Anche a Firenze, come in Val di Susa, come a Venezia, chi si oppone alle Grandi opere inutili e devastanti non si limita a dire NO: Presenta anche soluzioni alternative. Ma l'alternativa in questo regime non è ammessa. Il manifesto, 23 marzo 2014
Per giunta sul nodo di Firenze, e più in generale sull’intero percorso dell’alta velocità che da Bologna arriva nel capoluogo toscano, pesano costi stratosferici per la collettività. Anche senza considerare il sotto-attraversamento, con annessa una nuova, grande stazione sotterranea a soli due chilometri dalla centrale Santa Maria Novella, la tratta appenninica di 78,5 chilometri è costata la cifra record di 96,4 milioni al chilometro. Una somma enorme, cui dovrebbe aggiungersi almeno un altro miliardo e mezzo per il passante fiorentino. Di più: le indagini della magistratura, e il processo per le devastazioni ambientali in Mugello che si è appena (ri)concluso in corte d’appello dopo che la Cassazione ha fissato alcuni importanti punti fermi, hanno scoperchiato un vaso di pandora da cui è uscito l’intero codice penale o quasi. Tanto da aver bloccato, da più di un anno, i lavori del passante sotterraneo.
In questo contesto, tanto drammatico quanto abituale per gli studiosi delle patologie invariabilmente connesse alle grandi opere italiane, il giudizio di Alberto Asor Rosa è fulminante: “Se questi formidabili errori non fossero commessi per motivi di interesse economico, non smetterebbero certo di essere di una gravità eccezionale. Se dietro non ci fosse la corruzione, anche se fossero fondati solo su un ragionamento sbagliato dal punto di vista tecnico, vorrebbe dire comunque che il cervello delle nostre classi dirigenti è finito in pappa”.
Anche Asor Rosa, che presiede la Rete dei comitati per la difesa del territorio, ha fatto sentire la sua voce alla sala delle ex Leopoldine in piazza Tasso. Insieme a quelle di Mariarita Signorini di Italia Nostra, Fausto Ferruzza di Legambiente, e ad ingegneri, urbanisti, architetti e geologi (Alberto Ziparo, Massimo Perini, Giorgio Pizziolo, Vincenzo Abruzzo, Roberto Budini Gattai, Alberto Magnaghi, Mauro Chessa, Teresa Crespellani, Enrico Becattini, Manlio Marchetta e Alessandro Jaff). Del resto fra gli organizzatori della giornata c’era anche il “Lapei”, il Laboratorio di progettazione ecologica degli insediamenti, nato sotto l’egida dell’ateneo fiorentino. Mentre, sull’altro piatto della bilancia, a dare forfait non è stato il solo Nardella: il neo viceministro Riccardo Nencini, mugellano, ha girato alla larga da piazza Tasso, così come Confindustria, Confartigianato, e gli stessi sindacati confederali.
Sul punto, a nome del comitato No tunnel Tav, l’ex ferroviere Tiziano Cardosi non ha nascosto l’amarezza: “Qualcuno ci ha detto che aveva altri impegni. Qualcun altro ha ammesso che non se la sentiva di rompere certi equilibri. Ma se certi ragionamenti arrivano anche dalle associazioni di categoria, vuol dire che ad essere ‘malato’ c’è qualcosa di più profondo della semplice dinamica partitico-politica”. Quest’ultima resta comunque il fattore decisivo: “Abbiamo un nuovo presidente del consiglio che vuole agire con la spending review per recuperare gli sprechi di denaro pubblico — osserva Ornella De Zordo — scegliere l’opzione del passaggio in superficie, in una città che lui conosce bene, sarebbe un’ottima occasione per passare dalle tante parole ai fatti”. Conferma Asor Rosa: “Se Renzi volesse, nella sua posizione avrebbe la possibilità di esercitare una funzione molto rilevante”. Se.