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Alberto Asor Rosa
I nazareni della Toscana
2 Aprile 2015
Toscana
«Dai consiglieri di Pd e Fi gli interventi più distruttivi sulle regole per la tutela del paesaggio, a favore di una politica sfacciatamente ancorata agli interessi privati. Ferito ma non svuotato, alla fine il Piano paesaggistico è passato grazie alla battaglia unitaria delle associazioni ambientaliste».

Il manifesto, 15 marzo 2015

Le vicende che hanno por­tato in Toscana all’approvazione, quanto mai dif­fi­cile e tor­men­tata (nel penul­timo giorno utile della legi­sla­tura!) del cosid­detto Piano pae­sag­gi­stico regio­nale, meri­tano una rifles­sione che tra­va­lica i con­fini del caso spe­ci­fico e s’allarga ine­qui­vo­ca­bil­mente a una dimen­sione nazionale.

In estrema sin­tesi (quindi, anche con qual­che ine­vi­ta­bile impre­ci­sione). Il Piano pae­sag­gi­stico è lo stru­mento che disci­plina il governo del ter­ri­to­rio: pro­teg­gendo più o meno carat­teri e mor­fo­lo­gia del pae­sag­gio e dell’ambiente; disci­pli­nando in forme più o meno chiare e defi­nite il con­sumo del suolo, pro­blema dive­nuto in que­sti anni in Ita­lia dram­ma­tico, anzi, ormai sull’orlo della catastrofe.

Nel governo regio­nale toscano, a mag­gio­ranza Pd, e sotto la pre­si­denza di Enrico Rossi, l’assessorato all’urbanistica, rico­perto da Anna Mar­son, tec­nico di valore, docente nella facoltà di archi­tet­tura di Vene­zia, ha ini­ziato da subito un minu­zioso lavoro di stu­dio e di defi­ni­zione (con l’ausilio anche delle com­pe­tenze espresse dalle prin­ci­pali uni­ver­sità toscane), il quale ha por­tato più o meno nell’estate scorsa ad un testo giu­di­cato una­ni­me­mente di grande valore ed effi­ca­cia. La supre­ma­zia deci­sio­nale della Regione sulle sin­gole rap­pre­sen­tanze locali e un sistema di regole chiare e ine­lu­di­bili ne costi­tui­vano il tes­suto cul­tu­rale e politico.

In que­sta lunga fase i rap­porti fra la pre­si­denza Rossi e le istanze ambien­ta­li­ste sono state gene­ral­mente (anche se non uni­for­me­mente) buoni. La Rete dei comi­tati per la difesa del ter­ri­to­rio, che allora pre­sie­devo, ha avuto nume­rosi incon­tri con Rossi e la sua Giunta, credo con reci­proco van­tag­gio. Tutto ciò si è allen­tato, fino a scom­pa­rire del tutto, dal momento in cui Rossi si è rican­di­dato alla pre­si­denza della Regione con l’esplicito avallo di Mat­teo Renzi (ma non intendo sta­bi­lire rap­porti troppo stretti da causa ed effetto tra le varie vicende nar­rate, le quali invece, come vedremo, si pre­stano a mol­te­plici e con­trad­dit­to­rie interpretazioni).

Vengo rapi­da­mente al dun­que. Il Piano, dopo aver rice­vuto nume­rosi rico­no­sci­menti e appro­va­zioni da parte delle forze che com­pon­gono l’attuale mag­gio­ranza, entra nella fase di discus­sione con­si­liare e del voto.

Emer­gono a que­sto punto le resi­stenze più acri e sel­vagge. A parte l’ostilità delle oppo­si­zioni in Con­si­glio, Fi e altri, in qual­che modo scon­tate, gli inter­venti più distrut­tivi in mate­ria di disci­plina ambien­tale e regole e tutela del pae­sag­gio, si mani­fe­stano tra le file del Pd. In nume­rose occa­sioni Pd e Fi ragio­nano e votano in maniera sor­pren­den­te­mente identica.

Due con­ce­zioni dell’ambiente e del ter­ri­to­rio, ma ancor più, due modi d’intendere la poli­tica e la società (come ebbe a dire più tardi l’assessore Mar­son) si fron­teg­giano con dura chia­rezza: non , come pre­ten­de­reb­bero gli avver­sari del Piano, fra una “idea di svi­luppo” e “una che rifiuta lo svi­luppo”, facen­dosi carico di un impro­ba­bile ritorno all’indietro; ma fra una poli­tica sfac­cia­ta­mente anco­rata agli inte­ressi pri­vati e una che assume come pro­prio punto di rife­ri­mento gli inte­ressi col­let­tivi e i biso­gni della cit­ta­di­nanza; e dun­que, a ben vedere, tra un modello di svi­luppo ormai ste­rile e auto­di­strut­tivo e un diverso e inno­va­tivo modello di svi­luppo (che è poi ovun­que, e sem­pre di più, la vera posta in gioco dello scontro).

La bat­ta­glia è duris­sima, e a un certo punto sem­bra per­duta. Rossi, ina­spet­ta­ta­mente, la porta a Roma, dove trova un soste­gno nel Mibact, e più pre­ci­sa­mente nelle per­sone del mini­stro Fran­ce­schini e, in modo par­ti­co­lare, del sot­to­se­gre­ta­rio Bor­letti Bui­toni. Ma il Mibact non fa parte del governo di Mat­teo Renzi, i cui pasda­ran nel con­si­glio regio­nale toscano hanno azzan­nato il Piano come lupi affa­mati? Mah… sì. Evi­den­te­mente non tutto cor­ri­sponde ancora a una logica rigi­da­mente for­male (que­sta con­si­de­ra­zione deter­mi­nerà una parte delle conclusioni).

Il Piano, ferito in più punti ma non svuo­tato, viene ripor­tato in Con­si­glio regio­nale e appro­vato. Io la con­si­dero una grande vit­to­ria, e vor­rei che que­sto, nono­stante tutto, sia posto alla base del ragio­na­mento futuro.

Le con­si­de­ra­zioni che vor­rei fare sull’accaduto sono le seguenti.

La mobi­li­ta­zione a difesa del Piano è stata impo­nente. Quando tutte le asso­cia­zioni ambien­ta­li­ste, tal­volta divise da qui­squi­lie o da ragioni di ban­diera, si coa­liz­zano, com’è acca­duto pron­ta­mente que­sta volta, è dif­fi­cile per chiun­que far finta di niente. Que­sta una­ni­mità di pro­po­siti ha tra­sci­nato con sé anche la grande stampa nazio­nale, oltre che i gior­nali amici per defi­ni­zione come il mani­fe­sto. Que­sto spi­rito di coa­li­zione (per restare nel voca­bo­la­rio di que­sti giorni) andrebbe secondo me col­ti­vato sem­pre di più.

Se si mette in campo un fronte come que­sto, nes­suna bat­ta­glia ambien­ta­li­sta può esser con­si­de­rata per­duta in par­tenza. Vale per il pre­sente, ma anche per il futuro. Lo dico per i molti com­pa­gni buoni com­bat­tenti ma troppo scettici.

L’amara lezione della ser­rata discus­sione sul Piano è che il Pd toscano sem­bra per­duto a qual­siasi pos­si­bile moti­va­zione di etica ambien­ta­li­sta e ter­ri­to­riale. Non solo, infatti, sin­goli con­si­glieri regio­nali iscritti a quel par­tito si dedi­ca­vano alle furi­bonde scor­re­rie di cui abbiamo detto. Ma nes­suno degli orga­ni­smi isti­tu­zio­nali di tale par­tito è mai inter­ve­nuto, come avrebbe facil­mente potuto, per impe­dirle o almeno sedarle. Que­sto, di con­se­guenza, rap­pre­senta il prin­ci­pale pro­blema poli­tico oggi in Toscana.

Prima, durante e dopo la fase di discus­sione deli­rante, di cui abbiamo par­lato, il ruolo dell’assessore Mar­son è apparso deci­sivo. Nell’intervento pro­nun­ciato dopo il voto di appro­va­zione, Anna Mar­son ha dimo­strato di essere in grado di tra­sfe­rire la pro­pria sapienza tec­nica e disci­pli­nare in quel che lei stessa ha giu­sta­mente chia­mato un atteg­gia­mento «diver­sa­mente poli­tico». Biso­gna dire fin d’ora, con chia­rezza e one­stà intel­let­tuali e poli­ti­che, che, se l’approvazione del Piano pae­sag­gi­stico ora non è una burla, il ruolo dell’assessore all’urbanistica nella giunta regio­nale di domani, quale che essa sia, non può esser messo in discussione.

Infine. In Toscana si vota per le ele­zioni regio­nali a mag­gio. Dun­que, esi­ste un corto cir­cuito rav­vi­ci­na­tis­simo fra gli avve­ni­menti che hanno riguar­dato l’approvazione del Piano in con­si­glio regio­nale e il voto del pros­simo mag­gio. La Rete dei comi­tati non ha mai preso posi­zione a favore di que­sta o quella for­ma­zione poli­tica in sede di voto, e penso che debba con­ti­nuare a farlo (o non farlo, a seconda dei casi). Ma non riter­rei disdi­ce­vole oggi che essa esprima una pre­fe­renza di mas­sima a favore di tutte quelle for­ma­zioni che oggi si dichia­rino per i valori del ter­ri­to­rio e della sal­va­guar­dia e dello svi­luppo dei beni ambien­tali. Con­stato che c’è in giro, in Toscana, sia a livello regio­nale sia a livello locale, una buona aria di lotta e di riscatto, che va aiu­tata e confortata.

Le que­stioni ancora pen­denti sono del resto nume­rose e tal­volta sull’orlo della cata­strofe. Si pensi, per fare un esem­pio ecla­tante, alla scia­gu­rata intra­presa, per dimen­sioni ed esiti, del sot­toat­tra­ver­sa­mento fer­ro­via­rio di Firenze, risol­vi­bile in tutt’altro modo, come ormai tutti sanno, con spesa infi­ni­ta­mente minore e senza l’inevitabile debito con­tratto con la cor­ru­zione. Si voti per chi è con­tra­rio al sot­toat­tra­ver­sa­mento. O con­tro la seconda pista all’aereoporto di Firenze. O è per la ragio­ne­vole solu­zione dei pro­blemi geo­ter­mici regio­nali, ecc. ecc. ecc.

Invece di chiac­chiere, impe­gni con­creti e facil­mente indi­vi­dua­bili e defi­ni­bili. Se così acca­desse, invece di una cam­pa­gna elet­to­rale a senso unico, — come sem­pre, dall’alto verso il basso, — ce ne sarebbe una bifronte. Si voti per chi s’impegna a fare le cose che noi chie­diamo. Nes­sun impe­gno, niente voto. Così un even­tuale Piano pae­sag­gi­stico, o quant’altro di simile, cor­rerà la pros­sima volta all’approvazione trion­fal­mente, senza gli osta­coli che ora abbiamo cono­sciuto, e come avrebbe meri­tato che anche que­sta volta accadesse.

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