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Giorgio Boatti
Il Parco del Ticino adesso non è più di moda
28 Novembre 2007
Padania
L’emendamento alla legge lombarda a proposito dei parchi simbolo di un arretramento culturale della classe dirigente. La Provincia Pavese, 25 novembre 2007 (f.b.)

Il Parco del Ticino non è più di moda come un tempo. Quando nel 1974 fu costituito il Parco Lombardo della valle del Ticino, con una legge regionale, fu subito chiaro che la tutela che andava a porsi sopra un territorio che comprendeva 47 Comuni era ben diversa dalle caratterizzazioni del «parco gemello» (il Parco Naturale della valle del Ticino) sorto in Piemonte.

E questo non solo perché il parco piemontese era di estensione ben più delimitata di quello lombrado ma, soprattutto, perché quello coinvolgeva solo le aree fluviali, con l’esclusione dunque delle aree urbanizzate.

Il nostro Parco del Ticino, invece, decollò sopra l’intero territorio dei Comuni che vi aderirono e la scelta che fu fatta a suo tempo andava nella direzione di estendere la tutela del Parco non solo sull’area meramente fluviale, e sul suo ambiente naturale, ma su tutti gli aspetti storici, agricoli, architettonici presenti in una realtà strettamente correlata alla metropoli milanese. Un territorio, dunque, dinamico e produttivo: dentro la quale opera, vivendoci e lavorandoci, una popolazione di oltre mezzo milione di persone. Ripercorrere la difficile dialettica tra conservazione dell’ambiente e sviluppo, da intendere sia in senso positivo sia nelle sue voraci degenerazioni di speculazione edilizia e devastazione urbanistica, significa non solo rivivere la storia del Parco stesso ma un po’ tutte le fasi che hanno conosciuto i comuni attorno a Milano, a cominciare da quelli della provincia di Pavia investiti sempre di più, negli ultimi anni, da una forte pressione al consumo del territorio.

Non stupisce dunque che il Parco non sia più di moda, che al massimo lo si voglia relegare a un ruolo di educazione ambientale, di cassa di risonanza delle bellezze del fiume e del suo habitat, inducendolo a lasciare ad altri soggetti le cose serie, vale a dire cosa fare del territorio che pure continua a essere formalmente sotto la sua tutela.

Si inserisce forse in questa logica la presentazione, da parte delle forze che reggono la Regione Lombardia, di un emendamento (l’emendamento art. 13 bis alla legge urbanistica regionale) che, se approvato, darebbe una mazzata esiziale al ruolo di tutela del territorio svolto sino ad ora dai parchi, a cominciare - pur con tutte le carenze registrate in questi anni - da quello della Valle del Ticino.

Infatti l’emendamento 13/bis prevede che i Comuni che progettano di espandere le zone urbanistiche in spazi non sottoposti strettamente ai più stretti vincoli naturalistici del Parco, lo possano fare eludendo l’eventuale parere negativo del Parco stesso. E a dirimere l’eventuale dissidio provvederà la Regione che, essendo di fatto la levatrice del provvedimento che sta per decollare, non si metterà presumibilmente dalla parte delle tutele del Parco ma cavalcherà le richieste di urbanizzazione di sempre nuove zone avanzate dai Comuni.

E, su quest’ultimo punto, vale a dire il ruolo dei Comuni, bisogna dire che, al di là del colore della giunta che li regge, questi Enti locali adottano sempre di più, rispetto al consumo del territorio, anche all’interno dell’area del Parco, comportamenti omogenei, all’insegna del monetizzare al più presto gli ultimi asset di verde ancora disponibili per far fronte alle generalizzate difficoltà di bilancio.

Non è dunque un caso che attorno a questo emendamento, che doveva essere discusso mercoledì scorso in commissione regionale e che pare sarà esaminato la prossima settimana, ci sia stato - con la sola eccezione delle forze ambientaliste - un silenzio clamoroso, una mancanza di discussione e di iniziative da parte delle forze politiche che colpisce. E questo accade perché le pressioni dei sindaci, di quasi tutti i sindaci potenzialmente «favoriti» da questo ampliamento di poteri a scapito del Parco, sono precise e forti su tutti i loro referenti politici.

A questo punto, in vista della discussione su questo «emendamento azzoppa/parchi», sarebbe corretto che le forze politiche, tutte le forze politiche, si facessero sentire. Spiegando ai cittadini, ai loro elettori, da che parte stanno in una questione che condizionerà, in maniera incisiva, in tutti i prossimi anni, la gestione del nostro territorio più pregiato. Ammesso, e non concesso, che lo si voglia ancora mantenere tale.

Nota: al Parco Ticino eddyburg ha dedicato anche una delle sue Pagine di Storia con molti testi rari e vari materiali (f.b.)

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