianificazione e della programmazione territoriale che l'attuale Governo della Repubblica sta scientificamente perpetrando, e inflazionano ulteriormente il processo di federalismo - così tanto sbandierato - e di sussidiarietà, riducendo le Regioni e gli Enti Locali a meri vassalli del principe.

S'intitola "misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale" e ha due soli articoli, eversivi e dirompenti. Rassicura gli italiani circa le soluzioni che "urgentemente" il principe sta adottando per garantire a tutti la luce necessaria e l'energia sufficiente almeno per tenere accese le sue tv. Si dice insomma (ma sarà vero?) che in Italia c'è un grave pericolo di restare senza elettricità e perciò, dal 9 febbraio 2002, chiunque voglia costruire una centrale elettrica può direttamente chiederlo al ministro per le Attività Produttive (a proposito, chi è? ma soprattutto dov'è?), il quale con gran celerità - al massimo 180 giorni (comma 2) - darà un assenso che scioglierà qualsiasi "laccio e lacciuolo", garantendo, in men che non si dica, la cantierabilità. Con questa "autorizzazione unica" infatti, il Ministro dichiara la pubblica utilità dell'opera e "sostituisce autorizzazioni, concessioni, ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti" (articolo 1, comma 1); ciò significa che essa - l'autorizzazione unica - "ha effetto di variante degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale" (comma 3) e "fino al 31 dicembre 2003 sospende l'efficacia dell'allegato IV del DPCM 27 dicembre 1988 [istitutivo dello studio di compatibilità ambientale di alcune opere, tra cui anche le centrali elettriche, ndr]", assieme alla sospensione dell'efficacia di altre norme per la tutela e la prevenzione ambientale (commi 2 e 5).

Con un solo articolo quindi si afferma che la pianificazione territoriale e urbanistica è inutile, e che in ragione dell'utilità pubblica delle centrali elettriche private, essa si può tranquillamente surrogare. Come se non bastasse, pure la procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale viene martoriata - sebbene già moribonda - attribuendo la titolarità unica di "valutatore" al Cipe - organo di programmazione economica composto dai ministri del governo - esattamente come avviene per le opere ritenute strategiche dalla legge obiettivo (legge 443/2001), di cui questo decreto rappresenta un'oggettiva e preoccupante estensione (quali altre opere saranno in futuro strategiche e potranno godere dell'esenzione da qualsiasi regola?). Tutto ciò avviene in assenza di programmazione energetica, poiché non è dato conoscere il Programma Energetico Nazionale, e - semmai esistessero - i programmi energetici regionali, a questo punto, sono inutili: il privato cittadino industriale dell'energia può ora recarsi direttamente dal principe e assolvere in quella sede ogni atto.

Agli enti locali è riservata certo un funzione, vanno cioè "sentiti" (comma 3), in quanto secondo la pirotecnica procedura di surroga della strumentazione urbanistica dovranno in qualche modo adottare "l'autorizzazione unica", che implica la variazione al Piano. Ma è oscuro anche il futuro degli strumenti sovraordinati al Piano Comunale, e le competenze degli enti preposti alla loro redazione. Non si capisce infatti se e come questa autorizzazione varierà anche i Piani Paesistici, quelli dei Parchi, di Bacino, i Piani per il Dissesto Idrogeologico ecc. Staremo a vedere, sperando di non contare morti o feriti.

Ma dopo il danno anche la beffa: se a qualcuno, leggendo il termine "pubblica utilità" - motore di questo decreto - venisse alla mente la legge sugli espropri, non abbia di che preoccuparsi, perché la similitudine è del tutto azzeccata. Infatti questo decreto s'ispira a una fattispecie contemplata dall'articolo 12 del Testo Unico sugli espropri. Con un'interpretazione che ribalta la logica naturale delle cose, il legislatore ha inteso che la "pubblica utilità" può derivare da un'autorizzazione che al fine di garantire l'energia alla collettività, favorisca con "urgenza" le casse dei privati. Insomma, il fine giustifica i mezzi. E il principe sorride.

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