Il manifesto, 5 aprile 2015, con postilla
Ho letto con interesse il recente articolo di Asor Rosa (I nazareni della Toscana), che ricostruisce le ultime fasi d’approvazione del nostro piano del paesaggio. Anch’io sono certo che la sua adozione sia stata una grande vittoria; una scelta lungimirante, che ha messo al sicuro la Toscana e che rappresenta un passo avanti esemplare nella tutela dei beni culturali e paesaggistici, in grado di segnare la rotta per il resto del paese.
Asor Rosa intesta — con buoni argomenti — una parte del successo alla pressione mediatica e sociale. Petizioni, appelli di autorevoli intellettuali, interventi sulla grande stampa di associazioni come Italia Nostra, Fai, Legambiente e altri. Tutto vero e utile. Io stesso ho risposta a oltre 5mila lettere di cittadini preoccupati, che chiedevano garanzie e rassicurazioni. Tutto questo ha prodotto un concorso di idee e passione civile che ancora una volta pone al centro del dibattito e della «questione democratica» i temi della partecipazione, della rappresentanza e dei beni comuni.
Tuttavia un fatto resta indiscutibile: siamo l’unica Regione ad aver approvato il piano del paesaggio, in un dibattito a tratti aspro, ma con uno sforzo collettivo capace di andare fino in fondo.
E questo dopo un lavoro lungo quattro anni, che ha visto integrarsi università, uffici regionali, politica e rete dei comitati, in un inedito sforzo di ricomposizione tra quelli che Gramsci chiamava «intellettuali» e «popolo».
Avevamo anche il dovere di copianificare tutto con il Ministero e non ci siamo sottratti. Per me è stato un onore scrivere un emendamento che è stato condiviso dal Ministero e votato dal Consiglio regionale. Quello che sembrava un cortocircuito tra federalismo e centralismo si è rivelato un successo istituzionale, rispetto al quale i retroscena sui ’nazareni’ e le ’larghe intese’ appaiono davvero irrilevanti.
Il nostro piano rappresenta la conclusione di un percorso di leggi e interventi di governo del territorio, che hanno reso la Toscana una delle regioni più protette d’Europa. Leggi discusse e approvate nello stesso Consiglio ingiustamente messo in ombra dalle cronache. Mi riferisco allo stop all’edificazione in tutte le aree a rischio idraulico, al consumo zero di suolo, alla ripubblicizzazione delle cave Apuane, alla messa in sicurezza del sistema idrogeologico. Piuttosto che «relazioni pericolose» tra maggioranza e opposizione, nel corso dei mesi ho assistito a opposti estremismi: quello di chi voleva continuare ad avere le mani libere e di chi invece quello di chi voleva frenare ogni sviluppo.
Un paesaggio che è nato da secolare armonia tra lavoro e elementi naturali, vive e si rigenera solo nella salvaguardia di questa relazione, non nella sua scissione e separazione. D’altro canto la dialettica e la sintesi restano a mio giudizio la principale risorsa della politica. Una Toscana imbalsamata finirebbe per perdere la capacità di emancipazione e avanzamento sociale, che viene dai distretti produttivi, dalle reti infrastrutturali e dalla valorizzazione del capitale umano.
Nella nostra regione ci sono circa 200 mila disoccupati e ogni anno 6.500 ragazzi abbandonano gli studi. Dobbiamo costruire le condizioni per incentivare opportunità di lavoro e investimento produttivo. Non si può chiedere tutto alla rendita immobiliare o al turismo: sarebbe insostenibile anche sul piano ambientale. Occorrono lavoro, formazione, ricerca e produzioni di qualità. Come stiamo cercando di fare con infrastrutture e bonifiche sulla costa, da Piombino a Livorno fino a Massa.
Seguo e osservo con grande interesse quello che accade nella sinistra italiana e sono certo che la crisi dei corpi intermedi e dei partiti impone il dovere di allargare lo spettro della rappresentanza, della discussione e della decisione politica. Sono grato ai comitati di cittadini impegnati da anni nelle battaglie ambientali e civili.
Asor Rosa ha scritto che il voto è uno strumento di influenza democratica e dovrà essere usato con intelligenza, indirizzandolo verso i problemi e le soluzioni concrete. Credo che con il Piano del Paesaggio anche in Toscana possiamo contribuire alla ricomposizione delle forze progressiste e delle culture della sinistra. Ci sono tutte le premesse. Tra le molte possibilità anche il voto disgiunto, consentito dalle regole e dall’offerta politica. Esso rappresenta un’opportunità per tutti coloro che sono disposti a superare gli steccati davanti alla concretezza delle sfide.
postilla
Il presidente della Toscana ha indubbiamente svolto un ruolo di eccezionale rilievo nel «percorso di leggi e interventi di governo del territorio, che hanno reso la Toscana una delle regioni più protette d’Europa», e - secondo le cronache - è stato decisivo nel condurre il piano paesaggistico fuori dalle secche in cui i rappresentanti del "partito unico del cemento" lo avevano condotto. Benché zoppicante e reso più fragile il piano é stato approvato con la sua paziente mediazione. Ha ragione di essere soddisfatto del suo lavoro. Tuttavia il suo intervento contiene una inesattezza e una forzatura. Come "persona informata dei fatti" devo fare due osservazioni. Non è esatto affermare che quello della Toscana è il primo piano paesaggistico approvato. Nel 2006 è entrato in vigore (e lo è tuttora) il piano paesaggistica della Regione Sardegna, grazie all'iniziativa e alla costante azione del suo presidente Renato Soru. Ed è secondo me una forzatura affermare che nella vicenda del piano toscano si siano manifestati due «opposti estremismi», uno dei quali sarebbe «quello di chi voleva frenare ogni sviluppo». Eddyburg ha seguito con molta attenzione la vicenda, ma posizioni che volessero frenare "ogni sviluppo" non le abbiamo trovate. (e.s.)