Corriere della Sera, 23 giugno 2017Sulla missione europea per controllare i confini libici il nostro premier ha detto a Juncker che occorre per svariati motivi. In primo luogo la chiedono gli stessi libici, e ieri Gentiloni ha anche visto nella sede della nostra rappresentanza il capo del governo libico di accordo nazionale, Fayez Al-Serraj. In secondo luogo come ex potenza coloniale l’Italia non può gestire la missione, ha aggiunto Gentiloni, i libici non l’accetterebbero.
Un terzo motivo, non detto, che riferiscono nel nostro governo, è di natura diplomatica, geopolitica, e coinvolge la Francia, che ha una base militare in Niger, nella città di Madama, non lontana dai confini libici, e che vorrebbe avere un ruolo di primo piano nel controllo della frontiera tra Libia e Ciad. Il governo francese avrebbe anche stimato in 500 unità il numero di un contingente che controlli i confini, ma secondo le valutazioni del nostro ministero della Difesa occorrono migliaia di unità.
Di qui la richiesta di Gentiloni, che sia a Macron che alla Merkel, in primo luogo, gira almeno un’altra istanza: un coinvolgimento con fondi propri per la gestione dei flussi migratori, e la prevenzione degli stessi, attraverso la Libia. Prima di volare a Bruxelles il capo del governo aveva detto, in Parlamento, che sulla Libia l’Unione si muove in modo «drammaticamente lento»; le sue richieste di ieri hanno lo scopo di fare dei decisivi passi in avanti, creando una consapevolezza maggiore in tutti i Paesi membri.
Il raddoppio dei fondi europei diretti per la Libia (l’anno scorso erano 200 milioni e sono già stati spesi) si accompagna infatti a un precisa condizione di Palazzo Chigi: i nuovi fondi devono provenire solo in parte dal bilancio comunitario, una parte cospicua deve arrivare dai bilanci nazionali.
L’altra richiesta che Gentiloni ha anticipato a Juncker, chiedendogli un sostegno, e che poi ha esplicitato al tavolo del Consiglio europeo, riguarda i migranti salvati nel Canale di Sicilia, da qualunque nave. Per Gentiloni l’automatismo attuale, secondo il quale vengono accompagnati nei porti italiani, è ormai obsoleto: «Possono anche essere portati sulle coste francesi, maltesi o della Tunisia, se coinvolta», sono gli esempi che il nostro presidente del Consiglio ha fatto a Juncker, con il quale ha anche parlato della candidatura di Milano come nuova sede dell’agenzia europea per il farmaco, che per la Brexit lascerà Londra. In tutto i Paesi Ue candidati sono 20, e nonostante i tanti punti di forza di Milano, il dossier si annuncia difficile, se non in salita.