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Alberto Osvaldo; Ziparo Pieroni
Il nuovo capitale sociale del sud No ponte
20 Dicembre 2009
Il Ponte sullo Stretto
Dopo la manifestazione del 19: “No Ponte! significa buttare definitivamente a mare il vecchio modello di sviluppo meridionale”. Il manifesto, 20 dicembre 2009

È un no con molti sì, quello contro il Ponte sullo Stretto che ha manifestato a Villa S.Giovanni.

Se la parola capitale non configgesse con il termine sociale, potremmo dire che il «capitale sociale» scende in piazza per rivendicare autonomia e salvaguardia del territorio meridionale e per un altro modello di «sviluppo». Più di 150 associazioni, dai centri sociali alla Cgil, dalle associazioni culturali, ai comitati locali alle grandi associazioni ambientaliste, hanno aderito alla manifestazione contro l'insostenibile ponte sullo Stretto di Messina e sostenuto una articolata piattaforma programmatica. Messa in sicurezza delle abitazioni e delle scuole nelle aree sismiche e idrogeologicamente instabili; bonifica dei territori inquinati e del mare; un sistema di trasporti leggero, articolato, multimodale e sostenibile (anche in attraversamento dello Stretto); infrastrutture utili e necessarie, beni comuni (ad esempio e in primo luogo l'acqua); difesa e riqualificazione dei patrimoni ambientali e culturali: questi sono alcuni dei punti che qualificano lo slogan «tanti sì, un solo no - fermiamo i cantieri del ponte, lottiamo per le vere priorità».

A questo movimento, che risponde all'iniziativa della «Rete No Ponte», si sono affiancati partiti della sinistra ed istituzioni (regione, provincia e comuni). La Giunta Regionale della Calabria ha aderito alla manifestazione e, finalmente, con coerenza esce dal consiglio di amministrazione della Società Stretto di Messina.

«Capitale sociale», ovvero intelligenza collettiva che crea coesione e network sociale, a onta di chi sostiene che il Sud è solo familismo, clientela e mafia, si schiera contro il capitale finanziario e la dispossession (sfruttamento a fini di accumulazione privata) dei territori. Il no al progetto del ponte non si basa quindi soltanto sulle critiche alla inutilità trasportistica di questa assurda infrastruttura, al devastante impatto ambientale in un'area - quella tra Scilla e Cariddi - rivendicata come patrimonio dell'umanità, allo sperpero di danaro pubblico che, secondo una logica di «keynesismo all'incontrario», passerebbe dalle mani degli abitanti e dei contribuenti a quelle di poche corporation private. Il no al ponte - che peraltro ancora non dispone di progetti definitivi e esecutivi e presenta inoltre gravi carenza tecnico-strutturali e enormi rischi dal punto di vista geologico e sismico - è un no a un obsoleto concetto di modernizzazione, che si vorrebbe imporre come modello all'intero paese. Il movimento e la rete sociale e istituzionale che sono scesi in piazza affermano la priorità dei sistemi locali sostenibili e la loro autonomia a fronte dei devastanti processi di globalizzazione, la priorità della partecipazione diretta e della iniziativa dal basso a fronte della pericolosa crisi della democrazia, l'importanza della cura dei luoghi e dei patrimoni ambientali e culturali, una appartenenza riflessiva, aperta e solidaristica, strettamente connessa alla ricchezza dei milieux meridionali.

Nel denunciare l'imbroglio del presunto avvio delle opere connesse al Ponte i manifestanti di Villa si oppongono non solo e non tanto a cantieri che probabilmente non si vedranno mai, ma alla colossale truffa che si sta perpetrando ai danni dei cittadini italiani, non solo siciliani e calabresi: si accelera la procedura di riaffido del progetto ad Impregilo proprio perché in mancanza di progetto esecutivo - come spiegano diversi amministrativisti in queste ore- così verranno pagate operazioni che l'impresa potrà non eseguire e tra l'altro si riattiveranno le penali a carico dello stato, e quindi di tutta la comunità nazionale, a suo tempo congelate dal governo Prodi.

Nemmeno il finto avvio dei lavori del «binario morto di Cannitello» può essere effettuato, almeno con procedura regolare: il progetto cui esso appartiene (che non è quello del ponte) è tuttora sotto verifica di «ottemperanza delle prescrizioni ambientali» che non si potrà concludere prima del febbraio 2010 e che blocca l'avvio, anche solo formale, dell'iter. Siamo all'imbroglio nell'imbroglio.

E allora “No Ponte! significa buttare definitivamente a mare il vecchio modello di sviluppo meridionale” - tra l'altro rivelatosi fallimentare -che ha prodotto i disastri economici e ambientali di cui sono marcati i contesti siciliani e calabresi.

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