In questi giorni in molti parlano di Alta velocità, e per questo è utile ripercorrere, per sommi capi, la storia di questa scelta. Il progetto Tav comincia ad essere pensato e progettato dentro le Fs oltre vent' anni fa. Subito si apre un dibattito serio e ampio, cui parteciparono trasportisti, urbanisti, economisti, le associazioni ambientaliste tutte, gli ambientalisti del Pci e poi Ds (che io dirigevo), i verdi, la Rifondazione appena nata, i sindacati.
Due le proposte che si confrontavano: da una parte il progetto Tav che prevedeva una direttrice verticale Napoli-Milano e una orizzontale Venezia-Torino-Lione. Treni super veloci, su binari diversi da quelli normali, con molte gallerie e dunque molti scavi, costi alti e tempi lunghi di realizzazione. A sostegno di questo progetto non solo le Ferrovie ma i governi dell'epoca, i poteri forti, l'Impregilo e la Fiat in primis ma anche alcune cooperative, diverse banche. E i sindacati, che pensavano ne potesse venire lavoro e occupazione.
Dall'altra parte, il nostro progetto alternativo prevedeva il raddoppio della rete esistente, l'utilizzo della vecchia per le merci in modo da arrivare a standard europei nel trasporto su ferro. La nuova rete doveva viaggiare in parallelo un po' più veloce per le persone, ma per tutti, pendolari in primis. Un progetto fattibile in 6/8 anni e che costava la metà. La prima proposta metteva al centro la velocità, e per questo veniva spacciata come più moderna. Noi mettevamo al centro lo spostamento delle merci dalla gomma al ferro (come la Germania stava già facendo) e l'esigenza di dare a tutti i cittadini un servizio più rapido ma non super veloce. Questo secondo progetto avrebbe diminuito le emissioni perché avrebbe diminuito del 30/40 per cento i mezzi pesanti, con impatti ambientali minimi.
Alla fine ebbe la meglio il progetto Tav, sostenuto non solo dai sindacati ma anche da tutti i partiti più grandi, compresi i Ds dove solo gli ambientalisti si schierarono contro.
Persa quella battaglia, gli ambientalisti (ma anche molti sindaci, amministratori, cittadini) si dedicarono a migliorare l'impatto ambientale dell'opera ormai decisa. Se qualcuno avesse la pazienza di andare a vedere come erano i primi progetti tra Firenze e Bologna e Roma e Napoli vedrebbe come sono cambiati, pur restando dentro una logica che non abbiamo mai condiviso. Cercammo di minimizzare i danni. Nel frattempo i costi della Tav lievitavano di giorno in giorno. E i tempi: le merci continuavano a girare in gran parte su gomma, cresceva il disagio dei viaggiatori normali, e dei pendolari che usano il treno per andare al lavoro. Furono chiuse diverse linee piccole. Ogni tratta aveva i suoi problemi e quella della Valle Susa ne proponeva di enormi, per la fragilità del territorio, per l'attraversamento della valle che già da parte di una grande arteria con migliaia di mezzi pesanti su gomma ogni giorno. Anche su quella tratta si sono apportati cambiamenti, ma resta un'opera ambientalmente molto impattante e di dubbia utilità per diminuire il traffico pesante.
Così è andata. Gli anni ci diranno chi aveva ragione. Penso e temo che alla fine, come per il nucleare, la ragione stia dalla nostra parte. Ecco perché continuare a porre dubbi su quella scelta è legittimo, non è eversivo e soprattutto non è irresponsabile, come qualcuno dice. Anche sul nucleare eravamo irresponsabili noi che non lo volevamo dall'inizio.
Quante discussioni ho fatto con Pier Luigi Bersani quando eravamo ancora nello stesso partito sia sulla Tav sia sul nucleare. Sul nucleare ho avuto ragione io, e non lui che era favorevole. Sulla Tav lo diranno gli anni. Ma anche sul Ponte sullo stretto abbiamo avuto ragione noi ambientalisti, e anche su quell'opera il Pci prima e poi i Ds erano in gran parte favorevoli. Ora il Pd ha cambiato idea. E anche sull'acqua vedo con piacere che la posizione del Pd e di Bersani è cambiata.
Discutere dunque serve. E serve la partecipazione dei cittadini. Noi non abbiamo mai discusso solo per dire no. Abbiamo controproposto altre strade, perché il nostro ambientalismo è serio e propositivo. Quanto al fatto che in ogni lotta alcuni gruppi e centri sociali si infilino dentro è fenomeno normale, può non piacere ma non è una buona ragione per scatenare la repressione più dura.
Da ultimo il direttore di Europa scrive che noi di Sel [l’Autrice è dirigente di Sel-n.d.r.] non saremmo alleati affidabili e che non abbiamo una cultura di governo perché abbiamo sollevato dubbi sulla Tav. Trasecolo: proprio perché abbiamo una cultura di governo li abbiamo sollevati. Vogliamo ferrovie efficienti e popolari, e treni umani per i pendolari. Lavoriamo perché il sistema trasportistico italiano diventi europeo e dunque porti una buona metà delle sue merci su ferro. Questi obiettivi la Tav non li ha garantiti dove è stata fatta, e non li garantirà in futuro. Ci vuole coraggio nelle scelte, anche quello di cambiare strada se quella intrapresa non risponde alle esigenze di un paese e dei suoi cittadini. Convinceteci del contrario, siamo disponibili ad ascoltare. Ma randellare non è discutere.