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Nadia Urbinati
Il presidente delle promesse mancate
2 Novembre 2010
Articoli del 2010
«L’incapacità di questo governo a mantenere le promesse è strutturale e irreversibile». La Repubblica, 2 novembre 2010

L’articolista del New York Times dipingeva in questi giorni la situazione italiana con i colori cupi dell’emergenza rifiuti e la collegava alla politica personalistica del presidente del Consiglio: «Ancora una volta il Signor Berlusconi ha detto che risolverà il problema. Ma questa volta le cose sono diverse: pochi lo credono». La caduta della fiducia è il fatto contro il quale il presidente delle promesse deve fare i conti. E non può ben sperare dopo aver per anni insistito a tranquillizzare e imbonire promettendo di fare tutto lui, e di farlo senza perdite di tempo, anche a costo di azzerare i controlli. La promessa del fare celere partorisce il nulla, o meglio, partorisce una piramide di piccoli e grandi privilegiati che vivono all’ombra di quegli azzeramenti delle regole, e che però non riescono più a fare da cuscino tra il vertice e una massa sempre più grande di delusi e miseri.

Le promesse hanno poco peso e vengono presto dimenticate quando riguardano questioni che non incidono direttamente sul vivere quotidiano. Farle in campagna elettorale è il mestiere dei politici. Ma è un’arte, non può essere una burla; le promesse devono essere calibrate alle reali condizioni sociali ed economiche. Anche le promesse elettorali devono avere un carattere "possibile" e in questo senso realistico; solo così non sono scambiate per frottole e servono a cementare la fiducia. Promesse credibili, non promesse semplicemente: questa differenza si manifesta quando gli impegni non mantenuti riguardano questioni pressanti della vita quotidiana, come lo smaltimento dei rifiuti o la disoccupazione.

L’incapacità di questo governo a mantenere le promesse è strutturale e irreversibile. Non è un incidente di percorso dovuto alla malevolenza dei giornali, alle "persecuzioni" della magistratura, alla presenza di comunisti in Parlamento. È un’incapacità strutturale perché sono troppi e troppo pesanti i problemi personali che assorbono il tempo e le energie del presidente del Consiglio e lo tengono lontano dal governo del paese. Un uomo d’affari pensa, giustamente, ai suoi affari e usa tutte le competenze e i mezzi che ha (e che la legge gli consente) per farli al meglio. Ma fare bene gli affari degli altri per l’interesse degli altri è una cosa molto più complicata – e soprattutto non riesce spontanea. La politica è un servizio benché debba saper trattare, mediare e fare compromessi. La ragione strategica è finalizzata al perseguimento di un "interesse" che non direttamente di chi lo rappresenta, e soprattutto non è calcolabile in termini di cash return. Ecco perché il profeta delle belle promesse finisce fatalmente per essere un impostore che racconta fole agli occhi dei molti che hanno avuto fiducia in lui.

Berlusconi, spiega un intervistato al giornalista del New York Times, ci ha insegnato che si può comprare tutto, ma in effetti così non è; lui non può comprare la fiducia tradita e nemmeno un modo celere per risolvere l’emergenza rifiuti in Campania. A due anni e mezzo dalla sua ultima vittoria elettorale, le sole cose per le quali ha operato quotidianamente sono state le sue proprie: «È entrato in politica per risolvere le sue grane». Questo spiega perché una maggioranza numericamente così forte non è riuscita a produrre nulla di positivo. Le altre notizie, quelle che ancora in questi giorni ritornano a riempire le prime pagine dei giornali, quelle dei baccanali e dell’uso festaiolo delle ragazze (anche minorenni), sono una costante di questo governo dei fallimenti. Una costante sempre più insopportabile non solo per i naturali sentimenti di repulsione che provoca, ma soprattutto per le forme di abuso di potere alle quali fatalmente si accompagna.

Ma giunti a questi livelli di degrado delle istituzioni, è il buon senso che ci fa trarre le giuste conclusioni. La politica ha tutti i dati per formulare il suo giudizio politico e fare il suo mestiere con competenza e coraggio; per imporre un fermo e interrompere questo insopportabile degrado della vita pubblica. Ci sono allo stato attuale tutti gli elementi per formulare un giudizio ragionevole e obiettivo che distingua tra ciò che è scandalo da rotocalco e ciò che compromette l’ordine istituzionale: questo governo danneggia il nostro paese. Lo danneggia sotto molti aspetti, per parlare dei quali un articolo non è sufficiente. Uno a caso: la sua immagine all’estero è al di là del raccontabile e rischia di trascinare con se l’immagine dell’intero paese, di tutti noi. Le tentazioni liberticide del governo contro la stampa invitano a pensare che a minare la credibilità del nostro paese siano i giornalisti: come se la conoscenza sia colpevole! Ma rovesciare le carte e imbavagliare l’opinione pubblica è un’impresa disperata e volta all’insuccesso, soprattutto quando una società si trova a dover fare i conti con una crisi economica e istituzionale enorme.

Poiché non può non restare senza eco nella mente dei cittadini il fatto che la condizione di privilegio di pochi (e di chi governa prima di tutto) debba essere pagata con manovre aggiuntive alla finanziaria, licenziamenti, decurtazione drammatica dei servizi e demolizione studiata della scuola pubblica: per avere tutto questo vengono richiesti sacrifici. Quanto costa il governo Berlusconi agli italiani? Se non sono gli scandali sarà il vaso colmo di una politica fallimentare, ingiusta e senza visioni a scuotere l’opinione pubblica.

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