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Roberto Camagni e Maria Cristina Gibelli
Il primo problema della Grande Milano? L’hinterland.
15 Ottobre 2016
Milano
Dopo le recentissime “elezioni fantasma” dei consigli metropolitani, quali sono i programmi dei nuovi amministratori della Grande Milano? Un suggerimento: il vero problema è l’hinterland.

Dopo le recentissime “elezioni fantasma” dei consigli metropolitani, quali sono i programmi dei nuovi amministratori della Grande Milano? Un suggerimento: il vero problema è l’hinterland. arcipelagomilano.org, anno VIII, n. 32 (m.c.g.)



Pensando alla costituzione della CittàMetropolitana e all’opportunità che offre di costruire un Piano Strategico,stupisce la disattenzione che nel dibattito politico e tecnico recente si èmanifestata nella nostra città sulle tendenze demografiche e occupazionali dimedio termine, rilevate dalle statistiche ufficiali, che hanno caratterizzatol’evoluzione della struttura territoriale interna all’area metropolitana[1]. Icensimenti, ormai non più recentissimi, e altri dati aggiornati al 2015 ciconsentono di individuare alcunetendenze forti, e preoccupanti, dalle quali si dovrebbe partire per costruirequalunque strategia per gli anni a venire. Alcune elaborazioni sugli ultimi trecensimenti (1991-2011) per popolazione e occupazione per macrosettori,presentate in un saggio recente da uno degli autori [2], colmanoin parte tale vuoto di analisi e di riflessione (consentendoci anche diaggiornare alcuni dati demografici che Istat ha cambiato nei mesi estivi e diaggiungere nuove informazioni sugli anni recenti).
Considerando separatamente Milano comune,Hinterland e Città Metropolitana complessiva, e confrontando i dati con gliandamenti medi italiani (vedi tabella), osserviamo che nel primo decennio1991-2001 il comune di Milano continua a perdere popolazione in misurarilevante, -113.000 abitanti, solo in parte catturati dall'hinterland (+44.000abitanti). Nel decennio successivo questa tendenza si riduce e in un certosenso si capovolge: Milano comune continua a perdere popolazione anche se inmisura assai meno rilevante (-14.000 abitanti), ma l'hinterland ne guadagna 112.000portando in positivo il totale della Città Metropolitana. Dunque nel decennio2001-11 Milano vede rilanciata la sua forza di attrazione complessiva rispettoal decennio precedente, ma tutto lo sviluppo demografico della cittàmetropolitana si è localizzato nell’hinterland mentre il capoluogo mostra unasostanziale stagnazione - un fatto confermato dai dati anagrafici del Comune diMilano, ripresi annualmente da Megliomilano nel suo Osservatorio Permanente sulla Qualità della Vita, che indicano neldecennio un aumento di sole 1.412 unità. Successivamente, nel periodo 2011-15,questi stessi dati indicano una crescita demografica del Comune, ma solodell’1,35% (+18.000 unità), una percentuale ben lontana dal +7,7% indicato dallacitata pubblicazione del PIM per il 2011-14 (p. 49) [3] [4].
Crescita della popolazione e delle attivitàproduttive extra-agricole –
Milano e Italia, 1991-2011
AREA
Variazione
Variazione
Variazione
Variazione
Valore
E
Assoluta
%
Assoluta
%
Assoluto
DATI
1991-2001
1991-2001
2001-2011
2001-2011
2011
POPOLAZIONE
Milano Comune
-113020
-8,25%
-14.088
-1,12%
1242123
Città Metropolitana
-68759
-2,28%
97841
3,33%
3038420
Milano Hinterland
44261
2,70%
111929
6,65%
1796297
Italia
191969
0,34%
2463744
4,32%
59433744
ADDETTI TOTALI
Milano Comune
47472
6,24%
74132
9,17%
882774
Città Metropolitana
100579
7,13%
75329
5,03%
1571898
Milano Hinterland
53107
8,19%
1197
0,17%
689124
Italia
1434189
7,98%
536394
2,76%
19946950
ADDETTI MANIFATTURIERI
Milano Comune
-55674
-37,66%
-18392
-23,27%
60640
Città Metropolitana
-103012
-23,63%
-88677
-28,17%
226110
Milano Hinterland
-47338
-16,43%
-70285
-29,81%
165470
Italia
-424283
-7,49%
-942338
-19,54%
3881249
ADDETTI COSTRUZIONI
Milano Comune
-1682
-5,60%
4951
16,44%
35075
Città Metropolitana
4281
6,28%
8987
11,97%
84056
Milano Hinterland
5963
15,62%
4036
8,98%
48981
Italia
202123
14,42%
43836
2,82%
1597519
ADDETTI SERVIZI PRIVATI
Milano Comune
87941
20,52%
85683
16,22%
614015
Città Metropolitana
171979
26,60%
138806
16,58%
976121
Milano Hinterland
84038
38,56%
53123
17,19%
362106
Italia
1314413
17,33%
1359767
16,75%
9478155
ADDETTI ALTRE ATTIVITA’
Milano Comune
16887
10,92%
1890
1,10%
173044
Città Metropolitana
27331
10,55%
16213
6,02%
285611
Milano Hinterland
10444
10,00%
14323
14,58%
112567
Italia
341936
10,28%
75129
1,53%
4990027
Fonte:elaborazioni su Censimenti ISTAT [5].
Per quanto concerne l'andamento dell'occupazionetotale, osserviamo come nell'ultimo decennio lo sviluppo complessivoprovinciale sia stato all'incirca doppio di quello medio italiano - un fattoche non si verificava da alcuni decenni - ma anche come tutto lo sviluppo sisia esclusivamente concentrato sul polo centrale milanese, mentre l'hinterlanddimostra una stasi occupazionale preoccupante. Nel decennio precedente losviluppo occupazionale era stato ben differente: la crescita complessivaprovinciale dell'occupazione era stata vicina a quella italiana e si eraspalmata in modo simile fra polo centrale e hinterland (ed anzi, in modoleggermente più favorevole a quest’ultimo). Dunque nell’ultimo decennio l’areametropolitana ha ripreso a sostenere lo sviluppo nazionale ma solo grazie alladinamica del capoluogo. Semplificando – ma non troppo – gli effetti territorialidel rinnovato ruolo di Milano, tutto lo sviluppo demografico si è localizzatonell'hinterland mentre tutto lo sviluppo occupazionale si è localizzatoesclusivamente nel comune centrale, evidenziando una divaricazione abbastanzaanomala che ricorda la situazione degli anni ’50.
Quali tendenze settoriali hannodeterminato lo scenario complessivo ora tratteggiato? L'industriamanifatturiera ha abbandonato il capoluogo almeno a partire dagli anni ‘70, permotivi di ristrutturazione, di riconversione ma soprattutto didelocalizzazione. Nel decennio 1991-2001 essa perdeva il 37% dei suoi addetti eancora nell'ultimo decennio ne perdeva altri 20.000, riducendo la sua presenzaa 60.000 unità, pari a meno del 7% dell'occupazione extra-agricola totale.
Per contro l'hinterland non ha piùaccolto nell’ultimo ventennio l'occupazione manifatturiera in fuga dal centrourbano, come in parte era accaduto in precedenza, ed anzi ha perso di suo il16% dell'occupazione nel primo decennio e quasi il 30%, pari a -70.000 addetti,nell'ultimo decennio. Nel primo decennio, una iniziale terziarizzazionedell'hinterland era in grado di controbilanciare la perdita di posti di lavoroindustriali: l'aumento del terziario privato (+85.000 posti di lavoro) era similea quello manifestatosi nel polo milanese. Nell'ultimo decennio tuttavia questoprocesso si è ridotto fortemente, con un aumento assoluto pari a meno di dueterzi di quello milanese (e certamente di qualità molto inferiore), portandoconseguentemente a quella stasi dell'occupazione totale extra-agricoladell'hinterland che abbiamo sottolineato[6]. L'hinterlandmilanese sembra non trovare più una sua caratterizzazione economico-produttivaall'interno dell'area metropolitana, non essendo più nutrito in termini diservizi tecnologici e di occasioni di sviluppo manifatturiero da un polomilanese sempre più rivolto ai servizi finanziari, di comunicazione e dellamoda; e non essendo in grado di sviluppare in modo significativo un terziarioqualificato che non sia quello puramente commerciale[7].
La crescente caratterizzazioneresidenziale e commerciale dell’hinterland - comprensibile se pensiamo alminore costo delle abitazioni e alla qualità urbana e dei servizi spesso noninferiore a quella delle periferie del comune centrale - accentua la tendenza aun dualismo che spacca l'area metropolitana, generando crescenti movimentipendolari; indice, quello che è più grave, di una cesura in quella forte integrazioneproduttiva che aveva caratterizzato l’agglomerazione milanese in tutto ilperiodo del boom economico del dopoguerra. Ristabilire una sinergia fra unterziario qualificato prevalentemente (ma non esclusivamente) localizzato nelcentro e un hinterland produttivo, primo e naturale partner e cliente per iservizi di tale terziario, dovrebbe costituire l'obiettivo prioritario di unacittà metropolitana (e di una élite produttiva, culturale e politica milanese)consapevole dei limiti dei processi spontanei attuali e delle potenzialità chesembrano oggi andare sprecate.
I dati sugli addetti al settore dellecostruzioni forniscono un'indicazione ulteriore di grande interesseinterpretativo. Se nel passato recente e nel primo decennio qui considerato losviluppo dell'occupazione indicava una crescita dell'attività ediliziaesclusivamente nell'hinterland e una caduta nel centro urbano, in linea con letendenze demografiche, nell'ultimo decennio si assiste a un chiaroribaltamento. Si osserva infatti una sorta di boom edilizio nel centrometropolitano con una crescita degli addetti pari a oltre il 16%: circa ildoppio del tasso di crescita registrato nell'hinterland e cinque voltesuperiore al tasso di crescita medio nazionale. Un simile indicatore dicrescita quantitativa, una crescita peraltro ben visibile nella città,confligge tuttavia con le tendenze rilevate sul fronte demografico.
Per quale popolazione si è costruitorecentemente nel capoluogo? All'evidenza, non si è manifestata quella tendenzaal ritorno di residenti, superficialmente attesa da tanti sostenitori dellosviluppo edilizio quantitativo dei Piani di Governo del Territorio delleamministrazioni di centro-destra (ma anche dell'ultimo governo di sinistra,anche se in misura minore), né - fortunatamente! – l’irresponsabile obiettivodi riportare Milano agli "splendori" degli 1,7 milioni di abitanti, se non deidue milioni, sbandierati dall’assessore all’urbanistica della giunta Moratti. Siè costruito nel cuore metropolitano in gran parte per una domandainternazionale a carattere prevalentemente finanziario, che certamente fin quisi è manifestata ma le cui aspettative potrebbero facilmente cambiare nonappena ci si avvedesse dei limiti dell'offerta immobiliare milanese. Si trattadi limiti che riguardano la qualità, sia edilizia che urbanistica, e ilrapporto qualità/prezzo - come si dice nel settore, il value for money. La domanda internazionale non è sufficientecomunque per colmare un'offerta oggi largamente sovradimensionata.
Un vero rilancio delle prospettive disviluppo - economico, residenziale ed eventualmente edilizio - potrà avveniresoltanto se si recupererà una dimensione realmente metropolitana nel governodel territorio e una nuova complementarietà e integrazione produttiva fracapoluogo e hinterland, oggi tutta da reinventare.

(pubblicato su arcipelagomilano.org, anno VIII, n. 32)



[1] Una interessante ma recentissimaeccezione è costituita da: Centro Studi PIM (2016), Spazialità Metropolitane:economia, società e territorio, Argomenti&Contributi, n. 15, giugno.
[2] M. C. Gibelli (2016), “Milano:da metropoli fordista a Mecca del real estate”, Meridiana, n. 85, 61-80.
[3] L’errore commesso, facilitato daalcune leggerezze delle statistiche ufficiali e para-ufficiali, è quello diaver assunto per il capoluogo un dato demografico-anagrafico 2011 “forzato” alribasso per renderlo coerente col dato censuario (che presentava circa 100.000abitanti in meno rispetto ai dati anagrafici). Le due fonti, censuaria eanagrafica, sono diverse, perché diverse sono le metodologie; ma proprio perquesto un tasso di sviluppo deve essere calcolato su dati di fonte omogenea. Sottolineiamoil fatto non per pignoleria ma perché si tratta di un dato “politicamente”sensibile.
[4]Un +7% di popolazione (percirca 90.000 unità) può comunque essere raggiunto se si parte dal dato delminimo storico, registrato nel 2003 (e dunque su un intervallo di 12 anni e nondi tre). Ma esso è determinato principalmente dall’aumento dei residentistranieri, quasi tutti extra-comunitari provenienti da paesi poveri, che nelperiodo 2005-15 sono aumentati di 86.000 unità (Statistiche/stranieri/comuni-italiani).
[5] Poiché Istat nell'ultimocensimento 2011 ha cambiato definizioni e nomenclature dei settori, levariazioni assolute e percentuali intercensuarie sono effettuate su omologhedefinizioni settoriali; pertanto le variazioni assolute ricavabili dai dati nondevono essere sommate per ottenere i valori iniziali.
[6] A livello territoriale più fine,fanno positiva eccezione a questa tendenza solo il Nord Milano e il Sud Est(Pim, op. cit., mappa 12b p. 28); in tutte le altre sub-aree il saldooccupazionale è fortemente negativo.
[7] Nella pubblicazione PIM (p. 23) siindica come il settore commerciale si sia particolarmente sviluppatonell’ultimo decennio nelle aree del Magentino-Abbiatense, Alto milanese, Sudest e Adda Martesana.
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