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Furio Colombo
Il potere del potere
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Una denuncia che preoccupa. E' dalla palude del silenzio che nasce la forza deldistruttore. Da l'Unità del 9 gennaio 2005

Parliamo di noi. Parliamo dell’Unità. O meglio parliamo di come altri parlano dell’Unità. È un caso curioso, probabilmente unico, interessante per un regista. Dovrebbe mettere tutto il coro, anzi tutti i personaggi e tutte le voci da una parte sola. Sono coloro che decidono sul bene e sul male (di solito sul male) di questo giornale, guardandolo tutti dal punto di vista del potere. È un punto di vista comprensibilmente irritato, come ci dice il senatore Malan, vice capogruppo di Forza Italia. Malan attribuisce, riga per riga, il gesto sconsiderato del giovane Dal Bosco (quello del treppiedi), a un editoriale di questo giornale, e lo ha fatto, in occasione di una piccola coincidenza sfortunata. Proprio mentre lui vedeva il ragazzo mantovano come «il provocatore dal volto giallastro mandato avanti dalla stampa prezzolata» (Maxim Gorkij, “Tra la folla”, Sonzogno, 1932), il suo capo perdonava, rassicurava la madre, invitava a casa, usando con tempestività e bravura tutta la magnanimità mediatica (molta, come l’aggressività permalosa) di cui dispone. Malan comunque lo ha fatto, tornando a stabilire il nesso che non si era stabilito (non pubblicamente) neppure ai tempi di Gobetti e dei fratelli Rosselli. La cosa strana però non è Malan, il cui ruolo di pensatore in Senato difficilmente lascerà una traccia nella storia della Repubblica. La cosa strana è che nessuno - sulla stampa o nei talk show di un grande Paese europeo - vi presti attenzione. Ciò che sta accadendo all’Unità è una regressione alla teoria lombrosiana, applicata in questo caso allo scrivere. Si tracciano i parametri di ciò che è o non è accettabile dire. La tracciatura avviene nei luoghi di potere. Niente di strano, il potere prova sempre a farlo. Il caso è che la tracciatura viene osservata scrupolosamente da tutti. Ovvero la descrizione lombrosiana di Malan (l’articolo e l’attentatore si assomigliano, dunque l’attentatore è l’articolo) non fa scandalo né notizia. Ma questo non è che un aspetto del caso Unità. Provo a descrivere il fenomeno. Viene detto impunemente (nel senso che non provoca sorpresa né osservazioni critiche) e ripetutamente che in Italia c’è una gazzetta del male che agita le menti, fino a persuadere bravi cittadini di fatti mai accaduti, sconvolge i sentimenti, fino a fare odiare chi si dovrebbe amare. E smuove masse di persone a compiere gesti e comportamenti che non solo sono inammissibili ma sono anche immotivati. La gazzetta del male scuote da sola un Paese tranquillo e ben governato che, altrimenti (ovvero senza quel giornale) attraverserebbe uno dei migliori periodi della nostra vita pubblica. Avete letto un riassunto breve ma attendibile di tutto ciò che dichiarano (certi giorni, uno dopo l’altro, ciascuno rincarando la dose) coloro che scortano, affiancano e seguono Berlusconi nelle vicende politiche e personali. La loro condanna è gridata come si grida un allarme, proposta con un linguaggio di grave pericolo, irradiata da telegiornali pubblici e privati, agenzie giornalistiche, televideo, e dai giornali direttamente controllati dal gruppo Berlusconi (che è un vasto gruppo pubblico e privato dislocato più o meno al centro di tutto ciò che questo Paese fa, dice o produce). Dunque non si può dire che l’attenzione malevola, detta a voce autorevole e altissima contro il nostro giornale non faccia notizia. La notizia (in particolare la notizia politica) è una provocazione (come spiega Paolo Mieli nel primo editoriale dopo il suo ritorno alla direzione del “Corriere della Sera”, 24 dicembre) a cui si deve opporre assenso o dissenso. Cito Mieli: «I giornali hanno il dovere, sì il dovere, di prendere posizione senza reticenza, e chiamare i responsabili davanti al tribunale della opinione pubblica». Ora tutto ciò che si dice dell’Unità, in forma così autorevole (guardate i titoli e le funzioni politiche di chi ci insegue quotidianamente su per le scale dell’informazione politica) o è vero o non è vero. Se è vero, c’è uno scandalo nel giornalismo italiano che tollera ogni giorno la pubblicazione di notizie non solo false ma dirette a sollevare rivolta ed esaltare le menti. Se non è vero c’è uno scandalo nel sistema di potere italiano, che è libero di lanciare accuse gravissime contro un giornale di opposizione utilizzando tutti i canali di informazione, facendo in modo che le accuse - espresse il più delle volte con particolare pesantezza ed esplicito richiamo al delitto - raggiungano la più vasta udienza nazionale. E tutto ciò mentre - da parte dell’accusato - non è previsto alcun mezzo o strumento di risposta che non siano le copie di questo giornale.

Ma anche sulle copie, che per fortuna stanno di nuovo salendo, si riversa lo scandalo del potere se le accuse non sono vere. Infatti la potente diffusione multimediale di incriminazioni dell’Unità è anche un formidabile avvertimento a chi avesse intenzione di usare le pagine dell’Unità per la propria pubblicità. Si può fare pubblicità su un giornale che incarica (tramite i suoi velenosi articoli) il giovane comunista Dal Bosco (frequentatore, si fa notare, delle feste dell’Unità) di urtare e ferire con il cavalletto della sua macchina fotografica il collo del presidente del Consiglio? Dunque niente pubblicità. Ma senza pubblicità la sopravvivenza si fa difficile persino se aumentano le copie.

È importante tenere presente l’accurata precisione della operazione di potere. Come in certi sogni da incubo, è a senso unico. Un fiume di accuse discende tramite giornali, telegiornali, televideo, interviste, dichiarazioni, agenzie. Niente risale verso l’origine delle accuse. L’Unità viene tranquillamente citata come testata sotto gravissima accusa. Coloro che ricevono e pubblicano queste accuse, giornalisti - si deve pensare - sensibili all’ammonimento autorevole di Paolo Mieli - non sembrano interessati a chiedersi (verificando le nostre pagine) o a chiedere a noi intervistandoci - (magari per telefono) “Ma, è vero?”. Mai un Tg o una agenzia ha cercato riscontro o risposta ad accuse drammatiche come quella formulata mercoledì 4 gennaio dal vice presidente del gruppo Forza Italia al Senato, Malan, nella sua lunga dichiarazione alla Agenzia Ansa. Dato il livello dell’accusatore e la gravità delle cose dette, ci si immagina una drammatica verifica pubblica da parte dei mezzi di comunicazione. Ma non c’è e non ci sarà. L’affermazione del senatore Malan, per quanto pazzesca, può passare per vera. È autenticata da un notaio di nome silenzio. Esiste poi un alacre sottomondo che lavora intorno all’Unità, attratto dalla facilità del gioco d’accusa senza risposta. Ci sono due tecniche. Una è quella di chiedere a un personaggio di potere di commentare una affermazione dell’Unità, senza mai (mai, in questi tre anni) chiedere all’Unità di commentare ciò che ha detto il personaggio di potere a carico di questo giornale. Si fa nei migliori telegiornali e giornali radio, quasi ogni giorno. E c’è l’altro espediente: attendere - per dare un po’ di spazio all’Unità - che vi sia un problema interno. Il dubbio che vi sia (in questo giornale fantasma che non è mai ammesso a dire la sua quando viene pesantemente accusato e insultato) un contrasto tra direttori e proprietà, tra proprietà e redazione, o tra il giornale e i Ds (i cui gruppi parlamentari contribuiscono a sostenere l’Unità), fa improvvisamene accendere l’attenzione, la voglia di sapere, la disputa sui piccoli scoop di una cosa detta o di un nome lasciato cadere. Si formano necrologi e totonomine. Quanto al rispondere liberamente, con mezzi equivalenti, ad accuse e sentenze unilaterali del potere, non se ne parla neanche. In questo modo, una volta bloccate tutte le vie d’uscita, gli spiragli di critica e le possibilità di offrire una risposta almeno a una accusa su dieci, il sistema funziona in modo perfetto. Lui è buono. E la banda che continua ad attaccarlo prima o poi la metteremo a tacere. È un progetto che conta su una sottomissione compatta. Non resta che una domanda (e una speranza): continuerà ad essere compatta?

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